LA BCE E L’ITALIA NELLE SPIRE DELLA MERKEL

I nostrani turboeuropeisti sono in estasi: un po’ per partito preso, un po’ per scenario economico incompreso; in particolare il nostro ministro Roberto Gualtieri che si mette al riparo di Bruxelles per evitare di dover dar conto in Italia di conti che ancora non può, o forse non sa, fare. Hanno scoperto che Frau Merkel ha abbandonato l’idea del pareggio di bilancio come indefettibile comandamento del governo dei soldi e dicono: vedete? Chi la dura la vince, abbiamo costretto la Germania a venire ai nostri lidi e questo significa che l’Europa è l’unica dimensione possibile per l’Italia. La realtà però è assai più testarda delle albagie, che per dirla con Shakespeare, sono fatte della stessa sostanza dei sogni e svaniscono all’alba. Stiamo ai fatti. E’ vero che fin quando a governare le finanze teutoniche c’era Wolfgang Schauble l’unico comandamento era il pareggio di bilancio. Bisognerà ricordare che in tedesco “colpa” e “debito” si dicono nello stesso modo e che un’educazione calvinista fondata sulla predestinazione non lascia granché spazio alle fantasie contabili. E’ del pari vero che Schauble ha condizionato d’accordo con Frau Merkel il primo decennio di vita dell’Euro al punto che noi italiani, in mano, o in ostaggio fate voi, a Mario Monti, abbiamo perfino scritto il pareggio di bilancio come dogma costituzionale. E questa per la Germania è stata la fase uno: consolidare la moneta unica, mettere sotto scacco l’Italia come primo concorrente sui mercati esteri al punto che oggi con l’Euro debole noi che abbiamo distrutto la nostra base produttiva siamo meno in grado di approfittarne di quanto non faccia Berlino che gode di un trend di esportazioni favorevolissimo. Alimentato in barba a tutte le regole europee, ma ai tedeschi piace accusare gli altri assolvendo se stessi. E’ sempre la predestinazione. M a un certo punto doveva scattare la fase due ed ecco che Frau Merkel da inamovibile cerbero del pareggio di bilancio si trasforma in pitonessa d’Europa che avvolge nelle spire del suo deficit. In che senso? Che strozzerà le altre economie, usando esattamente le armi che gli altri in passato le raccomandavano di impiegare: il debito. La Germania ha una capienza fiscale (può fare tanto debito) che nessun’altro ha in Europa ed approfitta della fase Covid per fare fuori tutti gli altri. Volete sapere come? Diceva Giovanni Falcone a proposito dei mafiosi: seguite i soldi. E noi questo facciamo. Frau Merkel incalzata (si fa molto per dire) dal suo vice e ministro delle finanze Olaf Scholz ha varato una “finanziaria” (noi col Def siamo ancora di là da venire ma noi siamo noi e Gualtieri è Gualtieri, che volete farci) che prevede 96 miliardi di deficit solo per il prossimo anno. Va notato che la Germania tra diretti e indiretti per fronteggiare la crisi Covid ha messo sul piatto della sua economia 550 miliardi! La crisi Covid alla Germania è costata un calo delle entrate tributarie del 12% (hanno incassato finora 290 miliardi dalle tasse contro i 360 dell’analogo periodo precedente) e un esborso in varie forme di assistenza per circa  508 miliardi contro i 390 dell’ano recedente. A conti fati il rapporto debito pil salirà dal 59 al 75% solo quest’anno. Tant’è che Scholz ha detto: ci sta che facciamo deficit anche nel 2022, tanto noi abbiamo una traiettoria di rientro dal debito che ci consente di atre tranquilli.  Prevedono infatti di rimettere le cose a posto in tre anni. Bravi no? Eh no, perché le cose non stanno esattamente così. Ci sono tre enormi incognite che pesano sull’economia tedesca e che Berlino scaricherà sul resto d’Europa strozzando per prima l’Italia. Le tre incognite sono: la tenuta del sistema bancario, la tenuta del sistema industriale e i costi di welfare crescenti. Deutsche Bank è la grande malata d’Europa e a conti fatti il sistema bancario tedesco comprendendo anche le lands bank – quelle che sono controllate dai governi locali e che non si sa perché sfuggono ai controlli della Bce e soprattutto non applicano le regole di Basilea – ha un perimetro di sofferenze, incagli, derivati e titoli tossici di 43 mila miliardi più o meno 14 volte il valore del Pil tedesco; il sistema industriale che è fatto in larga misura di grandi agglomerati rischia di andare in sofferenza se rallenta la dinamica della domanda mondiale visto che la Cina ha chiuso i rubinetti del’import e che la guerra Cina-Usa potrebbe travolgere le esportazioni tedesche che già ad esempio nell’agroalimentare sono alla prese col crollo del comparto carni che da solo vale 15 miliardi; infine i costi sociali perché la Germania ha un problema serio con i mini-jobs, le pensioni e il sostegno agli immigrati. Dunque potrebbe darsi che la Germania si scopra una locomotiva più affannata di quanto vogliono farci credere. C’è un altro dato significativo: Berlino avrà dal recovery fund qualcosa più di 25 miliardi, niente se paragonato all’Italia. Ma attenzione non sono  solo questi i soldi che la Germania avrà da bilancio comunitario. Berlino vuole farsi spesare la riconversione industriale – la Volkswagen è impegnatissima in questo – con il green new deal, vuole scaricare i rischi bancari con la nuova Basilea da applicare alle banche europee e non alle sue chiedendo maggiore capitalizzazione e dunque meno capacità di fare credito, vuole finalizzare i fondi agricoli alla riconversione ella sua industria agroalimentare. Ma la vera mossa sarà quella di invocare la sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul Quantitative Easing e di impegnare la Bce nell’acquisto di azioni e non solo di titoli. Cosa dice quella sentenza che Christine Lagarde – la capa della Bce – ha detto di voler ignorare? Dice che la Bce può acquistare titoli di Stato solo in proporzione alle quote di capitale della Bce medesima che ogni singolo Stato detiene. Nel caso dell’Italia solo il 18% mentre adesso la Bce sta comprando molti Btp italiani per tenere basso lo spread. Ma se la Germania decide di finanziare il suo debito con nuove emissioni e soprattutto decide di scaricare sulla Bce e sofferenze delle sue banche avrà gioco facile a dire: cara Lagarde tu prima compri tedesco visto che noi siamo i maggiori azionisti con quasi il 30% del capitale e poi a scalare il resto. Si capisce allora perché ci spingono a chiedere tutti i soldi del Recovery Fund e vogliono anche farci accedere al Mese. Perché vogliono che l’Italia si indebiti direttamente con l’Europa, mentre la Germania si fa pagare il suo debito dalla Bce. Con la prospettiva che appena l’Italia ha acceso questi nuovi “mutui” si cambiano le condizioni e la pitonessa Merkel – che varando quella finanziaria ha nei fatti dichiarato di voler rimanere in sella per almeno altri tre anni –  può soffocarci nelle sue spire. Pensate che sia fanta-economia? Beh allora fatevi dare i conti esatti del Recovery Fund. Sapete quanti sono i veri contributi a fondo perduto? Trentasei miliardi in sette anni. E sapete quanti soldi deve versare in più l’Italia nel bilancio europeo. Cinquantasei miliardi in 7 anni. Se vi sembra un buon affare…

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