“LA FABBRICA DEGLI IGNORANTI”, ARRIVA IL CENSIS E BUTTA GIU’ CETO MEDIO E PIL

E ci risiamo, anzi proprio non ci siamo. E No, perché l’allarme del 58esimo rapporto Censis presentato ieri  stavolta vira verso un brutto titolo. Che paese siamo diventati? In cosa ci riconosciamo davvero noi italiani? E cosa pensiamo? Il Censis è spietato e restituisce una fotografia molto triste della bella Italia che sforna la “fabbrica degli ignoranti”. Siamo quel Paese che con il welfare in affanno, al palo l’insegnamento dell’italiano, profondi e radicati sono quei buchi di conoscenza in tutte le fasce d’età. Provare per credere: il 15 per cento della popolazione crede che l’omosessualità sia una patologia con origini genetiche, quasi un italiano su due si sente minacciato dai migranti. E molti pensano che per essere italiani “occorra esibire determinati tratti somatici”. E poi la crisi del ceto medio che peserebbe anche sulla partecipazione al voto e le crescenti preoccupazioni per i flussi migratori. 

CAPITOLO MIGRANTI 

 “Le questioni identitarie- si legge- tendono a sostituire le istanze delle classi sociali tradizionali e assumono una centralità inedita nella dialettica socio-politica”. Tant’è che “il 57,4% degli italiani si sente minacciato da chi vuole radicare nel nostro Paese regole e abitudini contrastanti con lo stile di vita italiano consolidato, come ad esempio la separazione di uomini e donne negli spazi pubblici o il velo integrale islamico”. Ma non basta, c’è anche un 38,3% di nostri connazionali che si sente minacciato da chi vuole facilitare l’ingresso nel Paese dei migranti; e un 29,3% vede come un nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale. Si tratta, a detta degli autori dello studio, di differenze che possono trasformarsi “in fratture e potrebbero degenerare in un aperto conflitto”. Allo stesso modo, si sottolinea, il 29,3% degli italiani “vede come un nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale”.

Tuttavia “negli ultimi dieci anni sono stati integrati quasi 1,5 milioni di nuovi cittadini italiani, che prima erano stranieri”. E in questo può sorprendere constatare che l’Italia si collochi al primo posto tra tutti i Paesi Ue per quantità di cittadinanze concesse (213.567 nel 2023). Con un numero molto più alto delle circa 181mila acquisizioni in Spagna, delle 166mila in Germania, delle 114mila in Francia e delle 92mila in Svezia. Poi, viene ricordato, le cittadinanze nel 2022 ammontavano al 21,6% di tutte quelle registrate nei Paesi Ue (circa 1 milione); e il nostro Paese è primo anche per il totale cumulato nell’ultimo decennio (+112,2% tra il 2013 e il 2022).

    

CAPITOLO ISTRUZIONE 

Proprio l’istruzione è quella che viene definita ‘la fabbrica degli ignoranti’. E qui emerge che la mancanza di conoscenze di base “rende i cittadini più disorientati e vulnerabili”. In termini di apprendimento non raggiungerebbe l’auspicato traguardo per la lingua italiana il 24,5% degli alunni al termine del ciclo di scuola primaria, il 39,9% al terzo anno della scuola media e il 43,5% all’ultimo anno della scuola superiore (dato che negli istituti professionali sale vertiginosamente all’80%).


DIVORZIO TRA CITTA’ E CAMPAGNE

 Il “divorzio” tra città e campagne è esaminato anche  soprattutto sotto il profilo dei servizi (pubblici e privati): se in media in Italia le famiglie hanno difficoltà a raggiungere una farmacia (13,8%, pari a 3,6 milioni) o per accedere a un Pronto soccorso (50,8%, circa 13 milioni), nel caso dei comuni fino a 2mila abitanti le difficoltà riguardano rispettivamente il 19,8 e il 68,6% dei nuclei familiari. E, ancora sul welfare, secondo il Censis nel periodo 2013-2023 si è registrato un balzo in avanti del 23% in termini reali della spesa sanitaria privata pro-capite, pari nell’ultimo anno ad oltre 44 miliardi di euro

LAVORO, PIU’ OCCUPATI MA PIL GIU’

Nonostante i segnali non incoraggianti circa l’andamento del Pil, il numero degli occupati in Italia si è attestato a 23.878.000 nella media dei primi sei mesi dell’anno, con un incremento di un milione e mezzo di posti di lavoro rispetto all’anno nero della pandemia e un aumento del 4,6% rispetto al 2007. Ma la distanza tra il tasso di occupazione italiano (siamo ultimi in Europa) e la media europea resta ancora significativa: 8,9 punti percentuali in meno nel 2023. Dunque, osserva Censis, se il nostro tasso di attività fosse uguale a quello medio europeo, potremmo disporre di 3 milioni di forze di lavoro aggiuntive, e se raggiungessimo il livello europeo del tasso di occupazione, supereremmo la soglia dei 26 milioni di occupati: 3,3 milioni in più di quelli registrati nel 2023.

GENDER GAP, ANCORA NON CI SIAMO

Nel 2024 l’Italia ha perso 8 posizioni nel Global Gender Gap Index del World Economic Forum, classificandosi all’87esimo posto. Questo arretramento mette in evidenza le persistenti disuguaglianze di genere, in particolare nel mondo del lavoro, dove il gender pay gap continua a rappresentare un problema significativo, spiega ancora il rapporto.

Secondo i dati dell’Inps relativi al 2022, le donne nel settore privato guadagnano in media il 30,2% in meno rispetto agli uomini, con variazioni significative a seconda delle qualifiche. Il divario salariale raggiunge il 40,5% tra gli operai, il 33,7% tra gli impiegati e rimane rilevante tra i dirigenti, sebbene si riduca al 23,2%.

Anche tra gli apprendisti, con un gap del 14,8%, emerge chiaramente come le disuguaglianze di genere si manifestino fin dalle prime fasi della carriera. Un recente studio del Censis sull’avvocatura italiana ha rivelato che il reddito medio degli uomini supera di oltre il doppio quello delle donne, con una differenza di circa 30.580 euro all’anno.