L’ITALIA DEL BENESSERE, ISTAT: OCCUPATI SU MALE CLIMA E SANITÀ

Istat, arriva il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes)

Nel 2023 prosegue l’aumento del numero di occupati tra i 20 e i 64 anni (+404.000 unità, +1,8% rispetto al 2022), sebbene con un lieve rallentamento rispetto all’anno precedente ed il tasso di occupazione raggiunge il 66,3% (+1,5 punti percentuali rispetto al 2022), superando di 2,7 punti percentuali quello del 2019. Lundicesima edizione del  Bes dell’Istat parla chiaro. La crescita è più forte nello scenario lavorativo, si sottolinea che è tra le donne (+1,6 punti percentuali, +1,3 tra gli uomini) e nel Mezzogiorno (+1,7 punti percentuali, rispetto a +1,4 al Nord e +1,2 al Centro), inoltre, rispetto al 2022. Il tasso di occupazione è aumentato soprattutto tra gli ultracinquantacinquenni (+2,3 punti percentuali) e tra i 25-34enni (+2 punti percentuali) superando, per questi ultimi, di oltre 5 punti percentuali i livelli pre-pandemia, evidenzia il dossier.

CRESCE IL BENESSERE GENERALE, PEGGIORA CLIMA E SICUREZZA

Cresce il benessere generale nel nostro Paese: poco più della metà dei 129 indicatori (su 152) per cui è possibile il confronto, infatti, indica l’Istat, “sono migliorati rispetto all’anno precedente, il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile”. Meno positiva, invece, la ‘performance’ sui fronti dell’ambiente (in particolare sul clima) e della sicurezza (specie per la percezione del rischio di criminalità nella zona in cui si vive).

Guardando ai territori della Penisola, il dossier, “classificando le regioni in cinque classi di benessere relativo (bassa, medio-bassa, media, medio-alta e alta)”, evidenzia come quelle del Nord-est “si caratterizzano per i maggiori livelli di benessere, con oltre la metà degli indicatori nelle due classi più elevate e non più di un quinto nelle due classi di coda”, mentre “per le regioni del Mezzogiorno la situazione si inverte, con oltre il 55% degli indicatori nelle classi bassa e medio-bassa (circa il 70% in Campania e Sicilia)”. E si osserva, poi, come in forte peggioramento vi siano gli indicatori relativi al paesaggio e patrimonio culturale e alle relazioni sociali.

 AUMENTANO PERSONE CHE RINUNCIANO A VISITE MEDICHE

Sono stati circa 4,5 milioni nel 2023 i cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di lista di attesa o difficoltà di accesso, il 7,6% della popolazione, in aumento rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019, probabilmente per recupero delle prestazioni sanitarie differite per il Covid-19 e difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria.

Secondo i dati c’è un raddoppio della quota di chi ha rinunciato per problemi di lista di attesa (da 2,8% nel 2019 a 4,5% nel 2023), stabile la rinuncia per motivi economici (da 4,3% nel 2019 a 4,2% nel 2023), ma comunque in aumento rispetto al 2022: +1,3 punti percentuali in un solo anno. Torna inoltre ai livelli pre-Covid l’emigrazione ospedaliera extra-regione: nel 2022 l’8,3% dei ricoveri in regime ordinario per acuti. Basilicata, Calabria, Campania e Puglia sono le regioni con maggiori flussi in uscita non compensati da flussi in entrata; in Sicilia e Sardegna, sebbene l’indice di emigrazione ospedaliera sia contenuto, è molto superiore all’indice di immigrazione ospedaliera.

Risulta in continuo aumento la quota di anziani assistiti in Assistenza domiciliare integrata (Adi), dal 2,9% nel 2019 al 3,3% nel 2022, ma resta una forte variabilità territoriale: dal 3,8% nel Nord-est al 2,6% al Sud. Se si considera anche l’assistenza residenziale, rimane il Nord-est l’area con la maggiore presa in carico di anziani fragili (6,2% nel 2021) e il Sud con quella più bassa (2,8% nel 2021).

Fonte Ansa

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