PIL IN CRESCITA, PARLANO I NUMERI CONTRO I GUFI CHE CIARLANO DI ECONOMIA

Nel secondo trimestre il Pil dell’Italia è cresciuto del 1% , con una proiezione per fine anno di + 4,6%.  Nello stesso periodo l’Eurozona ha registrato una crescita dello + 0,6% ( +0,7% la media Ue), con una proiezione per fine anno di un + 4%. I dati offrono interessanti elementi per alcune considerazioni oggettive.

La prima: per lunghissimo tempo, oltre 80 trimestri consecutivi (più di 20 anni) la performance dell’Italia rispetto la Ue è stata peggiore in ogni fase del ciclo economico: quando la Ue cresceva, l’Italia cresceva di meno e  quando l’economia andava male in Europa in Italia andava peggio. Da 18 mesi questo trend di lunghissimo periodo si è interrotto: nel 2021 l’Italia ha fatto meglio della Ue, nel 2° trimestre 2022 ha fatto meglio della Ue e al 30 giugno si prevedeva analogo risultato per tutto il 2022.

La seconda: il declino del Paese non è inevitabile e poiché non si interrompe un trend ventennale per caso, si deve concludere che il Governo Draghi stava facendo molto bene: pazzesco aver interrotto l’opera del Governo senza alcun motivo razionale.

La terza: il Pil dell’Italia ha recuperato i livelli pre-pandemia, quelli del 2019. Il punto è che il livello del 2019 è quello del 2000, unico caso in Europa; persino la Grecia è cresciuta di più. All’Italia mancano 20 anni di crescita, proprio quelli a cui facevo riferimento. Paradossalmente, nel medesimo periodo il nostro debito pubblico è cresciuto a dismisura, più che in ogni altro Paese; l’incremento  del debito destinato a spesa assistenziale ed improduttiva, ha dunque peggiorato la crescita economica e la qualità della vita dei cittadini, piuttosto che migliorarle. Difficile immaginare qualcosa di più negativo.

La quarta: nonostante la crisi energetica e la guerra tutta la Ue cresce (+ 4%); la Russia, nonostante i prezzi altissimi del gas, no. Le stesse cifre presentate dal Governo Russo (sulla cui attendibilità è lecito avere più di un dubbio, essendo molto probabilmente edulcorate) parlano di un Pil a meno 4,6% con una inflazione al 15%. I numeri dimostrano che l’affermazione secondo cui le sanzioni fanno male alla Ue e non alla Russia è una sonora castroneria, che speriamo di non sentire più.

* Economista Università di Torino

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