L’EREDITÀ DI MARIO DRAGHI: CHI LA “TOCCA” SI BRUCIA. AVVISO AL GOVERNO CHE VERRÀ

Il ceto produttivo del Paese rimarrà a giorni privo della leadership di Mario Draghi. È ovviamente un vulnus alla credibilità dell’Italia proprio nel momento in cui a livello mondiale viene riconosciuta la statura del nostro Presidente del Consiglio e nel momento di terribile difficoltà dell’economia stretta tra inflazione, rialzo dei tassi, crisi energetica e guerra alle porte dell’Europa.  Il grande rammarico di perdere (per motivazioni di una mediocrità desolante) una leadership di tale statura, può essere temperato da tre grandi eredità che il Governo Draghi lascia al paese.

1) innanzitutto, l’aver assicurato la sopravvivenza energetica del Paese sostituendo a tempo di record la dipendenza dal gas russo (figlio di decenni di cecità politica, o peggio di complicità) con forniture alternative. Certamente il paese sconta i prezzi folli delle materie prime energetiche, ma almeno ha la sicurezza delle forniture. E decisamente non è poco, né scontato. Altri Paesi europei non hanno questa certezza (anche per motivi infrastrutturali). Draghi ha messo in campo quella tempestività che sin dai tempi della pandemia, nella sua lettera al Financial Times, aveva chiaramente indicato come indispensabile nei momenti di crisi. La reazione agli shock economici deve essere immediata, altrimenti è inutile.

2)  Il governo lascia al paese il PNRR in piena marcia, dando dimostrazione nell’esecuzione del programma di serietà, efficienza, rispetto dei tempi e degli impegni (cosa tutt’altro che semplice). Proprio il rispetto degli accordi è condizione essenziale per mantenere la credibilità del Paese a livello internazionale e l’implementazione concreta del PNRR  è condizione essenziale per la sopravvivenza del Paese.

3) Infine, il Governo Draghi lascia a tutto il Paese, e soprattutto al ceto produttivo la certezza che il declino non è inevitabile, che il lento spegnimento dell’economia non è irreversibile e che il sistema produttivo italiano ha le potenzialità per invertire quella tendenza alla stagnazione che ha caratterizzato i nostri ultimi decenni. Ciò a condizione ovviamente che gli italiani scelgano di volerlo fare abbandonando i populismi che conducono soltanto a derive finanziarie e conseguente sfaldamento sociale.

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