TRA I SETTE QUELLO “GRANDE” SI SENTE SOLO BIDEN, GLI ALTRI SANNO DI VECCHIO

Tira aria di Guerra Fredda al G7 e si nota immediatamente una differenza di carattere tra Vecchio e Nuovo mondo. Perché è sempre così… ed oggi è più così. Mentre gli europei, i vecchi saggi, si interrogano su come salvare la terra dal Covid e dal Cambiamento climatico, gli americani i giovani “merchants with gun”, i mercanti con la pistola, si muovono in fretta per tornare a mettere il naso fuori dal continente americano, dove Trump si era rinchiuso al grido di “America first”. Così mentre il premier inglese Boris Johnson, padrone di casa, da Londra via web ha rimarcato l’unità d’intenti dei 7 – con Mario Draghi e Joe Biden all’esordio in veste di leader di Italia e Usa – sul fronte della ricerca, della produzione farmaceutica e della cooperazione per la ripresa economica dai contraccolpi della pandemia, Biden mette in guardia i partner sui reali rischi di “una nuova Guerra Fredda” se sui rapporti con la Russia e con la Cina ognuno andrà per conto suo. Perché, ha affermato, “la democrazia è sotto attacco” nel Vecchio Continente come negli Stati Uniti, e il rischio che le autocrazie possano prevalere è reale. L’America – per Biden – deve tornare a essere Stella polare e guida sicura per gli europei e si torna a lavorare insieme su tutti i fronti, dalla lotta alla pandemia al clima, dall’Iran a tutti i grandi dossier internazionali, con un rinnovato impegno degli Usa e sostenere la Nato e a rafforzare l’Alleanza Atlantica.

Johnson parla di unità d’intenti sul fronte della ricerca, della produzione farmaceutica e della cooperazione per la ripresa economica dai contraccolpi della pandemia. Merkel e Draghi annuiscono.

Il presidente americano, invece, striglia e perdona gli alleati europei che hanno strizzato l’occhio a Mosca e Pechino, dal 5G alla nuova Via della Seta, senza contare la dipendenza energetica dal gas russo. “Ma bisogna respingere in tutti i modi gli abusi economici perpetrarti dalla Cina”, ha ammonito il presidente americano, ammettendo come ci si debba preparare a una competizione “molto lunga e dura” con il gigante asiatico.

E mentre gli europei si crogiolano nel valutare positivamente l’aver trovato un approccio condiviso pure sul tema dei cambiamenti climatici in vista della conferenza CoP26 di Glasgow 2021 e sull’importanza di scommettere sul verde nei programmi di rilancio dell’economia, Biden li sprona contro la Russia di Vladimir Putin: “E’ una reale minaccia per le nostre democrazie. Putin – ha affermato il presidente statunitense – cerca di indebolire il progetto europeo e la Nato. Vuole minare l’unità e l’alleanza transatlantiche per intimidire più facilmente e usare la sua prepotenza contro i singoli Stati”.

Intanto nelle ultime ore il nuovo corso di Washington è emerso in maniera chiara, non solo con il ritorno ufficiale degli Usa nell’accordo di Parigi sul clima, ma anche con una vera e propria svolta sull’Iran annunciata proprio alla vigilia del G7: gli Stati Uniti hanno accettato l’invito dell’Unione europea a sedersi di nuovo attorno a un tavolo con i rappresentanti di Teheran e tutti i protagonisti della storica intesa del 2015 sul nucleare. Dunque Germania, Francia, Regno Unito, Russia e Cina. Non c’è ancora una data e non è chiaro se l’Iran accetterà a sua volta l’invito. Ma Washington in segno di buona volontà ha annunciato che non sosterrà più le nuove sanzioni verso Teheran chieste all’Onu da Trump e ha deciso di allentare le restrizioni ai movimenti dei diplomatici iraniani a New York, dove si trova il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. Ma un punto deve essere chiaro, ha sottolineato Biden: “Gli Usa non potranno non rispondere alle azioni destabilizzanti dell’Iran”. E Teheran dovrà garantire l’accesso degli ispettori dell’Aiea ai siti nucleari. Un modo come un altro per dire che si punta alla destabilizzazione dell’area fino a far capitolare l’Iran, come ai tempi di Barack Obama. Fossi siriano… non starei affatto tranquillo.

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