LA FARSA È FINITA ANDATE IN DRAGHI. SI CONCLUDE IL GIOCHINO CON ROUSSEAU. E DI BATTISTA MANDA IN VAFFA GRILLO

La farsa finisce qui. Il film ha il suo the end già scritto.Tutto combacia e si ricompone secondo la volontà del capocomico. Rousseau ha detto sì. Ma c’è chi dice no e qualcosa va in frantumi: esplode la bomba Di Battista. Il duro e puro della prima ora grillina lascia. Addio al movimento. Alessandro Di Battista non ce la fa, proprio non manda giù di sedere al tavolo insieme a Super Mario e a Matteo Salvini il leghista. Non è tanto il Cavaliere a fargli venire l’orticaria, ma quel Salvini neo europeista che ora potrebbe avere un posto chiave nel governo e oscurare, secondo lui, i veri movimentisti populisti, ovvero i grillini puristi. I sondaggi parlano chiaro: il partito di Grillo è spaccato in due. E ora sarà il caos.

Il vaffaDibba è l’epilogo del nervosismo di giorni di calvario e di dissenso, big bang di una giornata incandescente finita con la farsa del voto Rousseau per acquietare l’intelligenza collettiva e il cui responso positivo scontato arriva con decisione notarile sofferta, dicono. Poco scarto tra i sì e i no. È l’intelligenza collettiva, bellezza!

E così si placa lo spirito- poco ardente ormai- del povero Rousseau, studiatamente architettato dal capocomico per viaggiare al sicuro sul triplo binario: ricollocarsi al centro del grillismo, mettersi di traverso a Casaleggio, chiedere e far finta di blindare fino a ottenere il super ministero ecologico, la chiave per rimanere a cavallo del recovery. Perché rievocare la transizione green e prenotarsi mani e piedi per il piatto ricco del recovery che al green tanto dedica, ma proprio tanto, secondo Grillo, è il colpaccio liberatorio della nuova era dove alla cabina di comando, però, c’è solo Super Mario. E e il colpaccio invece lo ha fatto il nuovo premier conducendo la partita come un fine politico, pilotando Grillo fino alle comiche finali, “garantendo” il garante con il superministero.

Ma Grillo merita il suo quadretto, illusorio. Si leva l’Elevato sull’intelligenza collettiva beffando i suoi, tanto sa di avere maggioranza elevata per sostenere il nuovo presidente. Dunque il giochino Rousseau serve a consolidare il premio che vorrebbe a tutti i costi far passare come cedimento di Draghi verso di lui, capo riconosciuto del movimento, e in seconda battuta verso l’intelligenza collettiva che con la rappresentanza diretta impone il suo volere. Tant’è che con un post fa un colpetto da caposcuola, capovolge la realtà, beffeggia Mattarella e Draghi: il premier incaricato che sul balcone del Quirinale cerca di entrare e Mattarella affacciato che lo aspetta ma non può aprirgli la porta principale, perché, ragazzi, decide Rousseau! Giusto per far vedere chi comanda. Ma Grillo coltiva l’illusione e opera di persuasione. La citazione in latino, le attese sul voto o meno, ma poi sì con qualche vaffa di qua e di là, e poi il lasciapassare del vaffa day-night e i tormenti dei giovani Dibba e Toninelli e ancora la giravolta “Draghi è uno di noi, mi aspettavo un banchiere invece è un grillino”, e poco dopo “ma chissà, è lui che deve darci risposte…”. Ma sì, Vaffanight, si vota o non si vota, Casaleggio a gamba tesa. E vai col Libercircus. Grillo ha fatto il suo, si è comicamente trasformato per il suo pubblico in pokerista, come il Matteo guastatore ( Renzi) e come l’altro Matteo (Salvini) che si è smarcato da subito virando verso il vento europeista. Gillo si muove per puntellare Conte che voleva prendersi il partito, per isolare il pd, dilaniato, per togliere la scena al Cavaliere volato dal suo amico Mario per mettere il sigillo alla manovra europeista moderata con al seguito Dudù e Dudina, segno che era seriamente intenzionato a rimanere, ma poi per un incidente costretto a rincasare. Tanto rumore per nulla. Perché il Grillo sparlante non è salvo, porta in dote ai cinquestelle il voto, ma perde Di Battista che apre una faglia dentro i grillini e il grillismo. Intanto Mario Draghi ha concluso i colloqui, pronti gli incastri. E la verità è che nessuno stavolta sa realmente quale sarà la squadra di governo. Solo lui e Mattarella hanno i nomi in serbo. Vedremo quali e quanti saranno gli innesti politici. Di certo si sa che sarà privilegiatala la presenza di staff scelti negli uffici chiave. E si sa pure che Draghi alla fine della lunga giornata è magicamente sfuggito a tutti. Come accadeva nei consessi internazionali quando sul più bello, per non scoprire le carte o prima delle grandi decisioni, Super Mario spariva e in molti si chiedevano: “Where is Mario?”. Noi “giuriamo” che è a Città della Pieve e oggi salirà al Colle.

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