CIAO MONICA, DIVA MATTATRICE INNAMORATA DELL’AMORE

Diceva di aver cambiato cognome perché il suo originale, Ceciarelli, veniva storpiato in ogni modo. Decise di prendere un pezzo di quello di sua madre, Vittiglia abbreviato in Vitti, e Monica – spiegò a Enzo Biagi nel 1971 – perché “L’ho deciso al tavolino di un bar vicino piazza Bologna, a Roma (…). Monica per qualche personaggio che avevo sentito alla radio, perché non era italiano, non c’era in Italia questo nome. E poi mi sembrava che nell’uno o nell’altro ci si doveva ricordare di me: sedia, scala, scarpa, catena… una cosa facile. E allora Monica”. Monica anziché Maria Luisa, andata via dopo una lunga malattia il giorno della Candelora a 90 anni appena compiuti e un lungo periodo di silenzio e ritiro, con amore e dignità, dalla scena pubblica. Non si sentiva forte Monica, personalmente si sottovalutava pur dicendosi femminista: “Sono stupita, non mi sono mai ritenuta bella e nemmeno intelligente – disse a Biagi – ma se me lo dicono mi fa piacere”.

La ragazza con la pistola era vissuta da bambina in Sicilia, a Messina per la precisione, dove si copriva con sette sottane. Sette sottane è anche il nome della sua biografia uscita nel 1993, quando è apparsa come compagna di viaggio della prima Domenica In di Mara Venier. Sette sottane, che lei esibiva con orgoglio, nella sua infanzia, perché era freddolosa peraltro. E raccontò in un’intervista su un giornale di un amore lontano, un bambino a cui aveva voluto bene e nell’andare via dalla Sicilia s’erano giurati che si sarebbero rivisti tenendosi le mani ammollo in una fontana di paese sotto il sole feroce dell’estate. Chissà se poi l’ha ritrovato.

Abbiamo citato “La ragazza con la pistola” di Mario Monicelli, ma Monica Vitti è stata molto altro. Tre amori importanti: “Da un uomo imparo tutto (…) sento di poter imparare tutto da lui, lo vorrei per tutta la vita”, spiegava in Tv al grande Enzo. Alla ricerca di un uomo che non fosse nello schema classico di giovane, vecchio o altro. E sarebbe stata pronta a sacrificare tutto per lui: Roberto Russo, che la sposò nel 2000 dopo 27 anni di fidanzamento, può dirsi fortunato.

Dall’alienazione di Michelangelo Antonioni, che fu uno dei suoi più importanti amori, a Carlo Di Palma e poi Russo; è passata da Antonioni (Dino Risi, perfidamente o forse no, disse a Claudio Sabelli Fioretti che a Monica piacevano i suoi film e non quelli dell’allora fidanzato, tipo L’Eclisse recitato dalla Vitti nel 1961 con Alain Delon) ad Alberto Sordi senza problemi, dall’alienazione alla commedia brillante, quella commedia all’italiana di cui fu ampiamente mattatrice (ed è cosa diversa da Sofia Loren, personaggio in cui il divismo e il divino del cinema si sono fusi perfettamente: la Loren poteva essere eterea, Monica con quella voce era sanguigna e senza tempo sempre e comunque). Sempre elegante, di classe, mai volgare, con una voce roca stupenda e inconfondibile che nel suo tono aveva mille storie dentro, Monica Vitti ha vissuto una vita con discrezione. Ha sognato la libertà dal successo, poter vivere ed essere: “Più intelligente, più forte, con più possibilità di vedere, di capire”. A volte ci sono personalità immense che non si rendono totalmente conto della loro grandezza e pazienza, Monica: ma che tu fossi gigantesca, fortunatamente, l’abbiamo capito tutti noi. Sit tibi terra levis.

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