RAGONIERI APRI? NO APRI LEI! IL FANTOZZIANO BALLETTO DELLA CLAUSURA

Siamo alla commedia dell’assurdo. Pur di non dare ragione alla Lega e a Fratelli d’Italia i parlamentari giallorossi votano per la loro inutilità. Lo scontro sulle riaperture sta diventando una spina nel fianco per Mario Draghi che annunci 40 miliardi di nuovi ristori ma deve prendere atto della spaccatura tra i rigoristi capitanti da Roberto Speranza e chi vuole tornare come Giancarlo Giorgetti alla normalità.

Si oscilla tra Tafazzi e Fantozzi dalle parti del Parlamento e di Palazzo Chigi dove è in atto un derby sulle riaperture tra i rigoristi capitanati da Roberto Speranza (molti lo danno sullo scivolo e lui si aggrappa al Comitato tecnico scientifico e alla serratura delle serrande) ministro un po’ meno in Salute e la pattuglia del centrodestra capitanata da Giancarlo Giorgetti ministro per lo sviluppo economico che ha chiaro che così il Paese non regge. Poi c’è il Pd che cerca di lucrare una rendita di contraddizione: con alcune facce (soprattutto quella bonaria di Stefano Bonaccini presidente dell’Emilia Romagna assai preoccupato per un possibile flop bis del turismo) dice di aprire e con altre come quelle di Francesco Boccia dice di chiudere. In mezzo a tutto questo c’è una pattuglia di parlamentari che nega se stessa dicendo: allontanate da noi l’idea che il Parlamento debba decidere!

Se non fosse che la Banca d’Italia ci ha detto che il Pil se va bene crescerà a fine anno del 4%, se non fosse che la Bce ci avverte che l’Europa si ripiglierà dalla pandemia solo nel secondo semestre del prossimo anno e l’Italia probabilmente più tardi (ci vediamo nel 2023 col segno più ma con il patto di stabilità di nuovo in vigore) sarebbe da comprare i pop corn e assistere a questa tragicommedia. Intanto Draghi chiederà alle Camere altri 40 miliardi o forse più di scostamento di bilancio per un altro sostegno e si spera stavolta tutto destinato alle imprese. Il 26 e 27 dovrebbe andare in aula a presentare anche il piano per il Recovery (che nel frattempo diventa sempre più magro e sempre più incerto) e darci un’idea del Def 8Documento di economia e finanza) che non lascia presagire niente di buono. Anche potrebbe ben dire il generale Francesco Paolo Figliuolo: il vaccin di manca sul ponte sventola bandiera bianca. Intanto Lega e Forza Italia con due esponenti di spicco come Giancarlo Giorgetti e Mariastella Gelmini annunciano che maggio sarà il mese delle riaperture, mentre il vecchio schieramento giallorosso in seno al Governo vuole la clausura a oltranza. A tenere banco è il Pd che sulla possibilità di riaprire il Paese per dare respiro alle categorie economiche, i non garantiti che nel retropensiero della sinistra sono tutti presunti evasori, fa come Penelope: di notte disfa quello che di giorno pare promettere. Ora ha stabilito quota 60 come traguardo. Peraltro i parlamentari della fu maggioranza giallorossa pur di non dare nessuna speranza agli italiani, ma tenendosi stretto Roberto Speranza, ministro (forse) della Salute, accettano di essere esautorati, anzi compiono il suicidio del Parlamento.

Fortuna che Giancarlo Giorgetti, il cauto ministro dello sviluppo economico, per tutti è il leghista delle istituzioni, dice una parola chiara: in settimana in consiglio dei ministri si discute di come e quando riaprire. Ma se questo accende un minimo di prospettiva in milioni d’imprese – ristoratori, partite iva, operatori turistici, della cultura, dello spettacolo e dello sport – che ormai esasperate hanno come estrema ratio la protesta di piazza, rende però palese che nel Governo la convivenza tra chi indulge alla dittatura sanitaria e chi invece pensa liberale e a liberare il Paese è sempre più complicata e il contrasto sempre più forte. Alla fine toccherà a Mario Draghi dare prova di pragmatismo: il presidente del Consiglio ha già chiesto al Cts di rivedere i protocolli per consentire una graduale riapertura delle attività e si sussurra che, dopo aver proclamato cinque giorni fa “a Salvini ho detto che ho voluto io il ministro della Salute, Speranza, nel governo e ne ho molta stima”, abbia già cambiato opinione. Di certo l’ha cambiata il Pd che torna sulla linea dura delle chiusure. L’ex ministro delle Regioni Francesco Boccia uscendo dal Nazzareno ha raccontato a Repubblica: “Abbiamo appena finito una segreteria del partito nella quale si è deciso che si potrà riaprire nel momento in cui saranno vaccinati tutti gli over 60”. Magari Boccia ha nostalgia del Pcus (il partito comunista dell’Unione Sovietica), ma si dà il caso che in Italia finché c’è la democrazia e quello che decide un partito conta solo se il Parlamento lo vota e il Governo lo attua. Il Pd però insiste anche col segretario. Enrico Letta parlando ai microfoni di Radio Immagina che diffonde urbi et orbi il verbo dei democrat ha detto agli iscritti chiaro e tondo: “Dobbiamo mettere la parola fine al toto data, crea un effetto di frustrazione nelle persone. Il tema è dire quando e a quali condizioni si riaprirà: la prima è aver vaccinato tutti gli over 60, la seconda un basso tasso di contagi per due settimane. Ma va approvato rapidamente un decreto Imprese per aiutare chi è stato costretto a chiudere.” Allora facciamo due conti. Se si prende per buona la ricetta del Pd di considerare la riapertura vaccinati i sessantenni se ne parla a inizio agosto. Il conto è presto fatto: gli over 60 in Italia sono il 33% della popolazione dunque 19 milioni e 800 mila persone. Dando per buono, ma così non è, che tutti i 4.018. 236 vaccinati finora siano ultrasessantenni ne restano da vaccinare 15.781764 a una media (che è quella attuale) di 260 mila dosi al giorno per una doppia somministrazione fanno 120 giorni per completare la copertura vaccinale.

Se ci accontentiamo di una dose sola il conto dice che l’hanno ricevuta 8.265.678 ultrasessantenni e dunque per iniettare una dose a tutti ci vogliono almeno 44 giorni, cioè se ne parla comunque a inizio giugno. I dem però sono così innamorati della clausura che costringono i loro deputati ad affermare che non contano nulla, anzi che sono inutili. In commissione sanità alla Camera ieri è stato presentato un emendamento di Fratelli d’Italia per obbligare il Governo a portare in aula l’eventuale proclamazione di zone rosse su cui si chiede che a decidere sia il Parlamento. Ovviamente il Governo si è opposto, Cinque Stelle, Pd, Italia dei Valori e Leu hanno già anticipato che voteranno a favore del Governo. Evidentemente hanno la sindrome dei Dpcm. In pratica i parlamentari decidono che non devono decidere. Questo fronte parlamentare contrapposto esplicita la frattura nel Governo. Se il Pd non cede, se Leu si arrocca attorno al niet di Roberto Speranza Lega e Forza Italia vanno in direzione opposta. Giancarlo Giorgetti è stato chiaro: “Presumibilmente maggio sarà un mese di riaperture e sebbene ci aspettassimo di più sul fronte del vaccini, il piano va avanti”.

La decisione sulle riaperture perciò “sarà presa probabilmente la prossima settimana dal Consiglio dei ministri”. A rafforzare questa posizione il ministro per gli Affari regionali la forzista Mariastella Gelmini, che già aveva annunciato parziali riaperture dal 20 aprile, ha ribadito: ” Maggio sarà il mese della riapertura di tutte le attività economiche. I ministeri stanno predisponendo i protocolli per riaprire anche gli eventi, le fiere, il turismo. Il presidente Draghi è il primo a volerlo fare, ma è chiaro che dobbiamo riaprire, non per avere qualche voto in più, ma consentendo al paese di non essere costretto poi a chiudere di nuovo.”

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