Le (in) decisioni economiche di Donald Trump continuano a monopolizzare il dibattito economico. Parlarne è terribilmente monotono, ma purtroppo inevitabile perché la qualità della vita di miliardi di individui dipende dalle decisioni ondivaghe ed incomprensibili del presidente USA.
Mi sono già occupato nelle settimane scorse di quantificare alcuni risultati (fallimentari) della Trump economics, ma l’esame non può dirsi completo se non tiene in considerazione un dato di fatto sul quale gli economisti si grattano la testa come Zio Paperone quando nel fumetto si legge “Mumble Mumble”.
Questi i dati dell’economia reale: a) l’inflazione cresce (dal 2,4 al 2,7 in 3 mesi), b) il Pil scende (meno 0,5 nel primo trimestre), c) gli occupati invece di crescere di 100.000 unità come atteso, calano di 33.000, d) il dollaro si è svalutato del 13% da inizio anno e si registrano flussi in uscita dalla valuta Usa percepita come non più affidabile; e) debito federale Usa è stato oggetto di downgrade, il suo costo è aumentato e il deficit federale ammonta alla cifra monstre di 3.000 miliardi.
Nonostante tutti questi dati negativi dell’economia reale e finanziaria, l’indice di borsa di Wall Street è ai suoi massimi storici. In mezzo ovviamente ci sono state le montagne russe post “Liberation day” in cui il cerchio magico di Donald Trump ha guadagnato miliardi di dollari e molti risparmiatori invece li hanno persi (e la SEC tace). Come si può spiegare questa dicotomia tra l’andamento dell’economia reale e gli indici di Borsa? Non esiste una risposta certa; se si chiede a 2 economisti si hanno almeno 3 opinioni. Dico la mia: è una bolla speculativa alimentata dall’eccesso di liquidità ancora presente sul mercato. Il contestuale massimo storico del Bitcoin (la più grande bolla speculativa della storia), e quotazioni folli ( esempio: Tesla vale in Borsa 150 volte gli utili) mi spingono a pensare in tal senso.
Importante: non si pensi che il massimo storico dell’indice di Borsa coincida con una situazione positiva dell’economia reale. Quest’ultima si misura in termini di posti di lavoro, di potere di acquisto, di ricchezza prodotta e di sua distribuzione. E sul punto i dati Usa sono oggettivi.
- Economista