TUTTI DENTRO ASPETTANDO I VACCINI. LA RETE DELLE PARTITE IVA IN PIAZZA CONTRO SPERANZA

Se il Paese è in rosso arancio fino a maggio e i conti sulla campagna vaccinale ancora non tornano non è colpa degli italiani, i quali di certo hanno l’obbligo di rispettare le regole ma hanno anche la necessità a distanza di un anno di restrizioni e di sacrifici di riappropriarsi delle proprie vite. Il ritardo di tre mesi sulla campagna vaccinale potrebbe bruciare 200 miliardi di pil, titolano i giornaloni ma Beconomy lo aveva anticipato in tempi in cui un giorno sì e l’altro pure, pandemia in corso, si parlava di recovery fund. Italia chiusa, la gita fuori porta tra regioni è vietata, ma si può volare all’estero con la risibile ordinanza senza speranza di Speranza dell’isolamento fiduciario per 5 giorni di chi arriva in Italia da un Paese dell’Unione europea. E già, così andiamo ad arricchire i paesi stranieri e noi rimaniamo a secco e magari al ritorno del viaggetto all’estero guarda caso l’indice si rialza e allora siamo costretti a chiudere ancora.

Oggi Luca Zaia, governatore del Veneto, che si si distingue per velocità, programmazione, efficienza ha detto: “Al momento siamo primi per vaccinazioni, ne facciamo 35 mila al giorno”. Ma, nonostante il primato, le vaccinazioni saranno sospese. Ecco l’annuncio shock. Lo aveva già anticipato ieri. Spiega Zaia: “Domani faremo un po’di richiami. Non sono arrivati vaccini, ci mancano, quindi la macchina perfetta che abbiamo messo in piedi, addirittura con modelli di accesso rapido, diretto, senza prenotazione, in questo momento non riusciamo a garantirla, perché non abbiamo la materia prima”.

Ovvio che questo non è ammissibile perché non si può bloccare il flusso, per colpa di una Europa fallace e fallita che tiene ancora secretati i contratti e di qualche delegato incapace che non ha nemmeno saputo scrivere un contratto con le case farmaceutiche visto che l’Italia si era dichiarata in estate fuori dalla pandemia. Ma, al di là dell’Europa, occorre far presente ciò che è accaduto dentro l’Italia.

Dalla trasmissione Stasera Italia condotta da Barbara Palombelli ieri sera l’eurodeputato Carlo Calenda a precisa domanda ha risposto che a giugno scorso nell’incontro con l’allora e ancora attuale ministro Speranza era stato avanzato l’alert e la richiesta di incrementare le terapie intensive, a corto del cinquanta per cento, così come la medicina territoriale. Alert certificati e snobbati . Ed ecco che all’inizio della seconda ondata ci siamo ritrovati dimezzati con la medicina territoriale debolissima.

No, questo non è ammissibile a fronte anche del lavoro dei governatori meritevoli. Zaia ne è esempio e modello. No, questo è peccato non perdonabile. Ieri un cdm agitato nella difficile coabitazione della maggioranza larga capitanata e tenuta da Mario Draghi. Alla fine dopo due ore di discussione passa la mediazione che formalmente ma fintamente accontenta tutti: solo se i dati lo certificherano e una regione sarà in regola con il piano vaccini allora saranno possibili le deroghe e si potrà valutare la riapertura di alcune attività senza aspettare la scadenza del decreto. Decreto che prevede la zona rosso arancione fino a fine mese, la riapertura dopo pasqua delle materne fino alle medie, scudo penale per operatori sanitari, sanzioni fino a demansionamento per infermieri che rifiutano di vaccinarsi. Prima del cdm lo spirito bollente del Salvini aperturista e dello Speranza che ha mostrato i dati del virus in ascesa.

Un primo incontro tra i due e la frasetta trapelata dopo il vis a vis “Matteo la situazione è seria” da parte di Speranza e di Salvini “ noi ci fidiamo della scienza” (ergo non di Speranza). Gravissima la situazione dei dati, della salute, dell’economia. E oggi il retroscena finisce qui, considerata la scena già critica e debordante. Dunque la sintesi è la seguente: si potrà riaprire solo se il numero dei contagi scenderà e il numero dei contagi scenderà solo se ci saranno i vaccini. Tutto si basa e si gioca sulla campagna vaccinale per la cui complessa attivazione e realizzazione è stato chiamato il premier Draghi in una contingenza economica già disastrata. Ma il tempo non c’è più e bisogna volare: è una questione di salute, fisica e mentale, è una questione di economia. “Serve una svolta, servono subito aperture in sicurezza”, tuona Confcommercio. E a Roma il prossimo 6 aprile si mobilita la rete delle partite Iva PIN, Movimento Io Apro, MIO Italia, Lo Sport è Salute, Apit Italia.

Una grande manifestazione organizzata dai responsabili nazionali con questo titolo:“Tutti insieme contro le chiusure”. Spiega Marina Geirola, coordinatrice nazionale de La Rete Partite Iva: “Saremo a Roma tutti insieme per manifestare contro le chiusure e contro il ministro Speranza che, di fatto, ha portato a fine vita il tessuto produttivo del nostro paese, costituito dalle piccole imprese. Il prossimo martedì 6 aprile faranno “massa critica e scenderanno in piazza con l’obiettivo di coinvolgere anche gli imprenditori indecisi”. Ma la notizia è che il giorno successivo, il 7 aprile, qualunque siano le decisioni del governo centrale- dicono chiaro e forte dal coordinamento- ristoranti, bar, pub, pizzerie, palestre e tutte le categorie sportive apriranno le porte dei loro locali.   

Oggi il commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo, a Cagliari per un sopralluogo nei due hub di vaccinazione, insieme al capo dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio ha annunciato che tra oggi e domani arriveranno 1,3 milioni di dosi AstraZeneca, ricordando le 500mila dosi di Moderna già arrivate e oltre un milione di dosi Pfizer consegnate ieri.

Presto ché è tardi. Perché, come conclude Marina Geirola: “Lo ribadiamo tutti insieme: questa è una questione di sopravvivenza”.

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