Approvata la legge di bilancio USA e a distanza di sei mesi dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca si possono individuare ragionevolmente le direttrici della “Trumpeconomics” ed i risultati raggiunti sino ad oggi.
Tre i punti fondamentali: 1) perseguire l’indebolimento del dollaro per favorire le esportazioni dell’industria USA; 2) sempre per favorire l’industria Usa, proseguire sulla politica dei dazi, anche per incrementare le entrate pubbliche, 3) e nonostante l’aumento delle entrate ricorrere ad un massiccio aumento del debito pubblico per finanziare una redistribuzione in favore dei redditi più alti.
Il suo è un azzardo micidiale e contemporaneamente un progetto contraddittorio. L’indebolimento del dollaro è incompatibile con il suo stesso disegno macroeconomico: se la finanza globale abbandona – come di fatto sta abbandonando- il dollaro come moneta di riferimento globale, come può pensare di trovare sottoscrittori del debito pubblico dal momento che il Treasury bond (il Titolo di Stato Usa) non è più il “safe asset” per definizione? Ovviamente solo offrendo un tasso di interesse più alto, almeno maggiorato per il maggior rischio e per la svalutazione del dollaro rispetto alla nuova valuta di riferimento globale (l’Euro?). Il progetto di indebolimento del dollaro sicuramente ha raggiunto i suoi risultati, sono evidenti i flussi di uscita dall’area dollaro diretti verso l’area Euro (con notevole beneficio anche per l’Italia) e non credo che questa sia una buona notizia per Trump e i suoi consiglieri economici.
Per quanto riguarda la politica dei dazi, è evidente che ci sono introiti maggiori nelle casse federali, ma al di là di quanto di questi introiti finirà a pagare maggiori interessi sul debito pubblico, è pacifico che almeno una parte di questi dazi sono stati pagati dai consumatori americani, causando una inflazione da costi che ha già abbattuto il potere di acquisto proprio di quell’elettorato middle class che ha votato di pancia per Donald Trump. Difatti, dopo mesi di crescita il Pil degli USA ha registrato una flessione e si teme una recessione.
Insomma, una forbice tra realtà economica e obiettivi che toglie il sonno a Donald Trump.
- Economista