“SPERANZA A OGNUNO 
DRAGHI SI TENGA IL MINISTRO
 NOI VOGLIAMO IL FUTURO”. E LUNEDI’ RISPOSTE
 CERTE DAL GOVERNO

Parla Paolo Bianchini presidente del “Mio” ribadisce: Blocco delle licenze e degli sfratti e ristoro dei costi fissi”. “Per noi è stato un successo la convocazione al Mef, ma le riaperture per protesta e per necessità continuano”. I ristoratori restano sul piede di guerra e chiedono ancora le dimissioni del ministro della Salute.

All’Osteria del Vecchio Orologio, lì dove Viterbo sembra borgo, per le architetture domestiche e l’alternarsi di cotto e pietra, e corte insieme in ricordanza dei fasti papali, è tutto pronto per ospitare i clienti. “Abbiamo aperto – sussurra quasi Paolo Bianchini presidente del Mio, movimento imprese ospitalità – per dare un segno, per rispetto dei tanti che non ce la fanno più, per dimostrare che ciò che abbiamo chiesto con la manifestazione del 6 aprile è la realtà dei fatti, anzi della crisi che non lascia scampo a noi ristoratori, come alle partite Iva, ai lavoratori dello spettacolo e dello sport. Ma io non vivo questa apertura forzata come un successo, il successo è stato invece d’esser riusciti a fa comprender le nostre ragioni”.

Paolo è al tempo stesso imprenditore e voce degli imprenditori, attore di una categoria e rappresentante di un disagio. Lo hanno accusato di aver fomentato la protesta ma a Beconomy vuole spiegare fino in fondo ciò che è accaduto davvero. “Mi pare che la risposta migliore, e che a me personalmente ha dato un’immensa carica di fiducia, sia stata quella del sindacato di polizia. Il Siulp con il suo segretario generale Felice Romano ha detto: “Siamo a fianco del nostro compagno (l’agente di polizia ferito in piazza Montecitorio ndr) ma anche dei ristoratori e di tutti quei lavoratori che sono rimasti senza risorse, il Governo li ascolti….”

Poliziotti e ristoratori uniti nella lotta?

“Agenti, ristoratori, ma tutti tutti quelli che chiedono una sola cosa: l’esercizio del primo dei diritti che è quello di lavorare. Noi al Governo di fatto chiediamo solo questo”.

Beh Bianchini non sembra: voi avete avanzato richieste precise…

“Sì, ma che sono l’estrinsecazione del diritto all’impresa, del diritto al lavoro, del diritto al futuro. Non lo dico io che hanno spaccato l’Italia in due tra garantiti e non garantiti. E noi insieme con gli altri che erano in piazza il 6 aprile siamo i meno garantiti. Chiediamo il blocco delle licenze per tre anni chiediamo la moratoria sui muti, l’azzeramento di tributi e tariffe per servizi di cui non abbiamo usufruito e il blocco degli sfratti, chiediamo il ristoro dei costi fissi e la riapertura dei locali. Ma tutto questi significa una cosa sola: chiediamo di poter lavorare. Lo dobbiamo ai nostri dipendenti che non hanno visto un euro da mesi, lo dobbiamo alle nostre famiglie, lo dobbiamo però anche al Paese, se non ripartiamo noi no riparte l’Italia”.

Perché annette questa grande importanza al suo settore?

“Mi pare evidente: noi come Mio rappresentiamo tutta l’ospitalità che significa turismo cioè il 15% del Pil, se ci mettiamo anche l’enogastronomia arriviamo a un quarto della ricchezza nazionale prodotta considerando che noi siamo il terminale di una filiera che parte dall’agricoltura. Ebbene a questo complesso di valori prima il governo Conte e ora il governo Draghi non hanno prestato nessuna attenzione”.

Beh però qualcosa si è mosso, si parla di riaperture, di ristori, non ha fiducia?

“Sì ho fiducia che portare avanti le nostre ragioni paga. Lunedì sarò al Mef a discutere delle misure che abbiamo chiesto. Matteo Salvini ha appoggiato in toto la nostra richiesta di blocco delle licenze, degli sfratti e di abbattimento dei costi fissi. Ho parato a lungo con l’onorevole Fabio Rampelli presidente dei deputati di Fratelli d’Italia che ci appoggia, e così anche Forza Italia. Abbiamo speranza di ottenere qualcosa di concreto, martedì sarò alla Camera dei deputati per un’audizione alle commissioni bilancio e industria. Mi sembra la migliore risposta a chi ci ha accusato di essere fascisti, di essere dei fomentatori e di non rappresentare nessuno. Certo però noi vogliamo risultati concreti. Anche perché diversamente le aziende muoiono, non abbiamo più margini.”

Lunedì 12 aprile però è annunciata un’altra manifestazione. Potete dialogare col Governo e contemporaneamente andare in piazza?

“La manifestazione non è nostra, è di chi è arrivato in ritardo o di chi ritiene che basta avere un po’ di visibilità per risolvere i problemi. Io quando ho visto quell’agente ferito mi sono sentito ferito nell’animo, noi del Mio, ma insieme alle altre sigle siamo andati in piazza per esporre le nostre ragioni, non per farci vedere né tanto meno per fare casino. A me il casino non piace: io sono un imprenditore che rappresenta altri imprenditori, gente che è abituata a lavorare seriamente. Non voglio portare a casa visibilità, io voglio portare a casa dei risultati”.

Però aprire contro le ordinanze è anche cercare visibilità e non stare alle regole…

“Ma se le regole sono ingiuste a un certo punto bisogna far esplodere la contraddizione. Ma il risultato noi lo abbiamo avuto: si parla di riaperture, si dice che il prossimo decreto conterrà molte delle indicazioni che abbiamo dato. Certo poi valuteremo dai dati di fatto”.

E le dimissioni di Roberto Speranza? Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto di averlo scelto e di riporre nel ministro della salute la massima fiducia. Non è una sconfessione delle vostre richieste?

“Noi continuiamo a ritenere indispensabili le dimissioni di Roberto Speranza, ma non per un calcolo politico, semplicemente per la constatazione della disastrosa gestione dell’emergenza virus. Il presidente Draghi ha sostenuto un suo ministro, bene. Ma ciò che sta emergendo sull’Oms, la confusione sulle zone gialle arancioni e rosse, il ritardo nella campagna vaccinale sono tutti elementi che pesano e si sono scaricati addosso a noi che siamo stati costretti a chiudere praticamente da un anno a questa parte.”

Si però Confesercenti, Fipe sono state fredde nei vostri confronti. Insomma non avete paura di rimanere isolati?

“A me pare che loro stiano venendo a rimorchio nostro. La Confesercenti si è mobilitata dopo di noi, la Fipe mi pare che non possa farlo. Loro hanno associato le aziende che fanno delivery, le grandi catene, fanno fatica a rappresentare gli interessi dei ristoranti veri, delle piccole imprese che fanno cucina di qualità, che sono l’anima dell’ospitalità italiana. Credo che sia vicino il momento in cui si porrà la questione di separare i destini e anche la rappresentanza di chi fa davvero ospitalità e chi fa semplice somministrazione. E anche su questo ci vogliamo vedere chiaro con il ministro Roberto Speranza. Dice di essere di sinistra, bene vediamo quali interessi rappresenta davvero: se quelli della piccola impresa, dei lavoratori dell’ospitalità o altri”

Bianchini un’ultima cosa: ma le ci crede nelle riaperture annunciate?

“A me non va di giocare a strega comanda color! Io so che noi imprese abbiamo speso soldi per adeguarci alle misure anti Covid, che siamo rigidissimi nel far rispettare tutte le norme di sicurezza, so che non c’è uno straccio di prova scientifica che nei ristoranti come nei teatri, nei cinema o nelle palestre o negli alberghi ci si contagi. Ora ci devono dire se intendono ascoltare le ragioni delle imprese e anche il desiderio del Paese di tornare ad una progressiva normalità o se intendono proseguire sulla strada della negazione dei diritti e della morte delle aziende. In quel caso ci troveranno pronti.”

A far che?

“A fare quello che abbiamo fatto: far valere le nostre ragioni che poi sono le ragioni di tutta l’Italia che vuole lavorare”.

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