BERGOGLIO TIFA PER LA PATRIMONIALE “LA PROPRIETÀ NON È INTOCCABILE”

Il Papa si fa sindacalista e si scaglia contro il profitto: ma nel mondo la Chiesa ha immobili per 2 mila miliardi e non paga tasse

Alla fine Matteo Orfini del Pd e Nicola Fratoianni di Leu hanno trovato un alleato molto potente: Jorge Mario Bergoglio benedice la patrimoniale. Anzi, va oltre e tra Reinhard Marx il cardinale di Monaco di Baviera che sta guidando la chiesa tedesca verso il luteranesimo, e Kark Marx dichiara che la proprietà è un furto. Che Francesco abbia una gran voglia di abbandonare l’Occidente al suo destino ritenendolo infettato dal capitalismo è ormai chiaro, che abbia come modello piuttosto che San Bernardino da Siena i Montoneros argentini – Bergoglio più volte è stato accostato a una visione peronista della società – è altrettanto evidente, ma che si spingesse a far diventare il marxismo la dottrina sociale della Chiesa sembrava difficile. Invece è accaduto. Già con la “Fratelli tutti”, l’enciclica firmata sulla tomba di San Francesco ad Assisi, aveva fatto capire che la linea suggeritagli da Reinhard Marx – è il potentissimo presidente del Consiglio per l’economia, sodale di luterani e calvinisti e con grandi aperture al mondo Lgbt oltreché all’ecologismo oltranzista, autore anche lui come l’omonimo Karl di un “Capitale” – porta la Chiesa a farsi Onlus, ma ora il Papa si è spinto molto più in là. In un messaggio ai giudici africani e del sud America ha affermato: “Costruiamo la giustizia sociale sulla base del fatto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata”. Secondo il Papa: “Il diritto alla proprietà è un diritto naturale secondario derivato dai diritti di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati; non vi è giustizia sociale in grado di affrontare l’iniquità che presupponga la concentrazione della ricchezza”. Il Papa si fa leader sindacale e incita: “Lottare contro chi nega i diritti sociali e sindacali; combattere contro quella cultura che porta a usare gli altri, a rendere schiavi gli altri, e finisce per togliere la dignità agli altri.”. Il messaggio di Francesco che pare suggerire anche l’esproprio viene peraltro a pochi giorni da un’altra esternazione del Pontefice. Si è svolta a fine novembre l’adunata dei Bergoglio boys, ad Assisi per la presentazione di “Economy of Francesco. Tutto via web, adesioni per la verità pochine, enfasi mediatica ancora meno, ma il Papa si è giocato il carico da novanta. Ha detto ai giovani: “Non siamo condannati a modelli economici che concentrino il loro interesse immediato sui profitti come unità di misura e sulla ricerca di politiche pubbliche simili che ignorano il proprio costo umano, sociale e ambientale”. Ma a rimediare non basta il terzo settore, definito un palliativo, non è più sufficiente l’assistenzialismo, il modello della “Economy of Francesco” è “accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case”.
Dove risiede la tradizione dell’economia sociale della chiesa? Sta in questo Bergoglio o sta nel Codice di Camaldoli che ha segnato tutto lo sviluppo economico dell’Italia? Da Camaldoli scaturisce l’articolo 42 della nostra Costituzione, quello che la patrimoniale ignora, che protegge la proprietà privata “riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Del pari nel Codice di Camaldoli sta scritto: “La proprietà privata così intesa ha pertanto per sua natura un duplice aspetto: personale e sociale. Personale, in quanto costituisce un presidio al libero manifestarsi della persona e della famiglia, e un incentivo allo sviluppo delle facoltà individuali. Sociale, in quanto, contribuendo a stimolare la naturale operosità dell’uomo, favorisce lo sviluppo nello sfruttamento e nella utilizzazione dei beni materiali posti da Dio a disposizione di tutti”. Ma oggi Bergoglio scomunicherebbe gli autori così come condannerebbe San Bernardino che mentre condannava l’usura – ammessa invece da Lutero e incoraggiata da Calvino – non solo giustificava la proprietà – del resto San Tommaso la definiva portatrice di pace – ma esaltava il lavoro dell’imprenditore onesto. Francesco ha passato un colpo di spugna su Giovani Palo II che nella sua Centesimus Anno sanciva “il diritto alla proprietà privata” come già aveva fatto con la Rerum Novarum Leone XIII il grande teorico della dottrina sociale della chiesa. Bergoglio però ha un problema di coerenza. Nunzio Galantino, l’arcivescovo di sua massima fiducia presidente dell’Apsa la banca centrale del Vaticano, non più tardi di un anno fa in polemica con la sindaca di Roma Virginia Raggi tuonò: “Basta con questa bufala che non paghiamo le tasse, solo l’Apsa ha versato 9,2 milioni di euro di Imu”. Che significa che il patrimonio immobiliare del Papa, tra Apsa, Propaganda Fide e Governatorato è immenso, in Italia assomma a oltre 6 miliardi, nel mondo vale 2 milia miliardi. A Londra dove il Papa ha autorizzato l’acquisto del famoso palazzo di Sloane Avenue, quello che ha dato luogo allo scandalo che ruota attorno al decardinalizzato Angelo Becciu, possiede appartamenti di pregio per 70 milioni di sterline. Ma non ci sarà alcuna patrimoniale. Perché la proprietà è un furto, ma quella degli altri.

 

 

0 Points

Previous Article

Next Article