PATRIMONIALE INUTILE, DEPRIME CONSUMI E INVESTIMENTI

Gli italiani sanno bene che nel nostro Paese le imposte patrimoniali già esistono e sono molte. La più detestata è l’IMU sulle case possedute, oltre la prima. Investitori e semplici risparmiatori hanno rapidamente imparato a conteggiare questa imposta patrimoniale con segno negativo nei calcoli di rendimento e nelle decisioni di investimento. Il risultato è la riduzione del volume complessivo del settore (traino storico dell’economia del Paese) e del suo apporto alla crescita del Pil (che è l’unico modo sano di far crescere il gettito fiscale).

Un accurato studio dell’Osservatorio Conti Pubblici dell’Università Cattolica ha calcolato che il gettito delle imposte patrimoniali in Italia ammonta al 2,5% del Pil: inferiore a Spagna e Francia, ma superiore a Germania, Austria, Olanda. In pratica in linea con la media europea. 

Il dibattito di questi giorni è di livello sconsolatamente basso: i) non si indica come sarebbe costruita questa patrimoniale (quindi è solo una boutade); ii) i super-ricchi hanno a disposizione competenze e strumenti in abbondanza per schermare (rectius: custodire) in maniera perfettamente legale e lecita la ricchezza ( o qualcuno è cosi naif da pensare che Paperon de Paperoni abbia 100 milioni di immobili o liquidità intestati a suo nome); iii) i capitali finanziari sono trasferibili legittimamente in tempo reale verso altre giurisdizioni Ue; iv) non si indica un obiettivo concreto e misurabile che dovrebbe essere perseguito con il gettito atteso (non dichiarato).

L’imposta patrimoniale alla fine produce un effetto depressivo su consumi e investimenti (Imu docet), minor gettito e fuoriuscita di capitali. Esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare: competere sui mercati internazionali anche sotto il profilo fiscale, come fa ad esempio l’Irlanda. Voglio ricordare che nel 2017 il governo Renzi adottò intelligentemente una misura opposta: per attrarre in Italia soggetti ad alta capacità di spesa varò la flat tax da 100.000 euro (poi elevata a 200.000) sui redditi prodotti all’estero da stranieri che trasferivano la residenza in Italia. L’operazione fu (ed è) un successo: a costo zero (anzi +200.000) arrivano nuovi investimenti e consumi.

* Economista