IL POLITICAMENTE CORRETTO QUEL VIRUS CHE INFETTA IL FUTURO

Draghi fa un discorso alto, ma programmaticamente debole, ci sono contraddizioni di strategia economica e si capisce che dal Colle gli hanno imposto: non scontentare i giallorossi. E poi c’è un grande assente: il popolo italiano

Chissà se come ai tempi del Papa Re si rischia la scomunica a dire che il discorso di Mario Draghi, pur di alto profilo, è una delusione. L’ex presidente della Bce lo ha impastato con una serie d’ingredienti tutti politically correct: l’omaggio all’Europa e non poteva essere altrimenti, l’equilibro di genere, la svolta ecologista, l’unità contro la pandemia, i giovani che devono tornare a scuola e di cui non possiamo ipotecare il futuro, il Recovery Fund o anzi meglio il Next Generation Ue, perfino il fisco equo e forse solidale. Ma quale idea di Paese ha Mario Draghi?

Quale spinta vuole dare a un’ Italia in stato pre-fallimentare in un’Europa bolsa e incapace di fronteggiare l’epidemia e che è rimasta indietro nella competizione mondiale? E’ un discorso infarcito di ma-anchismo. I soliti laudatores , che chissà perché stanno sempre nei salotti buoni della gauche cachemire, sostengono che il progetto di Mario Draghi è di un socialismo liberale. Come dire un ircocervo. Peraltro Mario Draghi che è nato monetarista fideistico e si è comportato per tutta la sua vita come un monetarista (la costruzione dell’Euro che lui ritiene irreversibile ha tratti di teocrazia del denaro e lo spiegheremo in un’altra riflessione) solo che ultimamente di fronte ai guasti della pandemia che l’Euro da solo non può risolvere e nella necessità di sentirsi confortato non dai lib(erali) ma dai lab(uristi) ha fatto comprendere una simpatia per Keynes. Altro ircocervo. I keynesiani – ma magari ci dedichiamo un dossier così lo spieghiamo meglio – ritengono inefficace la politica monetaria perché non produce effetti reali sul reddito, a maggior ragione ritengono che una moneta rigida (l’Euro) sia incompatibile con uno sviluppo economico e che espandere gli strumenti monetari porti a una riduzione degli investimenti.

C’è una formuletta che gli studenti di economia conoscono bene che si chiama modello Is-Lm. Tradotto significa: qual è il punto di equilibrio tra l’andamento del mercato dei beni (che potremmo chiamare economia reale appunto Is che sta per investiment saving) e l’andamento del mercato della moneta (Lm che sta per liquidità monetaria) nel rapporto tra investimenti e risparmi? Ebbene fare come ha fatto Draghi un richiamo alla necessità di più investimenti pubblici e privati invocando i benefici derivanti dal Recovery e dalla politica monetaria dell’Ue grazie ai tassi bassi significa contraddire Keynes che per la verità ci rappresenta bene ciò che sta avvenendo. Sostenne l’economista inglese più lab che lib ormai settanta anni fa osservando la grande crisi del 29 che in presenza di una precarietà del futuro tutti anche in presenza di tassi bassi tesaurizzano e non investono.

Questo ovviamente peggiora il clima economico e più si offre moneta e più si ha anche a tassi negativi una tendenza al risparmio. Se vi chiedete perché gli italiani hanno tanti soldi in banca ora sapete perché: è una crisi da dopoguerra (lo ha detto Draghi) le politiche sono solo monetarie, i tassi sono bassi e gli investimenti non ci sono. C’è una leva molto liberale per incentivare gli investimenti: levare di mezzo le tasse e far arretrare lo Stato. Ma se uno si dichiara socialista le tasse non può toglierle. Da questa contraddizione che è prima politica e poi teorica Draghi non è uscito e non uscendo da questa non può disegnare una traiettoria di accelerazione dello sviluppo. Si tratta di un mero esempio per spiegare che il presidente del Consiglio in Senato non ha sostanzialmente disegnato nessun futuro per il paese ed è rimasto a metà del guado, dissimulando, o forse non sapendo, le sue reali intenzioni, E’ come dirsi socialisti liberali: è un ossimoro. Eppure un’intuizione Mario Draghi l’ha avuta: richiamarsi a Cavour. Lo ha fatto per sollecitare l’unità nazionale, ma si sarebbe dovuto ricordare che Cavour aveva nella testa due idee precise: “sono figlio della libertà a lei devo tutto ciò che sono” e “la grande politica è quella delle soluzioni audaci”.

Di audacia nel discorso di Draghi se ne è ascoltata ben poca, ma del resto aveva i paletti che gli sono stati imposti da Sergio Mattarella, primo fra tutti parlare soprattutto alla sinistra. Una conferma? Il blocco dei licenziamenti. Una politica economica audace quella che dice: sblocco i licenziamenti, ma rendo fiscalmente neutri gli investimenti, smobilizzo il risparmio con agevolazioni fiscali. Di tutto questo non c’è traccia, anzi. Rifarsi a Cavour vuol dire aver letto Rousseau, Voltaire e Montesquieu. Niente di questi tre autori c’è nel discorso di Draghi. Non c’è il libero arbitrio delle categorie economiche (il fisco va sì riformato, ma attenzione a non ledere il principio socialista della progressività), non c’è un afflato alla costruzione della parità delle nazioni, non c’è neppure il richiamo alla separazione dei poteri. Anzi di una riforma Draghi non ha proprio parlato anche se è tra quelle che “ci chiede l’Europa”: quella della giustizia. E’ certo un tema divisivo, ma non è credibile un governo di alto profilo e di svolta che sorvola sulle spine e si adagia sul divano del politicamente corretto.

Anche perché quando si è trattato di rampognare idee o di arpionare temi cari alla componente non di sinistra della maggioranza Draghi non è stato così accomodante. Manca del tutto nel discorso del presidente del Consiglio il riferimento all’articolo uno della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il popolo nel discorso di Mario Draghi non c’è, ci sono i partiti, ci sono gli equilibri di potere, c’è il suo manifestarsi come un epifenomeno della democrazia. Gli italiani compaiono non come attori della democrazia, ma come destinatari dei provvedimenti. E questo basta a svelare il vero carattere dell’uomo. Cavour disse: Il primo bene di un popolo è la sua dignità. Cosa farà signor primo ministro per la dignità degli italiani? Il richiamo continuo a un europeismo incompiuto, fallace ed esclusivamente burocratico-normativo è rivendicazione di dignità? Il dirci che il futuro è l’ambiente, la tecnologia, la scienza comprende anche la dignità delle persone, la dignità del lavoro in quanto tale? E la dignità dell’impresa – come quelle che sono state chiuse d’imperio nel turismo, in montagna, nella ristorazione, nel commercio – dov’è nel suo discorso presidente Draghi? Perché anche il lavoro non c’è nel discorso di Draghi, nel senso che non è stata delineata alcuna vocazione economica del paese. C’è solo un riferimento (peraltro pericoloso) al sostegno di quelle imprese che riusciranno a capitalizzarsi e investire. E’ un’eco, un po’ sinistra, di quanto si è già sentito in Europa: la tendenza ad accelerare una selezione darwiniana delle imprese in rapporto agli obbiettivi politicamente corretti dell’ambiente e dell’innovazione. Sorge spontaneo dubitare che i risarcimenti alle imprese chiuse non siano arrivati proprio per scremare l’economia da chi non sta allineato al disegno tecnocratico. E noi che abbiamo un quarto di pil tra agroalimentare e turismo che facciamo? Ecco ci sono molti punti interrogativi nel discorso di Draghi.

Certo lo stacco dal bis-Conte è notevole, ma non tutto è esplicito e non tutto è condivisibile: Potrebbe il presidente del Consiglio cominciare con qualche atto concreto a far capire se davvero intende cambiare il paese. Se i vaccini non vanno un segno è licenziare Domenico Arcuri, se la scuola deve funzionare basta da domani metterci sopra dei soldi e annunciare il nuovo calendario scolastico, se il fisco si vuole riformare basta da domani fare il saldo e stralcio delle cartelle che pendono come spade di Damocle sulla testa dei contribuenti, se si crede davvero negli investimenti basta smetterla con Cassa Depositi e prestiti usata come un bancomat e Invitalia come riservato dominio, se si vuole davvero lottare contro la pandemia basta licenziare questo Cts e consentire alle Regioni di comprarsi i vaccini riportando un clima di fiducia reciproca tra Regioni e Stato non continuando ad avvelenare i pozzi come ha fatto lungamente l’ex ministro Pd Francesco Boccia in un’ansia revanchista contro le amministrazioni a lui non affini. Insomma ci sono atti concreti che costano poco, ma che hanno un immenso valore: render credibile un discorso di Draghi che è pieno di buone intenzioni. E c’è una cosa da fare immediatamente: restituire fiducia e protagonismo agli italiani, quegli italiani assenti dal discorso del presidente del Consiglio, che hanno – per dirla con Cavour- come prima ricchezza la loro identità primo requisito per conservare la dignità.

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