La struttura produttiva del paese contiene in sé elementi di profonda contraddizione sui quali bisogna intervenire se non ci si vuole (come doveroso) rassegnare al declino.
La contraddizione. Dal lato delle imprese la struttura produttiva è ancora legata al modello della micro-piccola-media impresa. Queste imprese sono troppo piccole per competere sui mercati globali e cavalcare la terza rivoluzione digitale, non hanno un sistema di governance (il che spesso conduce alla morte dell’azienda assieme a quella del fondatore) e sono sotto capitalizzate e pertanto dipendenti dal credito bancario.
Questo tipo di impresa sottocapitalizzata, sotto strutturata, dipendente dal credito bancario, si confronta con sistema bancario che invece è in gran parte modernizzato, con campioni nazionali con strutture comparabili a quelle europee, estremamente efficienti e che difatti macinano utili da record (ma non principalmente dall’attività creditizia tradizionale). La piccola Banca, magari legata al territorio, e ormai largamente residuale.
A questo punto viene da chiedersi: come può questa micro-piccola-media impresa (oltre il 90% non ha un direttore finanziario) colloquiare con questo mondo bancario modernizzato e dal cui credito dipende non solo il suo sviluppo ma anche la sua sopravvivenza? Evidente che sono due mondi con grande difficoltà di comunicazione, se non addirittura incompatibili.
Come uscire da questa situazione? Credo che sia necessario trovare una locomotiva che traini questo cambiamento nella struttura delle imprese, non credo che il cambiamento possa partire da un cambio di mentalità dei nostri sia pur geniali imprenditori.
Da tempo sostengo che bisogna varare un progetto per portare in Borsa (oggi ridotta al lumicino) mille eccellenza italiane nei prossimi 10 anni. Ciò comporterebbe un rafforzamento delle mille nuove quotande, sotto il profilo finanziario e della Governance che farebbe da traino a tutta la filiera e che potrebbe innescare un circolo virtuoso.
Dovrebbe essere la missione strategica del Ministero delle imprese e del Made in Italy: pochi costi per le finanze pubbliche e grande chance di modernizzare la struttura produttiva del Paese. Ma non sembra interessare.
- Economista