GRILLO OTTIENE QUELLO CHE GIÀ HA: IL MINISTERO DELLA TRANSIZIONE VERDE È OPERATIVO DAL 2019

Dà il via libera al voto su Rousseau (l’esito alle 18) spaventato dalla fronda interna e si vende un risultato inesistente, ma forse mira ai soldi del Recovery Fund

Si sta come un tonno, sul fare della sera. Siamo alle comiche e siamo appesi fino alle 18 per conoscere l’oracolo di Rousseau. Ora a pensare che questo Paese uscito a pezzi dalla seconda guerra mondiale in settanta anni della sua storia era diventato la quinta poi settima potenza economica mondiale con una popolazione ridotta e zero risorse naturali per quel riguarda le materie prime, ma con una risorsa unica che fu la scintilla del Rinascimento e cioè l’ingegno è in mano ad un capo comico che se la fa sotto perché la base si ribella non si sa piangere o se ridere. Siamo alla tragicommedia come peraltro s’addice all’attuale movimento Cinque Stelle. Ebbe a dire Eduardo Scarpetta: “A’ vita è como o’ teatro”, e infatti Beppe Grillo – pregiudicato per aver ammazzato una persona con la macchina, padre di un presunto stupratore e non si sa perché l’inchiesta sarda su Ciro Grillo vada così a rilento forse bisognerebbe chiedere a Luca Palamara, vi stupisce la crudezza del linguaggio?

È quello che usano i grillini verso gli avversari politici, è quello che usa Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – altro non è che un teatrante. Esulta per avere ottenuto quello che già ha, ma dà in pasto ai suoi militanti in procinto di bocciare la linea governista una realtà aumentata.  Il ministero della transizione ecologica esiste dal 2019, è un dipartimento del ministero dell’ambiente guidato dal grillino – magari poco appariscente – Sergio Costa. Sono i trucchetti dell’informatica come la “democratica” piattaforma Rousseau. Dunque si vota su Rousseau e alle 18 sapremo se questo Paese ha o no diritti ad avere un Governo. Il quesito modificato otto volte prima di essere proposto è di per sé un capolavoro di comicità. Non chiedono ai militanti se vogliono o no un governo insieme a Pd (il partito di Bibbiano) Lega (i fascoleghisti) e Forza Italia (il partito dello psiconano) tra parentesi abbiamo messo le definizioni che i vertici grillini danno di questi partiti, no gli chiedono con questa gentile circonlocuzione che definire supercazzola è poco: “Sei d’accordo che il Movimento sostenga un governo tecnico-politico che preveda un Ministero della transizione ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal Movimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?”.

Detta così fa schiantare da ridere. Per due motivi: Grillo ha ottenuto da Draghi ciò che già ha il famoso ministero della transizione ecologica c’è ed è tutto in mano ai grillini. Fa parte della finzione scenica. Ma il secondo motivo è il testo. Dunque il Movimento Cinque Stelle, quello che doveva aprire il Parlamento come una scatola di tonno, quello che mai alleanze con nessuno, quello, in ultimo, che o Conte o morte, ora forse fa tappa a Orte e si compiace di avere un Ministero (cioè una struttura burocratica, un possibile centro di clientela in più) e di andare al Governo con il banchiere che più banchiere non si può? Perché occorrerà per ricordarsi di cosa hanno scritto Beppe Grillo e i suoi sodali nel corso degli anni dell’ex presidente della Bce. Il lavoro di collazione lo ha ottimamente fatto Sebastian Bedinelli su “thesubmarine”.

E allora nel 2014 Mario Draghi è “una Mary Poppins un po’ suonata che tira fuori dalla sua borsetta sempre le stesse ricette” a proposito della manovra sui tassi, quando lancia il suo famosissimo whatever it takes  è uno che  “continua a prestare soldi allo 0,15  alle banche private per ingrassare i top manager e gli azionisti mentre cittadini e imprese in difficoltà devono morire, affidarsi agli strozzini” e via via Draghi diventa il Mago Silvan, l’uomo che non ha vigilato su Antonveneta, l’affamatore del popolo. Si potrà obiettare che è lecito cambiare opinione. Certo! Però i grillini hanno fatto il pieno dei voti nel 2018 e in forza di questi hanno la maggioranza relativa in Parlamento su quella piattaforma di “vaffa”, di cupio dissolvi, di rivoluzione. E oggi di fronte alla possibilità che il movimento si spacchi Beppe Grillo fa una retromarcia e si costituisce anche l’alibi del Ministero della transizione ecologica, che ha anche un nome sinistramente orweliano. Il fatto è che quel ministero c’è già. Grillo evidentemente spaventato da tre giorni di invettive – su Zoom gli attivisti della prima ora si scambiano opinioni eguali e contrarie a quelle dei vertici, che continuano a dire mai con Draghi, che protestano perché il Movimento è diventato a sua volta casta – aveva bisogno di un pretesto per attovagliarsi nel Governo di larghissime intese. Così si è prestato alla telefonata monstre con Draghi, così ha raccontato che l’ex governatore di Banca d’ Italia è di fatto un grillino tanto che gli si potrebbe dare la tessera, così ha mobilitato l’odiato Giggino a’ gazzosa, al secolo Luigi Di Maio il più imbullonato alla poltrona di tutti,  ma anche il più istituzionale tra i Cinque Stelle visto che ha studiato la lezione da ministro anche se un po’ meno l’inglese e che spera comunque di non traslocare dalla Farnesina, perché facesse campagna per il sì a Draghi. Deve aver pesato anche la pressione di Sergio Mattarella che vuole il governo operativo entro la settimana e di certo il balletto sulla piattaforma Rousseau ha irritato e non poco il Quirinale. E così il povero guitto da palcoscenico si è trovato incastrato.

Ed ecco il via libera al quesito promettendo al suo popolo che chiede pane la brioche del superministero verde. Però il superministero c’è già e da tempo e il bello è che è tuto in mano ai Cinque Stelle anche se Grillo forse non lo sa. Non c’è n’è uno solo, ma sono addirittura due. Il ministero dell’ambiente – quello dei bonus monopattini con cui la gente continua a farsi tanto male – dove siede il grillino Sergio Costa passato come Conte dal sovranismo (si fa per dire) gialloverde al populismo europeista giallorosso ha competenza esclusiva su tutte le autorizzazioni ambientali di tutti i progetti: da quelli edilizi a quelli energetici. Non solo il 5 novembre 2019 il Ministero per l’ambiente è stato ristrutturato ed ora ha due dipartimenti specifici. Uno si chiama: ”Tutela ambientale” e l’altro, indovinate un po’?, si chiama ”Dipartimento della transizione ecologica” e si occupa di “ crescita verde, economica circolare e sviluppo sostenibile”. Ci siamo capiti? Beppe Grillo ha ottenuto e Draghi gli ha concesso ciò che già c’è.

Il Ministero dello Sviluppo  (si fa molto per dire) economico che è guidato dal grillino Stefano Patuanelli ha al suo interno una direzione “ambientale” che valuta tutti i progetti industriali alla luce della eco-compatibilità e della sostenibilità e decide di finanziarli proprio in base al punteggio verde. Non solo questa direzione si occupa anche di indirizzare la soluzione delle crisi aziendali – per la verità dei 160 tavoli di crisi aperti, vedasi in ultimo Embraco, Patuanelli neppure uno ne ha risolto tant’è che il blocco dei licenziamenti sine die e con un costo enorme per lo Stato è l’unica soluzione trovata – verso la riconversione verde delle produzioni. Ma ora c’è un elemento che va compreso. Visto che il Ministero della transizione ecologica nei fatti c’è già quello nuovo che deve nascere cos’è? E’ l’accorpamento delle competenze che stanno già all’ambiente e allo sviluppo economico? Oppure diventa una ulteriore struttura burocratica peraltro perfettamente in linea con la politica diseconomica dei 5Stelle che è fatta di moltiplicazione di burocrazia, di prebende e posti pubblici? Questa transizione ecologica è un’ulteriore palla al piede del Paese o e la razionalizzazione di competenze che già esistono in modo di avere un’amministrazione trasparente? E siamo sicuri che i grillini siano i più bravi gestirlo? Per esempio Catia Bastioli, l’imprenditrice che ha creato la Novamont, non sarebbe la donna giusta al posto giusto sottraendo ai partiti le mire sugli apparati? E non sarà che Grillo ha scoperto che la fetta più consistente dei soldi del Recovery Fund ha la causale “sviluppo green” e i grillini improvvisamente si fanno affascinare dal profumo dei soldi e vogliono gestire in proprio i fondi verdi con il loro ministero della transizione ecologica? Draghi deve vigilare molto su questa mossa e deve stare molto attento a fare promesse che poi possono costare troppo al Paese. Perché affidare a chi ha dato prova di assoluta incompetenza la parte più consistenze dei finanziamenti europei (che non sono tutto questa pioggia di miliardi a grais ma sono debiti veri che i nuovi italiani dovranno pur ripagare) non pare né saggio né intelligente.  Perciò conviene chiedere a  Mario Draghi:  presidente ma le lo sapeva che di avere già il ministero della transizione ecologica? E se si come intende strutturarlo adesso? Non sarà che pur di accontentare i ragazzi che giocano a Rousseau lei fa la moltiplicazione dei ministeri e dei posti ? Perché se è così ci tocca dare ragione a Grillo che in epoca passata lo assimilato al mago Silvan.

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