REBUS CRISI: RESPONSABILE CHE CERCHI EUROPEISTA CHE NON TROVI

Altro colpo di scena. A meno di ventiquattro ore il forzista Vitali ci ripensa e ritira il sostegno al gruppo dei “costruttori”. Alle 4 di mattina cambia idea: “Mi ha chiamato Berlusconi”.

Ore sempre più frenetiche, difficili, logoranti. Non è dato sapere quante e quali siano le varianti politiche che corrono fuori e dentro il Palazzo. Almeno fino a venerdì, quando si chiuderanno le consultazioni-non più lampo come si diceva-salvo colpi di scena. La fantomatica quarta gamba che avrebbe dovuto sostenere il traballante governo Conte bis è come l’anatra zoppa. Dieci- dodici- quindici “costruttori” “non posson bastare” perché il tavolo tenga. Ed ecco che il tavolo traballa perché è il medesimo che ha consentito a Conte di ottenere la striminzita fiducia in Senato con i 156 risicati voti, annesso quello del Ciampolillo che inciampò nella chiusura del computo. Il nuovo che avanza si presenta ora con il nome di Europeisti-Maie-Centro democratico, gruppo parlamentare costituitosi in fretta e furia ieri mattina, firme in calce che spiccano, oltre quella di Raffaele Fantetti della componente Maie-Italia, quella di Maria Rosaria Rossi, ex azzurra del cerchio magico del Cavaliere e dell’ex, anche lui non più azzuro, Andrea Causin. Un gruppo che risulta essere uno stranissimo puzzle.

Per chiudere il numero è stato necessario un gran sacrificio, sempre per il bene della Patria, di una senatrice, colpo di scena, del pd. Sappiamo che quando ci si sposta di un centimetro dalle direttive del partito, il pd espelle chi viola. Ma, guarda caso, la senatrice si è unita sua sponte al gruppo e non è stata redarguita. Quella della mattinata di ieri si presenta come una sceneggiatura a tratti affascinante e a tratti imbarazzante. Un film comico. Protagonista Tatjana Rojc, scrittrice triestina di lingua slovena, da ieri decimo senatore responsabile “prestata” dai dem in soccorso del ter, la quale candidamente dichiara che si è sacrificata per il bene del Paese ma la sua casa resta il pd. E siamo a quota 10, “un atto d’amore” che certifica la nascita del gruppo. Ma per una che sale a bordo ecco un’altra che scende dalla sgangherata nave. E’ Sandra Lonardo Mastella, non più a suo agio in un gruppo così eterogeneo, e poi in in serata un’altra new felix entry: dentro anche il senatore Vitali che lascia Fi e aderisce alla pattuglia. Una news che, ulteriore colpo di scena, si trasforma in altra news, nella primissima mattinata di oggi: colpo di scena, Vitali si ritira. Pare non abbia dormito tutta la notte e alle 4 di mattina l’illuminazione. Dichiara nel tormento: “Mi ha telefonato Berlusconi. Cosa sarei andato a fare con Conte?”. E se non lo sa lui… Quando si dice la coerenza e l’ideale.
Intanto, mentre il puzzle cerca spasmodicamente gli incastri, il pd, per celare l’imbarazzo e con sottile diplomazia, dalla mattina di ieri dà il là con il più volte ripetuto “proviamo a sostenere Conte”.

E’ con questa modalità che il partito di Zingaretti mette il sigillo sull’operazione responsabili, un’opa su Conte, non si sa mai si avverasse il ter, visti gli scarsi numeri numeri dei sondaggi ai democrat in caso di elezioni. D’altro canto, siamo in democrazia e lo schema calza giusto: il pd è partito democratico che democraticamente e ufficialmente, in serata, per voce del suo segretario Zingaretti, indica conseguentemente Conte di nuovo premier, richiama il figliuol prodigo Matteo alla casa del padre, dialoga con i pentastellati demo-cristiani e con quelli doc dello scudocrociato, con i liberali, gli europeisti di forza italia e chissà se sotto banco con il Cavaliere azzurro guardando all’orizzonte europesista. Insomma, il pd sta davvero a suo agio con i fratelli. Coltelli. E Conte? Il premier dimissionario ha da temere non solo un Bruto in casa sua perché come emerge sotto i convenevoli, proprio in zona pd e grillini, si comincia a pensare, e già da giorni, ad un diverso nome al posto di Conte. Lo schiaffo, quello plateale, potrebbe venire ovvio da Matteo Renzi che oggi stesso in sede di consultazioni potrebbe offrire la pillola avvelenata del “Re Di Maio” ( come da noi anticipato ) per disarcionare subito Conte, riprendersi i nostalgici del pd e spaccare definitivamente i cinque stelle in favore di quella coalizione tratteggiata già ieri sul nostro Beconomy, sorprendente e avveniristica e che dà la misura dei giochi in corso.

Per questo, già nella mattinata di ieri, la ministra dimissionaria Bellanova argomentava “nessu veto su Di Maio”. Mentre il suo leader in serata esibiva una nota contro “l’opacità” dell’operazione responsabili, per carità, un movimemto, a suo dire, privo di idee. Lui che non ci sta a passare da demolition men e che vuole tornare a tutti i costi costruttore, senza Conte e con l’investitura di qualche futuro ministero. Gioco ben riuscito, tanto che in tarda serata grida anche la nota grillina con il gruppetto di senatori di area dibattistiana che piantano sul tavolo il nome di Conte con un lapidario o Conte o voto.
Da oggi in poi si capirà meglio cosa trama la fazione fiorentina del “ghibellin fuggiasco” e quale esponente di rilievo potrebbe porgere la guancia all’ipotesi Re Di Maio.

Ma ora la partita è tutta tra i due duellanti e si consuma nell’acredine che serpeggia tra il temporeggiatore e il rottamatore. Una partita che sembre essere, nelle idee degli elettori, tutta a favore di Conte, se è vero che i sondaggi danno l’avvocato del popolo al 20 per cento ( leggete l’articolo di Beconomy “Il partito di Conte pronto alle elezioni” ) e Renzi molto basso.
Silvio Berlusconi da Arcore, che di strategia se ne intende come Cicerone, il grande Arpinate, auspica un governo di salus populi in nome della pax repubblicana. Conte si muove in un sentiero oscuro e all’indomani delle dimissioni si è premurato di rivolgere l’appello europeista ai responsabili per un esecutivo di salvezza nazionale: l’Italia rialzi la testa al di là di chi sarà scelto. Tira dritto, perché annusa aria di agguato e vuole correre alle elezioni.

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