La produzione industriale italiana a dicembre 2024 è diminuita del 7,1% su base annua e del 3,1% rispetto al mese precedente; in totale sono 23 mesi consecutivi di contrazione. Coerentemente con questo dato, il Pil è stagnante, nonostante i fondi (e la spinta) del Pnrr. In apparente (o reale?) contraddizione, l’aumento dell’occupazione in senso statistico e dell’indice di Borsa, ai massimi dal 2008. Facendo un confronto con la Ue, i dati italiani sono migliori di quelli della Germania e peggiori di quelli della Spagna; di poco peggiori anche rispetto i valori medi della Ue.
Interpetrare correttamente questi dati è una impresa probabilmente destinata al fallimento; l’economia reale sfugge alle semplificazioni insite nelle analisi. In questo breve spazio si possono solo mettere alcuni punti fermi, intorno ai quali articolare un ragionamento.
1)Non penso si possa attribuire la responsabilità del calo della produzione industriale al Governo anche se il buon lavoro del Ministro Giorgetti sulla gestione dei contri pubblici, contrasta con l’evidente inadeguatezza del Ministro dello sviluppo economico Alfonso Urso, D’altro canto l’opposizione accusa il Governo di essere responsabile del calo della produzione industriale, ma non dice il perché e cosa avrebbe potuto fare per contrastarlo. 2) Il Pnrr ha in gran parte fallito nei suoi obiettivi strutturali per l’insipienza progettuale del Governo Conte 2; rimane ad oggi solo la modesta spinta della spesa così finanziata, che purtroppo si caratterizza ancora una volta come una spesa inefficiente al limite dell’improduttivo.
Ormai, quando si vede un’opera inutile, è si sente dire comunemente: “saranno i soldi del Pnrr”. 3)Dell’aumento dell’occupazione in senso statistico ce ne siamo occupati varie volte su queste colonne: un dato quasi insignificante, visto che ciò che conta sono le ore lavorate e la relativa produttività: se il Pil a fine 2024 è pari a quello del 2008, come può essere aumentata l’occupazione reale? 4) Infine, record di Borsa, in realtà riporta anch’esso le lancette al 2008: non si capisce come si può parlare di record se l’indice è ai livelli di 17 anni fa e il numero delle società quotate è crollato.
- Economista