DI MAIO IN POLE LUI GIURA FEDELTÀ A CONTE MA PUÒ ESSERE IL SALVA-CINQUESTELLE

Le nostre previsioni per coup de theatre a palazzo Chigi

C(o)V(i)D sta per come volevasi dimostrare: a sognar male forse non si dorme, ma ci si prende. L’idea del Re Di Maio comincia faticosamente a insinuarsi nelle coscienze di alcuni dei protagonisti del teatrino quirinalizio. Il ministro degli Esteri ci ha tenuto a far sapere che “Italia dei Valori tenta in tutti i modi di staccarmi da Conte, ma io sono fedele”. Primo indizio che Matteo Renzi sta lavorando all’ipotesi Re Di Maio. Andiamo avanti perché le sirene cominciano ad ammaliare il golden boy di Pomigliano d’Arco. Il nome del ministro degli Esteri noto anche come “Giggino ‘a gazzosa” corre veloce di bocca in bocca e si sa che i parlamentari 5 Stelle lo hanno indicato come premier se dovesse cadere l’ipotesi dell’avvocato di Volturara Apula. Ipotesi peraltro sempre più sfocata visto che Lady Mastella ha già fatto cagnara con i neocostituiti Europeisti-Maie-Centro che più che un progetto politico pare uno scioglilingua. Dovrebbe essere questa la stampella che sorregge il presidente del Consiglio in uscita e francamente sembra un po’ poco. Ma il Pd deve aver fiutato che potrebbe esserci un tentativo di accerchiamento e isolamento del partito che pur non avendo mai vinto le elezioni governa da quasi dieci anni l’Italia. Facendo una botta di conti risulta che il Pd è stato al potere per il 75% del tempo tra il 2011 e oggi avendo perso le elezioni sia nel 2013 che nel 2018 eppure ha espresso tre presidenti del Consiglio (Letta-Renzi-Gentiloni) e forse ora si appresta ad esprimere il quarto. Sempre che non vada sul trono il Re Di Maio.

Riunita la direzione del fu partitone Nicola Zingaretti ieri ha ribadito per l’ennesima volta: con Conte perinde ac cadaver. Fossimo nell’avocato di Volturara Apula cominceremmo a cercare efficaci amuleti. Anche perché nel Pd chi ha nostalgie renziane come il capogruppo dei senatori Andrea Marcucci cominci a gridare: chi che lo fa fare di morire per Conte? Il fatto è che Dario Franceschini ha una doppia aspirazione: tanto quella del Governo – ma solo se c’è un patto di legislatura- quanto quella sul Quirinale che per adesso sta coperto. E’ in questo clima d’ incertezza che la candidatura di Giggino ‘a gazzosa a prendere il posto di Giuseppe Conte prende corpo. Matteo Renzi ci sta lavorando alacremente. Si è reso conto, il senatore semplice di Rignano sull’Arno, che questo è il solo modo per superare l’avversione dei 5Stelle nei suoi confronti e per isolare del tutto Giuseppe Conte che se perde il blando legame con gli stellati gli tocca di subire le avances del Pd che sarebbe pronto a sacrificarlo per uno dei suoi. Insomma la barca di Conte in questo momento è “nave sanza nocchiere in gran tempesta”. Il seguito del verso di Dante lo conoscono tutti e di certo la situazione delle convulsioni, pardon delle consultazioni, pare un “gran bordello”. Oddio con la paura che due terzi del gruppo stellato ha di dover passare dallo scranno parlamentare al sussidio di disoccupazione sarebbero disposti a farsi andare bene anche belzebù, del resto agli aiuti delle truppe mastellate non hanno detto no. Ma è proprio questa “duttilità” di pensiero (?) dei grillini che può rendere possibile l’operazione impensabile del governo 5Stelle-Lega-Forza Italia-Italia Viva guidato da Gigino ‘a gazzosa. Molti dei deputati e senatori grillini hanno capito che le profferte di Zingaretti non sono per salvaguardare i loro posti ma per trasformali semmai in pdstellati con candidature molto incerte anche se future. Sul fronte del centrodestra l’ipotesi Di Maio piace – si fa per dire – a Giancarlo Giorgetti che insiste per far vestire a Matteo Salvini i panni del dialogo, dell’uomo di Stato più che dell’uomo di partito e di piazza.

E qualcuno si ricorderà che in attesa della replica di Conte il 18 gennaio scorso alla Camera il vicesegretario della Lega e Giggino ‘a gazzosa si appartarono in un colloquio durato una buona mezzora. E’ vero che il centrodestra salirà al Colle compatto e dunque una fuga in avanti che spiazzi Giorgia Meloni sembrerebbe fuori dal novero delle possibilità, ma è del pari vero che il centrodestra porterà al Presidente della Repubblica rispetto alla prima opzione che è quella delle elezioni subito una ipotesi subordinata. E qual è questa ipotesi subordinata? Un governo – loro dicono a guida centrodestra, ma si può trattare: ecco il Re Di Maio – che si impegni a fare le tre cose indispensabili (piano del Recovery, piano vaccinale, sostegno all’economia) e guidi il Paese alle elezioni entro il semestre bianco che scatta ad agosto. E chi lo dice che un siffatto governo col centrodestra compatto non potrebbe allargarsi a una parte dei pentastellati con Luigi Di Maio gratificato del Palazzo e magari con qualche posto garantito in lista? Nella pancia grillina ce ne sono molti di consonanti alla Lega. E chi lo dice che Matteo Renzi non avrebbe a quel punto interesse a stare da quella parte? Il motivo? Tutto di tecnica istituzionale che diventa politica. Se non si mettono d’accordo si andrà a votare per il prossimo Parlamento con l’attuale legge elettorale che ha una quota di maggioritario. Con questa legge il centrodestra farebbe cappotto in tutti i collegi maggioritari. Renzi potrebbe farsi garantire una legge proporzionale e di solito è più il centrodestra incline a mantenere le promesse che non il Pd (a meno di non poterlo ricattare come ha fatto nella presente crisi Italia Viva). Non solo, se non si danno una mossa, si trovano con i delegati regionali che partecipano alle elezioni del Presidente della Repubblica che hanno un peso assai più rilevante che in passato se nel frattempo si elegge un nuovo Parlamento con la riduzione di un terzo degli eletti senza modificare la Costituzione che assegna ad ogni regione tre grandi elettori per il Quirinale. Un bel rebus. Peraltro sono proprio queste le ragioni che fanno dire al Pd che non si può andare a votare ora. Ma con un re Di Maio tutto è possibile.

 

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