Il BOOM DELLA BORSA ITALIANA NEL 2023 È SOLO UNA BOLLA SPECULATIVA
Tanto per cambiare vorrei iniziare il nuovo anno scrivendo qualcosa completamente controcorrente. Il 2023 si è concluso con la Borsa italiana che ha realizzato il miglior risultato di tutte le borse europee: +28%. Ma siamo sicuri che sia una buona notizia? Certamente si, per chi ha scelto correttamente il timing di entrata ed uscita. Chapeau. Ma per il sistema Paese è una buona notizia, o meglio è un indicatore di una economia che funziona? Proviamo a ragionare. Con un Pil che è cresciuto di zero virgola qualcosa ed un tasso di inflazione intorno al 5%, certamente in un anno non può essere salito del 28% il valore reale (e neanche quello nominale) delle società quotate. Mi da piuttosto l’impressione di un incremento di valore dovuto fondamentalmente allo scambio a prezzi crescenti dei (pochi) titoli con flottante degno di tale nome, avvenuti sempre tra gli stessi operatori. Detto senza giri di parole, una bolla speculativa.
Proviamo a guardare il fenomeno da un’altra angolazione, quella più concreta ed importante per il Paese. Quanto nuovo capitale è giunto all’economia reale tramite il canale del mercato borsistico che, per elezione, dovrebbe svolgere esattamente questo compito? Nel 2023 ci sono state ben 36 nuove quotazioni a Piazza Affari; un numero considerevole, ma da confrontare con 26 delisting. Il dato delle nuove quotazioni si sgonfia ulteriormente se consideriamo i capitali raccolti che ammontano appena a 1,5 miliardi per le quotazioni iniziali (Ipo) e 620 milioni per gli aumenti di capitale, in totale meno di 2,2 miliardi, pari a 37 euro a testa per ogni italiano. E questo credo che sia il dato sul quale concentrare l’interesse. A fronte di una ricchezza finanziaria stimata in Italia in oltre 5.500 miliardi (e senza considerare i capitali che dovremmo essere in grado di attrarre dall’estero) la nuova finanza che potrebbe essere migrata dal risparmio improduttivo all’economia reale via Borsa nel 2023 vale al massimo 2,2 miliardi. Dato ottimistico, perché una parte di questi capitali proviene sicuramente da disinvestimenti. Una economia matura come la nostra non può crescere senza un mercato Borsistico degno di tale nome. A quando una riflessione seria?
*Economista