I MERCATI GUARDANO ALLA CINA CHE SORPASSA GLI USA E CON LO SPREAD CHE SALE LA RICREAZIONE È FINITA

L’Italia rischia la marginalità e di pagare caro il debito, da Davos segnali negativi per la nostra economia.

La ricreazione è finita. Ma in Italia sembra che né il Pd né i Cinque Stelle ne vogliano prendere atto e anche il Colle pare avere i vetri appannati dal timor panico di produrre l’unica soluzione possibile: far votare gli italiani. Ma al resto del mondo delle alchimie per impedire a Salvini, Meloni e Berlusconi di governare non gliene frega niente e si è aperta da lunedì scorso una settima durissima per l’Italia e densissima di eventi sul piano internazionale con ricadute assai rilevanti su ciò che resta della nostra economia. Sui mercati la ricreazione è appunto finita e stare dietro ad Alfonso Bonafede e alle sue “prescrizioni” sembra un’albagia. Succede che Moody’s ci ha fatto sapere due cose: l’Italia è in ritardo sul Recovery Fund e questo non ci tranquillizza, il sistema bancario (avvertimento già lanciato da Mario Draghi) andrà presto in sofferenza e questo vuol dire che saremo costretti, se non cambia la traiettoria del debito e dell’economia, a ritoccare al ribasso il rating del vostro debito. E’ bastato questo perché lo spread rialzasse la testa arrivando venerdì scorso al più 8% a quota 126. E’ ancora gestibile ma è un segnale forte anche perché nel frattempo accadono altre cose sui mercati che si stanno scongelando dalla paura del virus e hanno già scontato, a quanto sembra, che l’Europa andrà verso nuove chiusure e che il Vecchio Continente sarà l’ultimo a ripartire. Ma per l’Italia essere ultima degli ultimi sarà la mazzata finale. Vediamo che accade e qual è lo scenario.

Ci sono oggi sui mercati tre driver: uno i profitti attesi sulle big pharma dai vaccini, due il nuovo piano che Joe Biden ha annunciato nel tentativo di dare un doppio strike al virus e a ciò che resta di Trump, tre ed è questo il dato più significativo e che dovrebbe far riflettere: la Cina ha superato nel 2020 cioè nell’anno della pandemia gli Stati Uniti d’America ed è oggi il primo paese per investimenti diretti. Questi tre elementi allontano i mercati dall’Europa e soprattutto da titoli di debito italiani. Per venderli dovremo pagare costantemente di più interessi scontando anche un incremento del tasso di inaffidabilità della nostra economia. Sulla ripresa italiana i mercati non sono disposti a scommettere un centesimo e se vogliamo i soldi dobbiamo pagarli cari. Questo indipendentemente dal fatto che la Bce continuerà a comprare i nostri titoli. La ricreazione è appunto finita. Guardando allo spread non tanto in termini assoluti quanto in termini relativi si scopre che sfondata la soglia 120 non scende e soprattutto che è il più alto tra i paesi europei Grecia compresa. Ballare sul filo dei 124 (mentre scriviamo è a 123 punti base) in vista delle prossime aste già a partire dal primo di febbraio quando viene offerto un BTP per 10 miliardi con cedola allo 0,50 è molto rischioso. Questo tenore di spread a fine anno potrebbe costarci sui 10 miliardi atteso che lo scorso anno sono stati emessi titoli per 550 miliardi di cui 181 miliardi di titoli a breve.

A determinare questo rialzo dello spread che non è inquietante in sé, ma segnala una forte incertezza dei mercati rispetto al destino dell’Italia, è anche la Bce che ci ha avvisati: fate presto e bene sul Recovery o sono dolori. Anche perché le famose regole del patto di stabilità non saranno sospese sine die. E attenzione a un dato: a come vanno le Borse. In Europa i listini anche se in ripresa sono incerti, ma se si guarda al resto del mondo si vede che l’azionario si sta proiettando molto sull’Asia dove ci sono le migliori performance economiche ( la Cina sia detto per inciso sta per varare un’altra svalutazione dello yuan) e guarda di buon occhio l’America. Per due motivi: il primo è l’iniezione da 1900 miliardi di dollari che Joe Biden ha annunciato come piano anti virus cinese (sono mille miliardi in più rispetto a Trump) il secondo è il fatto che in questa settimana sono 111 le società quotate sullo S&P 500 che comunicano i dati delle loro trimestrali di fine anno. Tra queste ci sono molte big: Tesla, Apple, Microsoft, Caterpillar Boeing. Secondo Bank of America il 73% delle società quotate allo S&P 500 ha superato le stime sia sul fatturato sia dell’utile per azione.

A questo si aggiunge che le Big pahrma vedono dal valore vaccini affari stimati in 60 miliardi di dollari nei primi tre mesi di quest’anno. Cioè c’è una competizione sui capitali che penalizza l’Europa, che penalizza in genere i titoli di Stato e sommamente penalizza l’Italia. A dare il quadro delle tendenze di mercati e dell’economia peraltro ci hanno pensato i “padrini del mondo” nel World Economic Forum di Davos. Perché è lì che bisogna guardare per sapere che cosa capiterà nel medio periodo, nel breve sappiamo già che le Borse ci abbandoneranno e per piazzare i nostri titoli dovremo pagare di più. Rischiamo la marginalità economica e certo le misure messe in atto con la legge di bilancio, la mancanza di una politica economica degna di questo nome, i ritardi ma anche la composizione del Recovery Plan, la mancanza di riforme da quella fiscale a quella giudiziaria per finire a quella burocratica ci allontanano dal novero dei grandi paesi. Stiamo gestendo la presidenza del G-20 ma non c’è alcun protagonismo dell’Italia che sta perdendo base produttiva, competitività nell’export e accumula debito senza illustrare come farà a ripagarlo. A Davos si parla di questo mentre noi perdiamo tempo. E i mercati hanno sentenziato: la ricreazione è finita.

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