RECOVERY BLUFF ITALIA FLOP E A NOI RESTANO I BUFF

Si sentono gorgogliare gridolini d’entusiasmo: la ripresa, la ripresa, i soldi europei i soldi europei! Nessuno che dica la verità agli italiani: siamo messi malissimo. Le stime che indicano riprese miracolose nascondono la realtà: se va tutto benissimo recupereremo i soldi che avevamo nel 2019 nel 2023 in termini nominali. Ma l’inflazione se ne sarà mangiati un po’ e soprattutto avremo altri 200 miliardi di debiti. Ma contenti loro. PS. L’Europa ci chiederà conto, eccome!

Si fa fatica in questo paese a dire la verità. Ma mai come adesso ce ne sarebbe bisogno. Il fatto è che tutti sparano numeri e si nascondono dietro l’illusione ottica che i numeri medesimi danno: sembra tutto definito. E invece tutto va interpretato. Ieri l’Istat, seguendo stime non troppo dissimili da quelle fatte dal Fondo monetario internazionale, ci ha fatto sapere (sembra di sentire la marcia trionfale dell’Aida in sottofondo) che nel 2021 il pil crescerà del 4,7% più 0,3 per cento di quanto stimato nel Documento di economia e finanza del governo e nel 2022 del 4,4 %.

L’occupazione dice l’Istat andrà di pari passo. Ma aggiunge un sostanzialmente. Perché in realtà quest’anno perderemo posti di lavoro (già un milione è evaporato), recupereremo sempre che vada tutto bene l’anno prossimo, ma il tasso tendenziale di disoccupazione resterà inchiodato nei pressi del 10%. E già questa non è proprio una buona notizia visto che i redditi si continuano a contrarre e che viviamo una spaventosa crisi di domanda che non fa bene all’economia. Ma ora entriamo dentro il famoso rimbalzo del pil. Nel 2019 il nostro prodotto interno lordo era appena superiore ai 1800 miliardi. Lo scorso anno abbiamo perso l’8,9% (più del doppio della media mondiale! qualcuno dovrebbe ricordarlo a Giuseppe Conte, ma anche ad Enrico Letta visto che come al solito il Pd governava non avendo vinto le elezioni) che tradotto in cifre significa meno 160 miliardi. Dunque il mitico aumento previsto del 4,7 per cento quest’anno è pari a 77 miliardi il che vuol dire che rispetto al 2019 ce ne mancano ancora 83 e che comunque a fine anno il nostro Pil sarà pari a 1.717 miliardi. A cui però per stare a pari con i valori reali dobbiamo togliere 25 miliardi che sono quelli che si mangia l’inflazione prevista attorno all’1,5%. Se nel 2022 cresciamo del 4,4% rispetto a 1717 miliardi vuol dir che recuperiamo 77,5 miliardi che sommati ai 77 che forse recuperiamo quest’anno significa che stiamo a 152 miliardi di recupero e cioè 8 meno del 2019. Ma se calcoliamo l’inflazione allora l’aggancio in termini reali col 2019 arriva non prima della primavera del 2023.

Attenzione: nel frattempo dovrebbero essere arrivati i salvifici quattrini del Recovery Fund che sono pochi stramaledetti e neppure subito. Si è calcolato che al termine dei sei anni l’impatto sul Pil del Recovery sarà del 3 per cento. Il che significa che l’economia italiana crescerà (di media) dal 2021 al 2027 di uno 0,5% in più per effetto di quei quattrini. Ma attenzione un 3 per cento in più a valore 2021 significa una crescita di 51,5 miliardi. Ma il nostro Recovery quota solo di prestiti 127 miliardi! Questo è il vero bluff! Lo abbiamo scritto in tutte le salse che il vantaggio vero dei soldi europei è non più di 30 miliardi a fronte però di un incremento di tassazione. E ora sarà anche il caso di dirsi che se il Recovery è un bluff l’Italia con questi numeri non è affatto lanciata verso la ripresa, ma verso un flop.

Anche perché ci sono altri dati di cui i dispensatori di ottimismo a gettone non tengono conto o che tengono debitamente – mai avverbio fu più calzante – occultati. Affronteremo prossimamente il bluff del Recovery in dettaglio (basti dire che siamo insieme a Cipro e Grecia il solo paese che prende anche la parte a debito del Next Genaration Ue, che l’Ue emette bond per 80 miliardi per finanziare il programma mentre gente come Biden ci ha messo su 2800 miliardi di dollari e Boris Johnson 900 miliardi di sterline) ma ciò che ora ci interessa è dire che tutte le materie prime sono in rialzo e che c’è anzi penuria di materie prime (per dirne una finirà che non possiamo inscatolare i pomodori perché mancano i barattoli di latta causa sottoproduzione di acciaio), che la Cina sta mangiandosi tutte le risorse, che il petrolio vede quota 90 dollari al barile e che negli Usa l’inflazione, spinata dalla formidabile ripresa economica, comincia a indurre la Federal Reserve a riconsiderare la politica dei tassi. Ciò significa che anche la Bce dovrà prima o poi alzarli e che spenderemo molto di più per finanziare il nostro debito cresciuto anche perché abbiamo abboccato al Recovery Fund.

In Europa lo sanno ed ecco che il mite Paolo Gentiloni, commissario all’economia, è costretto a dirci: state attenti al debito. Anche perché il suo capo Vladis Dombrovsis ha già detto che dal 2023 torna il patto di stabilità 860% debito/pil, 3% deficit/pil e chi non ci rientra paga dazio) e ci ha mandato a dire che il blocco dei licenziamenti è stata una pessima idea. Ma nessuno di questa rampogna europea se ne cura. Pare che Bruxelles vada bene solo quando c’è da maltrattare i sovranisti che sarebbero poi quelli che  osano chiedere: com’è che Romano Prodi ci disse portandoci nell’Euro che avremmo lavorato un mese in meno guadagnando un mese di più e adesso siamo in stato di prefallimento? Dai conti che abbiamo visto sappiamo che noi nel 2023 avremo forse recuperato in termini nominali il Pil del 2019 con l’aggiunta però di altri 300 miliardi di debito (127 dal Recovery, il resto sono gli scostamenti di bilancio pandemici). Ed ecco che Scheuble (l’ex ministro delle finanze tedesco oggi presidente del parlamento germanico) con un bell’articolo sul Financial Time ci fa sapere che i tedeschi non si fidano del nostro debito e che noi dobbiamo tirare la cinghia. Morale vogliono farci ammazzare di tasse ed espropriare la ricchezza privata italiana. Questo è il perimetro del vero campo da gioco. Alla prossima puntata per esaminare gli schemi.

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