UN CONTE IN SOSPESO MA A DRAGHI SALTANO I GRILLI LUNEDI’ IL FACCIA A FACCIA
Amati, non si sono amati mai. O meglio il livore del Conte senza contea ( con i grillini in fuga in ordine sparso) è venuto allo scoperto contro l’uomo venuto dalla Bce “a miracol mostrare” e che l’avvocato del popolo ritiene sia stato la sua iattura politica. “L’uomo della provvidenza” è naturalmente Mario Draghi, il premier banchiere, razionale, abile negoziatore diplomatico sì, ma poco incline alle mediazioni della politica e alle beghe dell’asilo grillino e compagnia cantante ma che stavolta però ob torto collo è costretto a ricomporre se no finisce che il piatto salta e stavolta no, stavolta non si può.
C’è chi sa e giura però che a Mario Draghi salterebbero i grilli, per essere eleganti, e dopo la storia del divanetto che lo immortala al Prado, con tutti rumors, commenti, testi e contesti, il vaso sia davvero pieno. Già, quello di giovedì scorso è stato per lui il giorno più lungo. La faccenda non è da poco e colpisce il premier in quel che gli è più caro ovvero la privacy e quel suo stile sopra i toni. Questo sì che lo irrita: il dover giustificarsi su “dicerie”. Eppur deve farlo perché la tempesta perfetta è in agguato, il governo può saltare e nessuno dei partiti che si attorcigliano su se stessi potrebbe poi rimediare. Così quando gli chiedono conto dei messaggi a Grillo risponde: “Riscontri oggettivi? Ho chiesto di vederli ma non li trovo..” Chiaro l’umore. Poi sferza virando sulla settimana densa di incontri che invece “si è concentrata su qualcosa di nazionale”. Il casus belli, pensate, sarebbe l’accusa al premier di aver chiesto all’Elevato di rimuovere il leader Conte. Il tutto, udite, secondo una rivelazione del sociologo Domenico De Masi che svelava la richiesta fatta dal premier a Beppe Grillo di defenestrare l’avvocato pugliese dalla guida del partito. Un’accusa che Draghi ha smentito con piglio (e che avrebbe smentito pure Grillo) per poi veicolare un altro messaggio assai politico: la riabilitazione di quel movimento e di come era ancor prima dell’addio di Di Maio. Cosa significa questo riconoscimento del movimento? E’ escluso il fantomatico appoggio esterno usato come spettro da Conte e grillini. La chiave è contenuta in questa frase: “Ho detto fin dall’inizio che il governo non si fa senza i 5stelle”. Ergo, il vulnus dei grillini equivarrebbe ad una crisi di governo.
E la domanda è: cui prodest? Non converrebbe certo ai partiti, nessuno escluso, ai grillini men che mai. Ed in effetti, per la cronaca, Conte e Draghi si erano sentiti al telefono giovedì e ora dopo un tira e molla in cui l’avvocato del popolo ha giocato a fare l’offeso e il prezioso (prima ha attirato l’attenzione del Colle salvo poi subito rassicurare Mattarella) ecco che lunedì il Conte dimezzato vedrà il premier nell’ottenuto vis a vis, ma ha già dato la parola sulla tenuta del governo. Così Conte- che brama di regolare il conto in sospeso con quello che considera il suo antagonista- al momento non può chiedere alcun conto. Motivo? Conte non solo paga nei consensi la scissione di Di Maio ma è inviso ai suoi vicini di casa. Letta non parla più di campo largo e al Nazareno si rievoca un passaggio di veltroniana memoria. Visti i dati si potrebbe arrivare al 30 per cento per noi stessi, ragionano nel campo stretto democrat, invece che recuperare il campo di guerra grillino tra giravolte e porte in faccia. Ecco che il ‘primo “Conte in sospeso” potrebbe consumarsi in casa Draghi, il secondo, in casa dei compagni di scuola pd. Quello sì che potrebbe essere fatale. E Draghi lo sa, anche per questo, seppur con i grilli a pezzi, tira dritto.