DA AMERICA FIRST A BUY AMERICAN TRA USA E CINA È GUERRA ECONOMICA

Xi-Jinping parla di aggressione, Joe Biden risponde con i dubbi sul virus e una massiccia campagna di investimenti: 2600 miliardi di dollari. E l’Europa? È un vaso di coccio.

È sempre e comunque America first. Solo gli antipatizzanti di Donald Trump non lo sanno, obnubilati dal tifo perdono la bussola delle analisi. Hanno salutato l’insediamento del nuovo presidente degli Usa immaginando una stagione da “peace & love” che non c’è. L’America è un’altra cosa, l’America sul dollaro, il “libro” e la bandiera non conosce né differenze né politically correct. Lo sa benissimo invece il dittatore cinese Xi-Jinping che a Biden ha dato un ruvidissimo benvenuto. Parlando al Davos virtuale – gli incontri del World Economic Forum si tengono causa virus cinese in teleconferenza – il capo del Partito comunista di Pechino ha sfoderato uno dei suo celeberrimi discorsi evocando addirittura la guerra fredda. Un pretesto? L’invito alla cerimonia d’insediamento di Biden del presidente di Taiwan. La posta in gioco? Il dominio economico mondiale. Xi-Jinping con l’espansionismo in Africa sta incrementando a dismisura il dominio cinese e teme che Biden si metta alla testa di una coalizione delle democrazie per frenare lo sviluppo di Pechino. I politologi la chiamano la “Trappola di Tucidide” rievocando la guerra tra Sparta e Atene alimentata dai reciproci sospetti espansionistici. Ma Xi.-Jinping (che intanto ha annunciato sanzioni su 28 funzionari dell’amministrazione Trump) gioca la carta di una richiesta di pace mentre prepara la guerra: teme i dazi, teme la “coalizione delle democrazie” e cosi evoca “la globalizzazione è un oceano al quale non ci possiamo sottrarre” sperando di conquistare le simpatie anche delle multinazionali americane e aggiunge” la governance della globalizzazione economica dev’essere basata sul consenso, non sugli ordini di uno o di pochi”. Tradotto significa: noi cinesi facciamo come ci pare e se voi americani ce lo impedite è perché siete arroganti. Che nel linguaggio felpato del Dragone è un’offesa molto pesante.  

  Il dittatore cinese ha sostanzialmente detto agli americani: togliete di mezzo i dazi, lasciateci in pace sui diritti umani che a Hong Kong facciamo come ci pare, non dialogate più con Taiwan (la Repubblica democratica cinese) e non cercate di impedirci di svalutare lo yuan come ci pare. C’è mancato solo un filo che dicesse: caro Biden arrendetevi, vi abbiamo fatto prigionieri. Può sembrare una parodia, ma non è così. La Cina si è risollevata dalla pandemia del suo virus con cui ha infettato tutto il mondo. E’ la sola economia che anche nel 2002 è cresciuta (più 2%, l’America fa meno 6), nel 2021 si dice che crescerà dell’8,3 il doppio dell’economia americana. Non solo, è notizia dei giorni scorsi, ha già superato gli Usa in termini di attrazione di investimenti netti: 163 miliardi di dollari contro 134. E’ vero che lo stock di investimenti in America resta di gran lunga superiore a quello che ha la Cina, ma la sfida è lanciata. C’è un altro fattore di ferocissima competizione ed è quello sui volumi economici. Complice il virus cinese Pechino si prepara a diventare la prima economia del mondo con 5 anni di anticipo rispetto alle previsioni. E’ proprio la differente velocità di uscita dalla pandemia che dà a Pechino un’inerzia poderosa. Secondo il Centre for Economics and Business Research, nel 2028  sarà la Cina l’economia più grande del mondo sorpassando l’America. Ma non solo la Cina si avvia anche a diventare uno dei paesi con il reddito medio più elevato (il che non vuol dire che si eliminano le diseguaglianze, ma che ci sono centinaia di milioni di cinesi che escono dalla povertà e alcune decine di milioni che diventano ricchissimi sempre a seconda dei voleri del Partito comunista) a partire dal 2023 come rileva World Economic League Table, e il centro studi di Bloomberg conferma che ormai l’asse economico del mondo è spostato a Oriente con l’India che si prepara a diventare entro il 2030 la terza economia superando il Giappone e relegando la Germania nelle retrovie. Con buona pace di chi ha sempre predicato che l’Euro sarebbe stata la barriera invalicabile per resistere alla globalizzazione.

Ci sta in questo ragionamento anche un punto sull’Italia che già dal 2025 uscirà dal G-8 per scivolare inesorabilmente entro un ventennio fuori anche dal G-20. Per questo Xi-Jinping ha toni durissimi verso l’America e non vuole minimamente né che Biden si occupi di tecnologie (G5- Hawey, Tik Tok) né di reti. In cambio la Cina offre solo un generico impegno ambientale promettendo che da qui al 2060 sarà neutra per quel che riguarda le emissioni. Giusto per avere un raffronto l’Europa ecologically correct tutta Greta, chiacchiere e distintivo, prevede di arrivare ad emissioni zero alla fine del decennio: avremo sì un bellissimo giardino, ma ci mancheranno i soldi per godercelo! Chi si pensava che il nuovo presidente americano avrebbe detto a Xi-Jinping: prego si accomodi perché noi siamo i democratici, non ha capito nulla. Quando si toccano gli americani sul primato economico sono comunque dolori. Biden ha subito risposto. Non toglie i dazi alla Cina anzi pensa di applicarli a merci per 500 miliardi di dollari, porta il piano di rilancio dell’economia americana colpita da virus cinese al doppio degli stanziamenti di Trump (1900 miliardi contro 900) e sulla politica economica non ha intenzione di spostarsi di un millimetro dalle linee guida del trumpismo almeno per quel che riguarda l’economia mondiale. Biden si è affrettato a confermare al tesoro l’ex governatrice della Federal Reserve Janet Yellen, ha chiesto e ottenuto dalla Federal Reserve un’azione aggressiva sui tassi (stanno a zero) per spingere in alto le esportazioni, e ha varato un piano potremmo dire protezionistico. Perché dopo America First debutta Buy American. Lo ha annunciato così: “In tutto il paese troppe imprese rischiano di chiudere i battenti a causa della crisi che dobbiamo affrontare. Hanno bisogno di un aiuto urgente”.

E l’aiuto urgente è innalzare di un altro 30 per cento gli acquisti federali di beni e servizi prodotti in America. Ciò provoca ovviamente uno shock sulle economie degli alleati: dal Canada, alla Germania hanno borbottato, ma Biden tira dritto. Sul Buy American ci ha messo 700 miliardi di dollari per creare 5 milioni di nuovi posti di lavoro, gli acquisti diretti federali saranno per 400 miliardi di dollari. E se è vero che il neopresidente americano ha già cominciato col suo impegno ambientale – ma questo è l’unico settore dove esiste una possibile distensione con la Cina – è anche vero che la diplomazia americana ha già predisposto la lavagna con i buoni e i cattivi. Ha già ingaggiato un nuovo braccio di ferro con la Russia di Putin, ma il vero obbiettivo è la Cina. Se qualcuno prova a mettere in dubbio la leadership a stelle e strisce ecco che scatta l’America First. I buoni e i cattivi saranno giudicati in base ai rapporti che hanno stabilito con Pechino. Per l’Italia sono grossi guai. Se Conte resterà presidente del Consiglio è molto probabile che l’affettuoso “Giuseppi” che gli rivolse Trump non sarà confermato dal nuovo inquilino della White House.

Si dice ad esempio che l’unico italiano accreditato sia Matteo Renzi e questo ovviamente a Conte, e non solo a lui visto l’atavico provincialismo italiota, non va già ed è già chiarissimo che nei rapporti con la Cina Biden non terrà minimamente conto di quanto fece il primo Obama che sembrò molto aperturista. Anzi l’Italia – che da Trump è stata largamente risparmiata nell’applicazione dei dazi commerciali ritorsivi per gli aiuti europei ad Airbus – è già scivolata – per quel che riguarda i rapporti economici-  nell’elenco dei partners di serie B. C’è un altro particolare che nella guerra fredda economica che si è già scatenata tra Washington e Pechino che molti sottovalutano.

E’ che Biden – al pari di Trump e del suo Segretario di Stato Mike Pompeo che tre giorni prima di uscire dal governo ha rilasciato un durissimo dossier di accuse contro la Cina sull’origine del virus –  ha già avanzato pesanti accuse non già sull’origine del virus, ma sui ritardi e le bugie di Pechino circa la pandemia e pur rientrando nell’Oms (Trump ne era uscito) ha chiesto che si facciano ulteriori indagini. Del resto a Washington si continua a prendere molto sul serio lo studio fatto da Matthew Pottinger, numero due del Consiglio di Sicurezza statunitense, che sostiene che il virus sarebbe fuoriuscito dall’Istituto di Virologia della città Wuhan. E che questo sia un nervo scoperto lo conferma anche Xi-Jinping che mentre minaccia gli Usa di una spietata concorrenza economica mette le mani avanti affermando: ”La pandemia non sia una scusa per attaccare la Cina”. A stretto giro gli ha risposto Anthony Fauci il virologo più influente degli Usa antipatico a Trump e assai considerato da Biden che a Pechino ha replicato: “Siete stati poco trasparenti, vogliamo sapere tutto”. E questo è solo l’inizio. Ah, se vi chiedete che posizione ha l’Europa è semplice: è un vaso di coccio tra due vasi di ferro molto ben temperato. E l’Italia? E’ il buco del vaso di coccio.

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