PARLA LA COLONNA DEL GUSTO ITALIANO: “PIU’ ISTRUZIONE E MENO INFORMAZIONE, RIAPRIRE SI PUO’”

Eccellenza italiana, colonna della cucina del Bel Paese, demiurgo del palato, esteta del gusto. Così appare e così è Antonello Colonna, chef di fama mondiale, imprenditore creativo in continua evoluzione “in tempi difficili anche per me” tiene saldamente il timone del suo ventaglio di ristoranti dal nord al sud d’Italia.

E’ dalla parte dei suoi colleghi ristoratori di tutta Italia oggi più che mai, lui che dalla sua Labico, piccolo centro della provincia italiana, non lontano da Roma, ha scalato le vette del gusto costruendo una vera e propria impresa gourmet, ristoranti di eccellenza, più di cento dipendenti. Perché Antonello-  sempre bel lieto di affondare le mani nell’orto- è nel suo campo la sintesi della storia italiana del sefmaidman, un italiano geniale che ha saputo coniugare l’impresa del gusto e quella del lavoro sul gusto e per il gusto con l’obiettivo di investire per il prodotto dell’arte culinaria. Lo chef rompe il silenzio e irrompe, da creatore impenitente, “visionario”, come si definisce lui. E da quel di Labico parla con Beconomy.

Antonello Colonna, chef di fama internazionale, i suoi colleghi ristoratori chiedono di riaprire. E oggi in piazza Montecitorio arriva la “variante imprese”.

“Sono sempre dalla parte dei colleghi ristoratori e seguo le iniziative, so bene cosa significa lavorare ed investire, costi altissimi”.

E come si può fare?

“Oggi i ristoratori sono i più colpiti e pensare che i ristoranti sono i luoghi più sicuri, basta applicare le regole”.

Quindi pensa si potrebbe cominciare a riaprire con gradualità?

“Sì, con criteri e regole certe da seguire. Con una road map certa possiamo proseguire il nostro lavoro. Siamo una categoria responsabile e sappiamo comportarci. Se si fanno rispettare le regole è più facile per tutti. Diteci le regole e le applicheremo. Bisogna continuare a lavorare, i ristoratori sono imprenditori. Si lavora per dare lavoro”.

Cosa è mancato e cosa manca?

“C’è stata confusione. In Italia ci vuole meno informazione e più istruzione, lo sostengo da sempre e ora i tempi mi danno ragione. Molto meglio i discorsi brevi e chiari di Putin che tanti polpettoni italiani che non danno chiarezza”.

Polpettoni indigesti e adesso la categoria è in perdita e non solo quella dei ristoratori.

“Eh già. Ed è l’unica categoria senza sindacato e questo è un altro punto da affrontare”.

Quanti ristoranti di gusto italiano ha Antonello Colonna?

Ho quattro ristoranti al momento chiusi: l’Open Milano, l’Openissimo Como, l’Open Colonna Bistrò Termini, l’Open Bistro Terminal 1. Chiusi. Poi c’è il resort a Labico e quello in prossima apertura, tempi permettendo, l’Openino Milano.

Un’impresa insomma.

“Una bella impresa che ha i suoi bei costi, perciò comprendo benissimo la sofferenza della categoria”.

E lei come si comporta in tempo di crisi?

“Invece di licenziare assumo, nessuno dei miei collaboratori è andato via. Ho centodieci persone che lavorano con me e adesso nella nave Colonna è in arrivo una flotta di altre venticinque persone ad arricchire l’equipaggio.

Ce la farà l’Italia?

“Io ho agito da imprenditore con i miei collaboratori, con la mia caparbietà, sono un po’ visionario e non mi scoraggio Ma mi rendo conto che non per tutti può essere così. L’Italia deve farcela ma deve essere aiutata e non boicottata”

Oggi 6 aprile, guarda caso, è il carbonara day, una ricetta tanto amata. Ma qual è la sua origine?

“La carbonara è una delle ricette più trasformate e contaminate al mondo e trova la sua origine, sebbene ci siano tante fonti diverse, da un soldato americano che, durante lo sbarco in Italia ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, si recò in una trattoria a Trastevere e chiese che la sua razione K – che conteneva uovo liofilizzato, bacon e creme fraiche – venisse cucinata”.

E ne uscì una delizia?

“Proprio così. Una squisitezza tutta italiana. Perché la carbonara, come la matriciana, sono cose serie, serissime. Sul made in Italy e sulle  nostre eccellenze non si scherza.”

Qual è oggi la nostra forza?

“La nostra forza è l’agroalimentare, il made in Italy che va aiutato e tutti dobbiamo sostenerli a cominciare da chi occupa i posti di responsabilità”.

Qual è la nostra salvezza?

“Oggi la nostra salvezza si chiamano carbonara e amatriciana. E giù le mani dal made in Italy. Ci siamo capiti”.

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