L’ISTAT ha pubblicato il Rapporto annuale 2025 sulla situazione del Paese. Una miniera di informazioni che fotografano in maniera insuperabile la situazione del Paese. Per serietà, bisognerebbe premetterne la lettura prima di ogni dibattito nei talk show televisivi, per non consentire discussione di basso livello.
Quello di cui mi occupo oggi è un tema che ho trattato molto spesso su queste colonne e cioè la complessa situazione del mercato del lavoro nel nostro Paese. Difatti, si susseguono dati in apparente contrasto tra di loro (l’aumento continuo degli occupati a fronte di mancanza di incremento del PIL) e sullo sfondo rimane il problema del livello estremamente basso delle retribuzioni.
Veniamo ai dati Istat. Negli ultimi tre anni è aumentato il numero degli occupati; nell’ultimo anno si è registrato il record storico (ricordiamo però che viene considerato occupato chi svolge anche solo 1 ora di lavoro retribuito alla settimana). Esaminando il dato (più interessante) del numero delle ore lavorate, si constata che è aumentato il numero delle ore complessivamente lavorate nell’economia (+1,9%), ma è diminuito (1%) il numero delle ore lavorate per dipendente. In pratica, ci sono più lavoratori, ma ciascuno di essi ha lavorato mediamente di meno. Lo abbiamo scritto per mesi, adesso c’è la certificazione. Il fatto che ciascun lavoratore abbia lavorato meno ore svuota la portata positiva dell’aumento della occupazione.
Non solo. Il problema del lavoro in Italia emerge in tutta la sua complessità quando cerchiamo di far combaciare gli altri due dati (aumento del numero degli occupati e delle ore complessivamente lavorate) con la sostanziale stagnazione del PIL (+0,7% negli ultimi 2 anni). Questo può avvenire solo se cala la produttività. L’Istat sul punto certifica che è in calo dal 2022 sia la produttività per occupato (-0,7%, poi -2,5% e nel 2024 -0,9%), sia la produttività per ora lavorata (-0,7%, poi -1,2% e nel 2024 -1,4%). E questa è decisamente una pessima notizia
Ecco spiegata l’apparente contraddizione tra il numero di occupati crescente e un Pil stagnante, il cui rovescio della medaglia non può essere altro che un livello di retribuzioni particolarmente basse.
- Economista