IL PIATTO POVERO DELLE PENSIONI ARDE SUI VELENI DELLA CAMPAGNA ELETTORALE

Se potessi avere mille lire al mese
Senza esagerare, sarei certo di trovare
Tutta la felicità…”
Sorniona, ironica, realistica, è la canzonetta che ci risuona nelle orecchie mai démodé e oggi più moderna che mai. Profetico fu Gilberto Mazzi che con questa musichetta sbancò, correva l’anno 1939. Un’era fa. Chissà se il Cavaliere che di sentiment nazional popolare ne sa eccome, si sia ispirato al refrain in questione cambiando le lire in euro e rilanciando così il suo inossidabile cavallo di battaglia. Sai com’è, il fascino dell’impresa dei mille in Italia è sempre un ever green, un’impresa ancora sostenibile.

E già, perché nell’affannosa ricerca del centro di gravità permanente intanto come sicuro tema di centro e al centro sono rimaste solo le pensioni con la vasta categoria dei pensionati e i nostri nonnini che al voto hanno il loro peso grigio specifico. Così il tema è tornato impetuosamente al centro della già avvelenata campagna elettorale anticipata del 25 settembre.

Dopo Silvio ecco che ( va detto che la proposta è stata già in passato rilanciata da Fratelli d’Italia e da finanziare con un taglio al reddito di cittadinanza) la Lega ha già riproposto Quota 41 (la possibilità di uscire con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età mentre nel centrosinistra ancora non ci si è espressi, ma il Pd punta a confermare e rafforzare Ape sociale e Opzione donna. Mentre nel M5S trova strada la proposta di andare in pensione a 63 anni col contributivo, a cui si aggiunte la parte retributiva a 67 anni. Con in aggiunta il riscatto gratuito per la laurea. Il tema scotta perché più di un italiano su 3 prende meno di 1.000 euro e senza un un intervento, nel 2023 tornerebbe operativa la legge Fornero e sono diverse le proposte avanzate da sindacati o partiti per sostituirla. Alla fine del 2021 i pensionati erano 16 milioni, con una spesa complessiva lorda di quasi 312 miliardi: il 32% (circa 5 milioni e 120mila persone) percepisce meno di 1.000 euro

Ma il tema bolle anche i dati oggettivi. Alla fine del 2021 i pensionati erano 16 milioni, con una spesa complessiva lorda di quasi 312 miliardi (+1,55% sul 2020). L’importo medio percepito è di 1.620 euro al mese, Più di 1 italiano su 3, il 32% del totale, percepisce meno di 1.000 euro al mese: si tratta di circa 5 milioni e 120mila persone. Una platea ampia, che sale al 40% del totale se si considerano solo gli importi delle prestazioni al lordo dell’imposta personale sul reddito. Lo stesso Draghi, nei giorni scorsi, ha calcato sulla necessità di “una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita in un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo”.

Ma le ultime della politica non sembrano sposare con questa visione. Confronto aperto tra governo e parti sociali. I sindacati chiedono un maggiore flessibilità in uscita a partire dai 62 anni e una misura che possa rappresentare una garanzia per i lavoratori più giovani o come altra soluzione, i 41 anni di contribuzione. E l’Inps? Il presidente Pasquale Tridico ha ipotizzato la possibilità di una pensione anticipata a 63-64 anni con la sola quota del contributivo, alla quale si aggiungerebbe poi l’ulteriore quota a partire dai 67: una soluzione che costerebbe circa 2 miliardi e mezzo in più per i primi anni ma risparmi a medio termine.

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