Il Governo ha approvato con il Decreto Coesione una serie di misure volte a migliorare la situazione dell’occupazione nel Paese.
Esprimere una valutazione seria sul punto è impossibile, perché la misura ripete gli stessi errori metodologici costantemente commessi nel passato. Precisamente, manca l’indicazione degli obiettivi che si intendono raggiungere, in quanto tempo e di come misurare i risultati ottenuti. Inoltre, manca la prospettazione di uno scenario controfattuale, e cioè cosa è prevedibile possa accadere in mancanza dell’intervento approvato (anche se nessuno ha la sfera di cristallo). Il metodo che si richiede non è niente di straordinario; è quello che qualunque soggetto economico razionale elabora quando decide di spendere risorse economiche (per ottenere quali risultati, in quali tempi e come poter valutare il raggiungimento degli obiettivi), a maggior ragione se le risorse, come in questo caso, devono essere prese a debito.
Mancando questo tipo di analisi, le misure approvate sono solo improvvisazioni, scelte fatte a caso, della serie “cosa ci possiamo inventare per dire qualcosa in occasione del 1° maggio”.
Ciò premesso, si possono svolgere alcune considerazioni sulla principale di queste misure adottate: l’ennesima riproposizione della cd “decontribuzione”. In sintesi, per le assunzioni di giovani, donne e altre categorie in difficoltà effettuate da Luglio 2024 a Dicembre 2025 è concesso l’esonero dal pagamento dei contributi per un importo massimo di 500 euro mensili e per 24 mesi. Sono previste deroghe ed ampliamenti delle decontribuzioni in casi specifici.
Su questo tipo di politiche per il lavoro, non si vuole trarre nessun insegnamento dal fallimento delle precedenti analoghe misure. Ad esempio, nel 2015 (Governo Renzi) fu varato un provvedimento del tutto analogo per gli anni 2015-16-17 (al tempo indirizzato ad incentivare i contratti a tempo indeterminato). Si spesero 16 miliardi senza alcun risultato stabile nell’occupazione; al termine del periodo di decontribuzione, le assunzioni si stabilizzarono ad un livello inferiore rispetto quelle registrate prima dell’incentivo (i numeri precisi su queste colonne di Italia Oggi del 30 marzo 2024).
* Economista