I DIECI ANNI DEL BRADIPO DRAGHI SMASCHERA GLI EUROINOMANI

I presidente del Consiglio disegna una traiettoria espansiva dell’economia senza la quale i debiti ci sommergeranno. Le incognite sono molte, ma una cosa è sicura: lui punta a salire al Colle con l’aiuto del Centrodestra e mette il Pd, impastoiato nelle beghe pentastellate, in fuorigioco. E’ un po’ come l’europeo di calcio: Francia e Germania battute da Svizzera e Inghilterra, fuori dall’Euro si vince!

C‘è un passaggio nel discorso che Mario Draghi ha tenuto all’Adunanza solenne di chiusura dell’anno accademico dell’Accademia Nazionale dei Lincei che sicuramente i giornaloni hanno fatto finta di non sentire. Era infinitamente più comodo titolare su “è il momento in cui torna a prevalere il gusto del futuro”. In realtà il presidente del Consiglio che ormai parla da politico raffinato e traguarda il Colle ha detto una serie di verità scomode: questa crescita non basta perché abbiamo toppi debiti. Rivolto a Bruxelles dove già si agitano coloro i quali vorrebbero un rientro veloce nella gabbia di costrizione dei trattati europei ha ribadito: non è questo il momento di abbandonare politiche espansive. E il messaggio era diretto forse in special modo a Jens Weidmann, gran capo della Bundesbank, che muore dalla voglia di intimare a Christine Lagarde: basta con l’acquisito titoli, cominciamo il tappering.

Per la verità nel Brussels Economic Forum di alcuni giorni fa di cui peraltro in Italia si è molto poco letto sono volati ballon d’essai da parte dei falchi per capire se è cominciato il tempo del nuovo rigore. Il nostro ministro dell’Economia, il fido e fedele scudiero di Draghi, Daniele Franco ha detto senza dire che non c’è da stare allegri: “Quando supereremo la crisi saranno ripristinate le regole europee. E discuteremo se le regole saranno le stesse di prima o andranno modificate”. Ipse dixit facendoci sapere però che ora non si può rinunciare alle politiche espansive e che probabilmente faremo molto altro deficit. Tutto si sposta in Europa dove non ci sarà più Angela Merkel e dove forse neppure Emmanuel Macron potrà continuare. Ed è in Europa che bisogna lavorare per cambiare quelle regole che invece i falchi vogliono riesumare il più presto possibile. Un argomento convincente potrebbe essere mutuato dai campionati europei di calcio: La Francia è uscita per mano della Svizzera, la Germania è stata buttata fuori (magno cum gaudio, e diciamolo!) dall’Inghilterra segno che la Brexit funziona; e forse non solo a pallone. Con l’esternazione al BEF frau Ursula Von der Leyen ci ha fatto sapere che tra 18 mesi l’Europa sarà fuori dalla crisi. S’intoni l’inno!. Però se si confronta questo annuncio con come stanno andando le principali economie del mondo viene da domandarsi se l’Europa e soprattutto l’Euro siano state una buona idea.

Ma c’è un punto – e qui viene in ballo il discorso del presidente del Consiglio ai Lincei – che è solo politico. Mario Draghi ha scandito nella sua orazione queste parole: “Un motivo per mantenere politiche espansive è per aiutare la crescita: l’economia italiana ha operato al di sotto del suo potenziale per gran parte degli ultimi dieci anni. C’è dunque molto spazio per utilizzare politiche di bilancio espansive prima di creare pressioni inflazionistiche.” Ora sull’inflazione c’è forse da stare un po’ cauti perché il green deal agognato da frau Ursula è probabile – come dimostrano gli aumenti delle bollette di luce e gas, mai visti prima e i prezzi dei carburanti impazziti- che ci condanni a pagare carissima l’energia e che rende più lunga del previsto l’ondata inflazionistica.

Ciò notato però va rilevato che in questo passaggio Draghi si toglie un sasso dalla scarpa, ma bacchetta senza appello una delle forze politiche che sorreggono la sua maggioranza e un certo milieu di economisti di complemento: il Pd. Il sasso dalla scarpa è: avevo detto quando stavo alla Bce ai tedeschi e agli altri che con il rigore di bilancio non si andava lontano e il mio “wheatever it takes” questo significava e significa e ora capite i disastri che avete prodotto. Ma la bacchettata sul Pd anche se più felpata è ancora più dura e senza appello; dire “negli ultimi dieci anni” vuol dire indicare che chi ha avuto responsabilità di Governo è stato subalterno a certe politiche in dispetto all’Italia. E queste politiche sono state fatte dai presidenti del Consiglio che si sono chiamati Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Tutti a trazione Pd-Bocconi e ben consigliati da economisti da prima serata come Elsa Fornero, Veronica De Romanis con il coniuge Lorenzo Bini Smaghi, Tito Boeri, Tommaso Nannicini ovviamente Romano Prodi tutti euroinomani del milieu progressista europeista E allora la domanda è: possibile che Draghi indichi questo arco temporale senza valutare la conseguenza di questa cronologia? E’ possibile che indichi in quel milieu le responsabilità della debolezza economica del Paese senza sapere che questo provoca un contraccolpo politico? I molti che si affannano per sapere se la farsa che sta andando in scena al teatrino dei pentastellati abbia conseguenze sul governo sono accontentati: sì ce le ha. Il presidente del Consiglio è consapevole che la frantumazione dei 5Stelle fa assurgere la Lega di Matteo Salvini e o soprattutto di Giancarlo Giorgetti a più forte gruppo parlamentare che lo sostiene.

E sa anche che l’implosione stellata impedisce al Pd di manovrare in vista del Quirinale, quindi Draghi comincia a disegnare la sua traiettoria. Resta al di sopra delle beghe (la sua statura tecnica glielo consente agevolmente) ma comincia a comprendere che la partita si gioca oggi nel campo del Centrodestra. Anche perché diversamente quelle regole europee non si riuscirebbe a cambiarle. E per l’Italia è esiziale che i trattati mutino, altrimenti siamo al fallimento. C’è un problema di continuità. Mario Draghi ha bisogno di assume un profilo istituzionale che vada oltre il 2023 quando, se restasse a palazzo Chigi, inevitabilmente verrebbe sfrattato. E allora ecco che la soluzione sta nella creazione di una Repubblica presidenziale de facto: lui al Quirinale, con un’ intesa con il Centrodestra che probabilmente guiderà dopo le elezioni il paese e uno schema per andare in Europa a far tornare quei conti che diversamente rischierebbero di metterci fuori gioco. Ora c’è da capire se il Pd accetta la sconfitta o contando su Giuseppe Conte non fa saltare il banco. Draghi lo ha detto chiaro: quei dieci anni a guida Pd con una totale genuflessione all’Europa sull’arretratezza della nostra economia hanno ipotecato il futuro.

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