PIRANDELLO E IL RHETORIC FUND “COSI È (SE VI PARE)”

Si levano alti i peana per l’arrivo di Ursula Von der Leyen e con lei dei 25 miliardi europei. E’ tutta una finzione e infatti va in scena a Cinecittà. La realtà è altra e  durissima anche se tutti fingono di non vederla. Solo l’Europa sa che finalmente può mettere il cappio al collo a quei maldestri degli italiani.

Tra squilli di tromba e monumentali scenografie è arrivata a Cinecittà (il luogo è emblematico) nel giorno del Rhetoric Fund la signora Frola nei panni di Ursula Von der Leyen. Chi tra i lettori di questa modesta riflessione è aduso al teatro (pare che ci faranno tornare in platea, che gran concessione ci offre il potere che da sempre ha avuto paura dei teatranti!) riconoscerà che questa storia dei soldi europei è molto pirandelliana. E’ un gioco a nascondere la verità. Facciamo un esempio. La stampa di regime plaude all’arrivo della prima tranche dei soldi che l’Europa ci dà: il 13 per cento di anticipo, 25 dicansi venticinquemiliardi!, evviva con le bandierine. Ci mancavano le scolaresche perché la scuola anche in Dad è finita ed è un vero peccato perché la Befana europea (senza offesa frau Ursula) si meritava una cornice di fanciulli festanti. Insomma una citazione da Ettore Scola alla signora Von der Leyen potevano pur farla, in fin dei conti anche questa è per l’Italia, ottantatré anni dopo, una “giornata particolare”. Bene i giornaloni nella loro ansia da prostrazione al potere affermano una verità attraverso tre bugie. Non sono soldi dell’Europa perché li paghiamo noi e carissimo prezzo, non arriva un bel nulla perché prima di averli dovremo aspettare almeno altri due o tre mesi (e si arriva sotto legge di bilancio e ci sarà da ridere!) e non sono una cifrona. Il 100 per cento di 25 miliardi fa 192 miliardi, lontanissimi dai 240 miliardi che tutti dicono ci arriveranno dall’Europa. La ragione è semplice: ci hanno ridotto il contributo a fondo perduto che è scalato sotto gli 80 miliardi e resta intatta la quota a totale debito dell’Italia: 127 miliardi. E come si fa ad arrivare ai 240 miliardi strombazzati?

Semplice: con altri debiti. La signora Von der Leyen è arrivata festante e festeggiata perché noi abbiamo finalmente messo il collo nel cappio tedesco. Si dirà, ma ora c’è Mario Draghi, signore d’Europa e ci protegge lui. Il povero Mario in questa piece teatrale assomiglia tanto al consigliere Agazzi che cerca invano di metter d’accordo la signora Frola con il signor Ponza (i partiti italiani) che a un certo punto si dovranno rendere conto che l’Europa ci sta fregando. Sarà allora che si presenterà la seconda moglie di Ponza, magari velata dicendo: “Io sono colei che mi si crede”. E proviamo a toglierlo questo velo. Il Rehtoric Fund sono due spicci perché se fate i conti ve ne rendete conto da soli. 192 miliardi in sei anni fanno  32 miliardi all’anno. Di questi quelli reali a fondo perduto sono 65 (ma 50 in sei anni dobbiamo metterli noi nel bilancio comunitario) dunque il vantaggio netto sono 15 miliardi in sei anni, cioè 2,5 miliardi ogni 12 mesi. Tutto il resto è nuovo debito. E tanto per avere una misura in un anno e mezzo di pandemia con le scellerate misure del bisConte e quelle lentissime di Draghi abbiamo fatto uno scostamento di bilancio per 140 miliardi. Stiamo ragionando di questo! Non si capisce perché non si dica la verità su questo Rhetoric Fund! E non si capisce perché non si dica al paese che la situazione economica è durissima.

Si sta celebrano l’arrivo della Von der Leyen come se i 25 miliardi fossero già versati. E anche questo non è vero. I soldi arriveranno, se arriveranno, non prima di settembre. Perché? E’ presto detto. Ci hanno riempito di bugie dicendo: al piano dell’Italia tutti 10 tranne un giudizio attenuato sui costi e ora arriva il fiume di miliardi (nostri e di debiti nostri). Non è così. E’ solo il sì della Commissione europea, a cui deve fare seguito quello del Consiglio d’Europa (con alcuni Pesi che non hanno ancora ratificato il Next Generation Ue) e poi devono arrivare i versamenti. Giusto perché si abbia un’idea di come stanno davvero le cose per il 2021 l’Europa ha previsto di emettere titoli di debito a lungo termine per finanziare il Next Generation Ue persoli 80 miliardi. Vuol dire che vanno con i piedi di piombo. A questo coro di evviva nessuno oppone che prima di darci i soldi (in larghissima parte nostri) l’Europa ci chiede di abolire la plastica anche quella bio di cui l’Italia è leader nella produzione, di accettare il Nutri-score che condanna tutto il nostro agroalimentare (un quarto del pil, sia detto per inciso), di accettare una Pac punitiva per le colture mediterranee (con tanto di farina di vermi, latte di piselli e vino senza alcol), di accettare vincoli bancari a geometria variabile (valgono per noi, ma non per Francia e Germania) di tenerci i migranti senza contropartita in denaro che va invece ad Erdogan e alla Turchia, di ritirarci dalla Libia e dal Mediterraneo. E queste sono solo le prime conseguenze.

Perché poi ci sono i problemi legati alle riforme. Quella sulla giustizia che in Italia non si fa perché la casta delle Procure si è messa di traverso e solo i referendum popolari (ma ci torneremo) potrebbero sbloccare la situazione, quella sugli appalti che deve rendere ancora più permeabile la nostra economia alle imprese straniere, quella sulla pubblica amministrazione che è di la da venire e quella fiscale che deve contenere il sogno antico di tedeschi e paesi frugali: mettere le mani sulla ricchezza privata degli italiani. Non una di queste riforme che sono una condizionalità stringente per il Rhetoric Fund (lo chiamano Recovery, ma è un nome di fantasia visto che non si recupera un accidente nulla) sarà approvata da questa maggioranza. E’ vero che stiamo arrivando al semestre bianco (e le Camere dunque non possono essere più sciolte) ma ciò che resta dei Cinque Stelle sulla prescrizione non molla e il Pd che spera di pigliarsi quei voti non forzerà sulla giustizia, Draghi c’imporrà una patrimoniale alla fine compensando forse con un ritocco delle aliquote, ma non è una riforma fiscale e infatti l’occhiuto esattore Enrico Maria Ruffini ha già cominciato a suonare la grancassa della lotta all’evasione che è come il beige: sta bene su tutto. Quanto al resto non c’ è tempo. Ed ecco perché la Befana europea viene sorridente. Perché sa che non faremo le riforme e quel cappio che noi oggi ci mettiamo al collo come un ornamento verrà subito stretto. Il bello è che ce lo hanno anche detto. “Er moviola”, al secolo Paolo Gentiloni (Pd) commissario (si fa per dire) europeo all’Economia, lo ha sancito: “L’Europa sulle riforme italiane è scettica, fortuna che c’è Draghi, ma saremo molto vigili”. Il fatto è che Draghi non è il Parlamento e le riforme da lì devono passare ed è complicato pensare che si faccia in un anno e mezzo di campagna elettorale (tanto manca al voto politico) ciò che non si è fatto in trent’anni.

Questo spiega anche perché non si voglia derogare all’emergenza da virus cinese. E’ l’unico escamotage che Draghi ha in mano per forzare in virtù del “regime speciale” la mano alle Camere su alcuni provvedimenti che devono esser presi per sperare di ricevere dall’Europa quei soldi che in larga parte sono nostri e in larghissima parte sono nostro ulteriore, forse insostenibile, debito. La partita che Draghi si gioca è quella della ripresa: e cioè che l’economia corra più del debito e che l’Europa si accontenti di questa performance senza ripristinare i vincoli di bilancio. Speranza aleatoria: dipende molto da come vanno le elezioni in Germania a settembre e poi da quelle francesi il prossimo anno. Ma qui c’è un limite di Draghi: lui ragiona da banchiere e non tiene conto dell’elemento psicologico.

Monitorato il sentimento degli italiani purtroppo resta pessimista. Troppi indicatori segnalano che la nostra ripresa è fragile, che la crisi di domanda rischia di avvitarsi sull’inflazione, che alcuni nostri motori economici (il turismo, per dire il primo, con l’Europa che ci darà il green pass a luglio quando i buoi delle vacanze sono scappati dalla stalla italiana) non girano al massimo. E però tutti a festeggiare. Nei prossimi giorni faremo i conti per spiegarci meglio. Ora lasciate che mentre ci specchiamo nel Rhetoric Fund indossiamo i panni del signor Laudisi con questo accennato monologo: “ Eh caro! chi è il pazzo di noi due? Eh lo so: io dico Tu! e tu col dito indichi me. Va là che, a tu per tu, ci conosciamo bene noi due. Il guaio è che, come ti vedo io, gli altri non ti vedono… Tu per gli altri diventi un fantasma! Eppure, vedi questi pazzi? senza badare al fantasma che portano con sé, in se stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! e credono che sia una cosa diversa”. Se non lo avete capito la commedia a cui ci riferiamo è  di Luigi Pirandello: “Così è (se vi pare”.

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