SALDITALIA

Capitolo autostrade e Nuova Via della Seta. Anche qui il discorso è simile: non c’entra l’Europa, ma il futuro di Autostrade per l’Italia sembrerebbe essere quasi più condizionato da interessi stranieri che non da quelli nazionali. Il motivo è semplice: Cina e Germania hanno una partecipazione all’interno di Aspi. Appia Investment, un fondo sottoscritto dal gruppo tedesco Allianz, Edf Invest e Dif, controlla il 7% del 12% venduto da Atlantia mentre il restante 5% è nelle mani del Silk Road Fund, che risponde a Pechino. Vale infine la pena spendere due parole sulla Nuova Via della Seta, uno strumento interessante ma anche una lama a doppio taglio per gli interessi nazionali. Soprattutto se, come sta dimostrando il governo giallorosso, non ci sono idee chiare su cosa ottenere e su come far ripartire l’Italia.
A questo punto ritornano in mente le parole di Alain Minc sull’avidità degli stranieri, non sui territori, ma su migliaia di piccole e medie aziende italiane che sono l’indotto strategico per le più grandi imprese europee e in alcuni casi delle imprese di tutto il mondo.
Il calcolo è che ci siano circa 250mila aziende italiane, piccole medie in difficoltà, che tra qualche mese avrebbero convenienza a vendere la loro realtà a quelli per cui già lavorano e forniscono “pezzi” per grandi realizzazioni industriali. Passeremmo così, nel giro di un trentennio circa, dalla “stagione delle privatizzazioni” alla “grande svendita”. È un disastro da evitare a tutti i costi.

Prof Antonio Galloni

E’ il sig. REN JIANXIN, lo descrivono persona pacata, amabile, disponibile con i media, è una delle persone più potenti al mondo ed uno degli ultimi padroni dell’AZIENDA ITALIA in FALLIMENTO. Questo il suo profilo:
• Dispone di una liquidità monetaria stimata in circa 500 miliardi di dollari, tanto per capirci, pari al PIL di Grecia, Portogallo, Slovenia, Croazia Macedonia tutte insieme
• Membro permanente del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese
• Presidente della ChemCi (China National Chemical Corporation) la più importante azienda chimico- farmaceutica del mondo
• Proprietario della PIRELLI
• Proprietario del 36 % delle POSTE ITALIANE
• Proprietario di oltre 345 AZIENDE quasi tutte agricole EX ITALIANE
Il sig. Ren Jianxin ha acquistato di recente la SYNGENTA, società ex SVIZZERA,  la più importante azienda europea produttrice di sementi e pesticidi.
Il sig. Ren Jianxin è così potente che ha scalzato la MONSANTO, l’azienda americana leader dei pesticidi (quella del GLIFOSATO).
Questo significa che, con la acquisizione della SYNGENTA, il sig. Ren Jianxin sarà il padrone assoluto dell’agricoltura, deciderà lui come, a quale prezzo e quali sementi vendere ai nostri agricoltori.
Questo significa anche che domani, il sig. REN JIANXIN deciderà se i nostri agricoltori dovranno seminare pomodori o zucchini: avete capito bene ?
Ma, d’altra parte, la scalata della CINA alle nostre ricchezze, non è cosa di questi giorni: è da tempo che i cinesi hanno fiutato l’opportunità di comprarsi le nostre eccellenze con quattro soldi.
Sono 830 le aziende italiane, per un valore di 101 MILIARDI di Euro (qui il file pdf: Elenco aziende italiane acquisite all’estero ) che dal 2008 sono passate, in tutto o in parte,  in mani straniere.
Alcune:
BULGARI
PARMALAT
AVIO
ANSALDO
VALENTINO
KRIZIA
Ma la CINA la sta facendo da padrona. Le principali operazioni:
• CDP RETI
(Oltre alla PIRELLI, Il colosso cinese pubblico China State Grid nel 2014 ha comprato il 35% di Cdp RETI (settore eletrico) da Cassa Depositi e prestiti investendo 2 miliardi di euro. Quella cinese è la più grande utility elettrica del mondo e acquisendo la maggioranza relativa di Cdp reti mette le mani anche su Snam e Terna che Cdp reti partecipa al 30%.
• ANSALDO ENERGIA
La Shanghai electric group nel 2014 rileva il 40% di Ansaldo Energia per 400 milioni di euro. Shanghai Electric, colosso mondiale nella produzione di macchinari per la generazione di energia e attrezzature meccaniche, capitalizza oltre 5 miliardi di euro. L’operazione viene realizzata con ilò Fondo strategico italiano che aveva acquistato da Finmeccanica e dal Fondo First Reserve una quota dell’85% di Ansaldo Energia.
• OLIO SAGRA
Nel 2014 anche il gruppo oleario toscano Salov, proprietario dei marchi Sagra e Filippo Berio è finito nel carrello della spesa del gruppo cinese Yimin, una sussidiaria del gruppo Bright Food. Un’operazione che ha permesso al colosso del comparto alimentare di base a Shanghai, con un giro d’affari di 17,3 miliardi di dollari, di subentrare nel controllo della Salov investendo 110 milioni di euro.
• FERRETTI YACHT
Risale ormai a quattro anni fa l’incursione marittima del gruppo cinese Shig-Weichai che nel 2012 ha preso il controllo del maggiore produttore mondiale di yacht di lusso, l’italiano Ferretti. Con un’operazione fulminea il produttore cinese di macchinari Shandong Heavy Industry Group (Shig), grazie a un accordo raggiunto con i creditori, per un costo complessivo di 374 milioni di euro – di cui 178 milioni in investimenti e 196 milioni per il finanziamento del debito del gruppo – ha rilevato il 75% del gruppo nautico italiano più famoso nel mondo.
• KRIZIA
Nella lista della spesa dei cinesi in Italia non poteva mancare una firma della moda. Si tratta di Krizia, il marchio di abbigliamento fondato nel 1956 da Mariuccia Mandelli. Il marchio è stato venduto al gruppo cinese Shenzhen Marisfrolg dell’imprenditrice-aspirante stilista Zhu Chongyun, che ne diventerà presidente e direttore creativo. Un’operazione , siglata nel 2014, del valore di 25,5 milioni di euro per un brand che, archiviati da tempo i fasti degli anni 90, rimane comunque un pilastro dell’ascesa dell’alta moda made in Italy nel mondo.
Per non parlare poi di due delle principali squadre di calcio nazionali: MILAN  e INTER
E ancora : la Banca del popolo cinese a luglio ha acquistato quote di
• FIAT-CRYSLER (177 milioni di euro per il 2 per cento delle quote),
• TELECOM ITALIA (310 milioni per il 2,081 per cento) e
• ASSICURAZIONI GENERALI (475 milioni per il 2,014 per cento). A marzo era toccato a
• ENI (1,4 miliardi per il 2,1 per cento della società petrolifera) ed
• ENEL (734 milioni per il 2,07 per cento).
E tutto questo, in sordina, poche e scarse notizie su RADIO, TV e pochi GIORNALI ne parlano.
Roma – Secondo i dati diffusi da Coldiretti/Filiera Italia, in occasione delle recenti festività le perdite sono state di circa 500 milioni di euro rispetto allo scorso anno. “Il vino è stato sicuramente uno dei prodotti più colpiti”, commenta Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, all’agenzia Agi. “Sono i vini di maggior valore ad averne risentito maggiormente considerando che il consumo del vino nella ristorazione rimane concentrato soprattutto a cena quando i ristoranti sono ancora incomprensibilmente chiusi anche nelle regioni gialle, quindi a basso rischio”. Decisivo poi il crollo del canale Horeca, che ha lasciato le eccellenze made in Italy “senza un adeguato canale di valorizzazione”. Prosegue Scordamaglia: “Pensare che sia un bene trovare prodotti di grande qualità sugli scaffali dei discount è un errore, è l’anticamera del fallimento: stiamo svendendo il made in Italy”. La caduta libera dei prezzi di certe referenze non fa bene al comparto. “È anche per questo che l’intera filiera agroalimentare italiana, compresa una parte rilevante della distribuzione, è alleata nel contrasto alle pratiche commerciali sleali la cui normativa è oggi in discussione in Parlamento”. Sul tema, il consigliere delegato di Filiera Italia aggiunge: “Pensare che alimenti di alto valore aggiunto come quelli citati  possano essere svenduti al di fuori del canale della ristorazione diventando improvvisamente più accessibili al consumatore a prezzi spesso inferiori agli stessi costi di produzione è ovviamente sbagliato”.
In questi giorni a tutti i parlamentari italiani è stata recapitata una rivista bilingue, Cinitalia, un prodotto di China Media Group, il colosso dell’informazione e della propaganda del governo cinese oltre i confini del Paese del Dragone. Basti pensare che Cctv e Cgtn (quest’ultima dichiarata dall’amministrazione statunitense un “agente straniero”) fanno parte del gruppo. “Sembra fatto apposta per ammorbidire l’opinione pubblica in questa fase così delicata”, sbotta al telefona con Formiche.net un deputato: siamo davanti a “una continua captatio benevolentiaein una fase emergenziale come questa”. Il timore è che dopo gli “aiuti” e i tentativi di seduzione Pechino presenti il conto, un conto che sarebbe saltato per la sicurezza nazionale. Leggasi 5G.

La rivista ha due direttori, Jin Jing a Pechino e Giovanni Cubeddu a Roma, ed è realizzata in collaborazione con l’ambasciata cinese a Roma, l’ambasciata d’Italia in Cina (guidata fino a pochi mesi fa dall’ambasciatore Ettore Sequi, ora capo di gabinetto del ministro degli Esteri Luigi Di Maio), Uni-Italia, Camera di commercio italiana in Cina, Camera di commercio italo cinese e Chinaplus Technologies, il gruppo che ha sviluppato, tra le altre, l’app Cinitalia, “che offre notizie e servizi tra Cina e Italia”.

LA SEDUZIONE CINESE…
Nelle prime pagine del numero 1/35 del 2020 di Cinitaly c’è il racconto dei risultati della Repubblica popolare nell’ultimo anno. Si continua con alcune pagine dedicate agli “amici” della Cina in Italia, dal sindaco di Firenze Dario Nardella con la sua campagna #abbracciauncinese all’ex calciatore Francesco Totti fino all’ex premier Romano Prodi. C’è poi una sezione dedicata al virus e a come la Cina sia riuscita a risolvere la crisi (anche se Formiche.net ha posto alcuni interrogativi sull’affidabilità del regime). Infine, oltre a una sezione sul turismo, ci sono alcune pagine per celebrare il 5G cinese in barba agli avvertimenti lanciati dal Copasir.
“È fresca fresca di stampa, basta guardare i contenuti. Ed è la prima volta nella mia carriera politica che vedo questa rivista, figuriamoci consegnata nella buca delle lettere dei deputati”, commenta a Formiche.net un deputato di lungo corso. “Non mi stupirei se tra qualche giorno la Cina si presentasse con una bella offerta all’Italia di prestito a tasso zero, 500 miliardi per esempio”, avverte. E sappiamo che nessun pasto è gratis con la Cina, neppure in tempi di pandemia.
… E L’OFFENSIVA SU GASPARRI

Alla captatio benevolentiae del Partito comunista cinese spesso corrisponde anche la mobilitazione delle comunità cinesi in Italia. In questo caso non per sedurre la politica ma per attaccare chi critica la Cina. E così nelle chat delle comunità cinesi in Italia, a cui sono iscritti anche diversi residenti nel Paese del Dragone, in questi giorni sta girando molto un video diMaurizio Gasparri. Nella clip, con tanto di sottotitoli in cinese, il senatore di Forza Italia non usa mezze misure e, riferendosi alla questione degli aiuti, spiega che “la Cina non ci ha regalato niente, quello che è arrivato è stato pagato”. E ancora, che “la Cina è il Paese peggiore del pianeta”, e qui cita concorrenza sleale, inquinamento ambientale, responsabilità sul coronavirus. E conclude: “La Cina è il cancro del pianeta” e “la Cina è un pericolo per il pianeta, non è una risorsa”. (MARZO)

Nel 2019, nonostante il valore totale degli m&a sia dimezzato (dai 94 miliardi del 2018 si è passati a 47) quello delle operazioni industriali è quasi raddoppiato, salendo da 5,2 a 9 miliardi di euro. La cifra di 9 miliardi di euro è la seconda per valore dopo i 12 miliardi del 2015, un vero e proprio anno dei record per gli m&a “Invece, i 47 miliardi di controvalore totale di tutti i settori economici italiani, sono uno dei risultati più bassi degli ultimi cinque anni.” Protagoniste dei deal industriali sono le pmi: la cifra di 9 miliardi, infatti, va ripatra ben 236 operazioni. Che nell’anno precedente, cioé il 2018, erano circa le stesse, ovvero 245, ma su appena 5,2 miliardi.

Molto interessante lo sguardo decennale: nel periodo 2010-2019 in ambito industriale ci sono state 1.581 transazioni, per un controvalore di 67 miliardi. Pari al 25,7% del volume e al 14,7% del valore totale, con un cagr (indicatore economico corrispondente al tasso di crescita medio) del 14%. Si è trattato soprattutto di vendite di aziende italiane a soggetti stranieri, che hanno comprato per circa 40 miliardi di euro. Il valore delle acquisizioni italiane all’estero è stato invece di 16,6 miliardi, mentre ci sono state operazioni Italia su Italia per 10,4 miliardi.
«Tra le 1.581 operazioni M&A nel comparto industriale si osserva una forte incidenza dell’attività M&A transfrontaliera con un volume totale di 983 deal, per un controvalore di 40 miliardi di Euro», spiega il partner di KPMG Max Fiani. «In particolare, nel decennio appena concluso gli investitori esteri hanno concluso 625 transazioni, per 35 miliardi di euro, entrando nel capitale di aziende italiane».

Se si guardano le prime 10 operazioni per valore, ben sei sono grandi acquisizioni di soggetti importanti da parte di multinazionali straniere: Pirelli da ChemChina (China National Chemical Corporation), Magneti Marelli da Calsonic Kansei Corporation (società giapponese attiva del settore automobilistico controllata dal fondo americano KKR), Avio spa da General Electric, Rhiag da Lkw, Ansaldo Ferroviaria da Hitachi Ltd.
L’Italia, insomma, con la forza delle sue competenze e delle sue specializzazioni è soprattutto un terreno di caccia per gli stranieri. Nel decennio 2010-2019, il controvalore delle acquisizioni di industrie italiane dall’estero (40 miliardi), infatti è di gran lunga superiore alla somma delle acquisizioni di italiani all’estero (16,6 miliardi) e di italiani fra italiani (10,4 miliardi). Questo stato di fatto indica che le nostre competenze sono di enorme interesse, certo.
Sono 5 i Paesi che hanno investito maggiormente in Italia in termini di controvalore. Questi cinque Paesi hanno generato circa l’90% del valore degli investimenti cross border-IN nel settore industriale italiano:
• —  Al primo posto si posizionano gli Stati Uniti, grazie alle acquisizioni concluse dai fondi di Private Equity KKR su Magneti Marelli e Carlyle su Forgital;
• —  In seconda posizione ritornano gli investimenti Cinesi con la cessione di tre impianti rinnovabili in esercizio (540 MW) di proprietà di Enel alla società cinese Cgn Energy International Holdings Co. Limited; Zhejiang Hailiang Co. Ltd. ha rilevato da Kme (Gruppo Intek) la Divisione Barre Ottone e le fabbriche di Tubi di rame di Mendem /Germania e di Barcellona/Spagna;

• —  in terza posizione la Germania grazie all’acquisizione nel 2016 di Italcementi, mentre nel 2019 si segnala l’acquisizione da parte del colosso tedescoContinental Ag di Merlett Tecnoplastic dalla Famiglia Tamborini e l’ingresso di Oqema Ag, società leader in Europa nella distribuzione di prodotti chimici, nel capitale di Elettrochimica Valle Staffora S.p.A.;
• —  seguono gli investimenti delle multinazionali Giapponesi che hanno rilevato negli anni Permasteelisa (JS Group Corporation), Ansaldo Sts, Ansaldo Breda e Fiamm (Hitachi), DeLClima (Mitsubishi), Zanotti (Daikin);
• —  UK risulta il quinto paese investitore in Italia, grazie alle acquisizioni concluse dai principali fondi di Private Equity UK (Vision Capital-Bormioli Rocco, CVC-Conceria Pasubio, Oxi e Attestor – Ferroli).
• Anche nel nostro Paese si è registrata una frenata nelle attività di fusione e acquisizione. Il primo semestre 2020 si è chiuso con un valore aggregato di transazioni m&a effettuate su target italiane pari a circa € 9,3 miliardi.
Il dato è minore non solo rispetto al periodo 2015-2018 di elevata attività m&a, ma fin dalla crisi finanziaria del 2009, e sconta l’effetto dei mesi di lockdown imposto in Italia e nelle principali economie da marzo a maggio 2020, a seguito del propagarsi del Covid-19. Significativa anche la minima incidenza di sole tre operazioni di grandi dimensioni (con valore di acquisizione superiore a un miliardo di euro). Ma non mancano i segnali positivi.
• “In Italia già nel secondo trimestre del 2020 abbiamo notato una certa ripresain termini di transazioni e ci attendiamo che questo trend prosegua anche nella seconda metà del 2020. Le aziende, gli imprenditori e i fondi hanno effettivamente compreso che questa crisi legata al Covid-19 è destinata a ridisegnare mercati, comportamenti di consumo e operation delle aziende e in questo contesto le operazioni straordinarie sono viste come opportunità per accelerare i processi di trasformazione.
I settori più difensivi e resilienti, che hanno subito in misura minore l’effetto del periodo di confinamento, in alcuni casi traendone opportunità di crescita, sono quelli considerati più appetibili dagli investitori: infrastrutture digitali e fisiche, settore farmaceutico, healthcare, agroalimentare, packaging” ha chiarito Marco Daviddi, Mediterranean Leader dell’area Strategy and Transactions.
• Dall’analisi di EY emerge inoltre una riduzione delle valutazioni in termini di multipli, che potrebbe portare anche a vantaggiose opportunità di consolidamento per operatori sia strategici sia finanziari.
• I driver della ripresa delle attività di fusioni e acquisizioni sono rappresentati anche dall’enorme ammontare di liquidità da investire a disposizione dei fondi di private equity, soprattutto esteri, e le opportunità di consolidamento nei settori tipici del Made in Italy, in cui molte famiglie sono desiderose di ricercare un affiancamento nella gestione per agevolare il passaggio generazionale.
• “La crisi improvvisa, che ha provocato un impatto senza precedenti sulla top line e sui margini, comporterà un addizionale ricorso all’indebitamento da parte delle imprese attive in molti comparti, che vedranno ridursi il patrimonio netto. Emerge quindi un rilevante tema di capitale in alcuni settori maggiormente impattati dalla emergenza sanitaria e la conseguente esigenza di ricapitalizzazione potrà favorire trend di integrazione e consolidamento, specie quando sono presenti filiere molto strutturate, quali automotive e componentistica, manifatturiero e fashion” -aggiunge Daviddi.
• “Man mano che l’economia mondiale andrà incontro a una progressiva ripresa nel 2021, le transazioni e i piani d’investimento emergeranno come unostrumento fondamentale per le aziende per ridefinire il proprio futuro.
La necessità di evolvere il proprio modello di business per garantire la crescita nel new normal porterà i manager a ricercare modalità per ripensare, ridefinire e reinventare il business per creare valore a lungo termine” – conclude Guerzoni.

• (ASI) Oggi: La decisone circa l’apertura di mobilità di tutti i dipendenti della Treofan di Terni , ha confermato come l’Italia da anni è diventato il Discount Industriale , dove le Multinazionali Straniere fanno la ‘Spesa’.
• Il liquidatore ha confermato l’imminente apertura della procedura di mobilità con il licenziamento, dell’organico dipendente.
• Un altro Sito storico nel comparto della Chimica europea che sprofonda, nonostante le battaglie delle Sigle Sindacali, con le numerose riunioni al Ministero dello Sviluppo Economico.
• Anche in questo caso , come in altri l’atteggiamento è stato arrogante in linea con quello della proprietà della Treofan che, dopo aver incassato i fondi italiani, chiude gli stabilimenti delocalizzando la produzione. La Teofran paga a caro prezzo il passaggio nelle mani di spregiudicati imprenditori stranieri.
• Così pure la Wirpool Di recente il dichiarato fallimento della Multinazionale Americana , con la chiusura della fabbrica di Napoli
• Firenze in svendita all’extralusso, Report fa infuriare Palazzo Vecchio
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• L’ex Teatro Comunale, l’ex Caserma Vittorio Veneto nella splendida area di Costa San Giorgio, l’ex Convento di San Paolino in via Palazzuolo. E tanti altri ‘gioielli’ della nostra città.
• Sono tutti finiti al centro di un servizio della puntata di Report su Raitre lunedì scorso, incentrato sugli ‘squali’ del mondo immobiliare che si approfittano della crisi post Covid per comprare proprietà immobiliari di pregio a prezzi stracciati.
• Le operazioni immobiliari, dall’amministrazione comunale sempre definite ‘riqualificazioni’, di cui sopra, risalgono però a prima dell’emergenza coronavirus. Per fare il punto della situazione Report ha interpellato il Laboratorio di urbanistica PerUnaltracittà.
• Sull’ex Teatro Comunale, dice Francesca Conti di PerUnaltracittà “si progetta di trasformarlo in centro benessere con una piscina al posto della platea”, da parte di una cordata di imprenditori italiani. “L’ex comunale è stato venduto poco prima del lockdown da parte di Cassa Depositi e Prestiti per 27 milioni di euro, quando stima nel piano di alienazioni era di 44 milioni”, aggiunge Conti.
• Nell’immobile dell’ex sede della Cassa di Risparmio di Firenze, nella centralissima via Bufalini, spiega invece l’architetto e urbanista Roberto Budini Gattai sempre del Laboratorio, sorgerà un altro centro di super lusso “con 140 suite”.
• Per restare in zona, poco distante dal Duomo, questa volta ad essere intervistato è l’architetto urbanista Antonio Fiorentino, “il ‘Palazzo di Beatrice’, quella di Dante, è stato venduto ad un magnate taiwanese del cemento”. I cantieri sono in corso e su cosa ci verrà si parla di una struttura con “suite da 10-15mila euro a notte”.
• Passando all’ex Convento di San Paolino, siamo in via Palazzuolo ed è di nuovo Budini Gattai a parlare, “l’ultimo passaggio (di proprietà, ndr) risale al 2017, quando fu comprato da una società tedesca e alla fine sorgerà un complesso di 170 camere”. Anche qui, superfluo aggiungerlo, di super lusso.
• Per quanto riguarda l’ex caserma Vittorio Veneto in Costa San Giorgio, area di super pregio dell’Oltrarno, Report ricorda che è stata acquistata dalla famiglia dei magnati argentini del Lowenstein per farne un resort di extra lusso.
• La stessa famiglia che ha acquistato Villa Cafaggiolo in Mugello, “l’ennesimo sito Unesco che diventerà un resort da 350 camere e con 14 ristoranti”, dice lo storico dell’arte Tomaso Montanari, anche lui intervistato nella puntata andata in onda lunedì, per il quale “Firenze è una città in svendita”.
• Report ha poi intervistato un agente immobiliare che si occupa di transazioni da diversi milioni di euro e che ha testimoniato come la crisi del coronavirus abbia fatto abbassare notevolmente i prezzi di ‘gioielli’ sparsi sia a Firenze che nel resto della Toscana. La trasmissione ha infine rintracciato un investitore israeliano che ha idea di mettere insieme un fondo da 200 milioni di euro per ‘approfittare’ dell’emergenza e comprare proprietà pregiate a prezzi ribassati.
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• Firenze in svendita all’extralusso, Report fa infuriare Palazzo Vecchio
„Palazzo Vecchio, secondo quando riporta la stampa cittadina, non ha preso bene la trasmissione (sotto il link al servizio di Report) e Nardella sarebbe anche tentato di adire le vie legali. Sarebbe mancato, una delle critiche, qualsiasi contraddittorio. C’è già un’interrogazione in parlamento sulla questione da parte dei deputati fiorentini del Pd Rosa Maria di Giorgi e Luca Lotti, oltre ad un’interrogazione in vigilanza Rai da parte della fiorentina, anche lei Pd, Valeria Fedeli.“
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F2i sgr, il principale Fondo Infrastrutturale italiano, ha siglato l’accordo per l’acquisizione da Alisarda SpA dell’80% di Geasar SpA, società di gestione dell’aeroporto di Olbia.
L’acquisizione, il cui perfezionamento resta condizionato alle autorizzazioni delle competenti autorità (AGCM per i profili concorrenziali e Presidenza Consiglio rispetto alla normativa golden power), verrà effettuata attraverso F2i Aeroporti 2 che oggi già detiene il controllo di Sogeaal SpA (71%), società di gestione dell’aeroporto di Alghero.
Le Camere di Commercio di Sassari e di Nuoro e la Regione Sardegna rimarranno azionisti di Geasar (Olbia) con circa il 20% del capitale. La Regione Sardegna è già partner di F2i Aeroporti 2 in Sogeaal (Alghero) con una quota, diretta e indiretta, del 29%.
F2i Aeroporti 2, che consoliderà le attività aeroportuali del Nord Sardegna (circa 4,4 milioni di passeggeri totali nel 2019), sarà controllata da due Fondi gestiti da F2i (il Fondo ANIA-F2i e il Terzo Fondo F2i) e da Fondazione Sardegna che, data la rilevanza dell’operazione per il territorio, ha scelto di affiancare F2i nell’investimento.
Alisarda è stata assistita da Houlihan Lokey in qualità di sole financial advisor.

Un’isola nella laguna veneziana del valore di oltre due milioni di euro ed un antico castello del XII Secolo. Sono alcuni degli immobili di significativo pregio storico e architettonico che saranno venduti all’asta nel 2020. A rivelarlo è l’ultimo Rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea, presentato oggi nella Sala Nassirya del Senato.
In particolare, il Castello risale al 1200 e l’isola è l’isolotto di Tessera usato un tempo dalla Serenissima come presidio militare: saranno battuti nei prossimi mesi, ma la procedura di vendita all’incanto è stata avviata nel 2019, avvertono gli analisti di Sogeaa. L’isolotto di Tessera sorge tra l’aeroporto Marco Polo e l’isola di Murano e sarà battuto all’incanto il 3 marzo prossimo. Oggetto di cronaca per un resort mai realizzato, la prima seduta di asta dell’isoletta lagunare è andata deserta a luglio scorso ed il valore oggi è stimato nel Report del Centro Studi Sogeaa a 2,2 milioni di euro.
Ma non solo. Il Rapporto rivela inoltre che in vendita all’asta il 25 febbraio prossimo c’è anche Palazzo Fusconi Pighini in Piazza Farnese. Il suo valore è stimato in 3,1 milioni di euro ed è un capolavoro di architettura attribuito a Jacopo Barozzi da Vignola ma costruito verso il 1524 dall’architetto Baldassarre Peruzzi.
Tra gli immobili significativi in vendita quest’anno, il Rapporto segnala infine Villa Corner del XVI secolo di Monselice che andrà in vendita il 21 aprile con un valore stimato di 3,2 milioni, la Villa Odescalchi a Como in vendita il 28 aprile per 2,3 milioni di euro, infine l’antico Castello di Ozegna (Torino) che il 18 febbraio sarà battuto con una stima di poco più di un milione di euro.  (Adnkronos)
Chissà perché ogniqualvolta sento sproloqui da parte dei nostri politici e sindacalisti che si lamentano e promettono lavoro avverto un fremito che mi fa rivoltare lo stomaco. Non perché non si debba parlare di lavoro, ma perché quasi tutti coloro che si affannano nella profusione di cure ed antidoti da somministrare agli “allocchi”, con le loro parole dimostrano o di essere stati quantomeno distratti o di non avere espletato nel peggiore dei modi il loro mandato.
A coloro che pretendono o recriminano per la difficoltà di creare lavoro nel nostro Paese basta ricordare quello che è successo negli anni in cui i professori ebbero il pallino tra le mani e sbandierando le “opportunità” che intravidero nel grande interesse degli imprenditori stranieri per le imprese italiane e incominciarono a svendere l’operosità e l’ingegno italiano. Non è la prima volta che si parla di ciò, ma non è mai tropo parlarne. Purtroppo agli “itagliani di scarsa memoria” bisogna scoprire le carte per cercare di farli ragionare!
Non mi stancherò mai di ricordare quanto nefasta fu la decisione, da parte di un gruppo di “illuminati professori ed economisti”, di svendere l’ingegno, la produttività, la cultura, la storia, la grazia di Dio che è implicita nel Paese accettando un solo euro in cambio di ben 1936, 27 lirette… e non mi stancherò mai di ricordare quanto errate si sono rivelate le previsioni di “delocalizzare” e svendere le eccellenze, contrabbandando tali decisioni come opportunità irrinunciabili e vantaggiose che, in definitiva, hanno permesso di fare ulteriormente arricchire industriali maestri nella speculazione e nello sfruttamento delle masse più povere e meno tutelate.
Ti assale tanta tristezza ed amarezza nell’elencare quale e quanto potenziale non dipende più dalle decisioni interne, quali e quanti marchi che hanno fatto la storia produttiva dell’Italia sono nelle disponibilità e decisioni di Paesi che fino a poco tempo fa guardavano con ammirazione ed invidia all’Italia. Le azioni che furono trainanti dell’economia ora sono costrette a mendicare la grazia di non delocalizzare o, addirittura, di chiudere e licenziare le maestranze italiane.
E’ duro e penoso e quasi impossibile riuscire a fare una elencazione di nomi che, all’apparenza, sono italiani, ma che nella sostanza non lo sono più.
Come negli annali storici, l’assalto all’Italia produttiva inizia agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso con al timone dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) il professore Romano Prodi che, da lungimirante economista, vendette il marchio Italgel alla svizzera Nestlè; seguirono il settore dolciario e quindi le acque minerali.
Negli anni a seguire la razzia entra in tutti i settori, anche in quelli strategici come l’industria pesante, le comunicazioni, il credito; settori che nessuna nazione è disposta a cedere.
Nonostante la UE formalmente cerchi di fare rispettare gli accordi per evitare la nascita di super gruppi egemoni che possano fare cartello nei vari settori, da quasi un anno assistiamo a proposte, dinieghi e dispute sull’accordo tra due colossi della cantieristica navale nella costruzione di navi da crociera (Fincantieri e le francese STX) ed in ambito ferroviario tra la tedesca Siemens e la francese Alstrom. Quest’ultima, divenuta forte grazie alle acquisizioni nel 2000 di Fiat Ferroviaria.
A fronte di strategie imprenditoriali che tendono ad accentrare i settori e le multinazionali che già dominano incontrastate, le imprese italiane, spesso e svalutate dalla speculazione finanziaria, sono state sempre più alla mercé di predatori che li hanno dilaniate o più opportunamente mantenute sfruttando il marchio che garantisce comunque lo stile e la qualità del Made in Italy.
È successo ai marchi della moda: Krizia, Loro Piana, Bulgari, Bottega Veneta, Pomellato, Valentino, Versace, Gianfranco Ferrè, Brioni. La produzione della cantieristica di yacth di lusso Ferretti è piaciuta ai cinesi. Le poltrone Frau agli americani. I marchi di olio alimentare (Cirio, Bertolli, De Rica, Carapelli, Sasso, Friol) siano essi toscani che di altre Regioni se li sono accaparrati gli spagnoli.
Il settore caseario è tutto nelle mani dei francesi Lactalis e Danone.
Il settore strategico delle comunicazioni è stato ben ripartito: Telecom ai francesi di Vivendi, Omnitel agli inglesi di Vodafone; Wind -Tre prima ai Russi e quindi ai cinesi; Fastweb agli svizzeri.
Nel settore dell’energia troviamo già una opzione cinese del 35% su Terna (la rete di distribuzione dell’Enel) e Snam ed il 40% di Ansaldo Energia.
Nel mese di ottobre dello scorso anno è andato in porto l’affare prospettato dall’ex primo Ministro Paolo Gentiloni e dell’ex Ministro, Graziano Delrio che, tramite l’AD di Finmeccanica Mario Moretti, sono riusciti a vendere Ansaldo STS e Ansaldo Breda (il realizzatore del treno ad alta velocità ETR 1000, cioè l’eccellenza nel settore delle costruzioni ferroviarie) al gruppo giapponese Hitachi per 36 milioni di euro (un terzo di quanto è costato Cristiano Ronaldo alla Juventus!) anche se l’industria aveva in portafoglio contratti per 2000 di euro!
Non è immune il settore del credito dove anche la banca che fu di riferimento alle istituzioni – a BNL – non è più italiana…
Il settore metallurgico se lo sono spartito indiani russi e tedeschi, mentre Italcementi è tutto tedesco.
Non si salva il settore automotive: Lamborghini appartiene al gruppo Volkswaghen e lo stesso la Ducati; Benelli e Moto Morini sono di proprietà cinese; le blasonate moto da cross Husqvarna da Cassano d’Adda sono andate alla concorrente KTM in Austria.
Qualche giorno fa è stata data notizia dell’avvenuta cessione della Magneti Marelli ai giapponesi, mentre i cinesi hanno già il controllo della Pirelli che ha permesso loro di scalzare i concorrenti nel Circus della Formula 1 e fra non molto ci invaderanno – con i coreani – con veicoli con motorizzazione elettrica.
Non è ben chiarita la posizione della ex Fiat e Chrysler o meglio FCA: sede legale in Gran Bretagna, fiscale in Lussemburgo e produttiva in mezzo mondo… dopo avere venduto il settore Avio a General Electric.
Nel settore del trasporto pesante e del trasporto pubblico l’IVECO è assediata da marchi quali: Volvo, Scania e Mercedes, Renault…
E superfluo tornare a parlare del settore tessile, calzaturiero e degli elettrodomestici e telefonia acquisito in toto da cinesi e turchi, mentre il settore manifatturiero è distribuito tra Bangladesh, Vietnam, India, Thailandia, Tunisia, Corea del Sud, ecc.
Con un panorama del genere come si fa a chiedere e soprattutto promettere di creare lavoro? Avvengono ancora i miracoli?
Ne è un esempio l’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) nel quale lavorano più di 1700 ricercatori provenienti da tutto il mondo. Questo piccolo gioiello della robotica e dell’hi-tech made in italy, non è di certo passato inosservato, dato che una delle massime aziende collegate, la ESAOTE, è stata acquisita da un consorzio d’investimento cinese a partire dall’aprile del 2018. Va da sé, i cinesi ci tengono a precisare, che il loro impatto sull’economia regionale è esclusivamente di carattere benefico, poiché la logica economica utilizzata da Pechino è quella del “win – win’’, modello economico sostituibile a quello protezionista in cui entrambi le parti ricevono benefici. La realtà chiaramente è ben diversa, poiché subordinando un’azienda nazionale, sovvenzionata inoltre da iniziative europee di “fund-raising’’, a degli investitori stranieri, ne consegue la possibilità di perdita non solo del marchio italiano, ma anche il controllo degli investimenti e del progresso tecnologico.
Anche una nostra vicina geografica, la Grecia, conosce bene tali dinamiche. Il porto del Pireo, uno dei più importanti porti per la logistica nel Mediterraneo, è in gran parte in mano cinese dopo l’acquisizione del 51% delle quote da parte della China Ocean Shipping Company meglio conosciuta con l’acronimo COSCO. Con tale operazione Pechino ci mostra come uno sbocco sul Mar Mediterraneo gli consenta un accesso diretto ai mercati europei, poiché la Grecia, situata nella penisola balcanica, rappresenta un vero e proprio ponte di collegamento per l’ingresso della BRI verso il vecchio continente. Tutto questo ha inoltre imposto cambiamenti nelle relazioni tra capitale e lavoro, le quali hanno portato a limitazioni del diritto di sciopero, riduzione dei salari, aumento delle ore di lavoro.
Tale “cinesizzazione’’ dell’economia sia reale sia finanziaria getta un grosso dubbio su quelle che saranno le future relazioni geopolitiche tra le varie potenze in gioco. L’Europa in questo momento deve intraprendere un progetto comune, non soltanto di carattere economico ma soprattutto di carattere politico ed ideologico. Non deve cedere in nessun modo a quel soft-power utilizzato da un regime autoritario, il quale cerca di comportarsi alla “occidentale’’, elevandosi ad ottimo paretiano, sostituendosi in modo furtivo all’America che fatica a mantenere relazioni e controllo su gran parte delle regioni partnership. L’Italia, così come il resto dei vari paesi europei, non può trattare unilateralmente con un colosso ormai moderno ed esperto, con un proprio ‘’Know-how’’, oltre a progetti chiari e ben precisi che non lasciano spazio ad un libero mercato, bensì mirano ad un monopolio globale a trazione sino-socialista.

Un esempio lampante di queste dinamiche è rappresentato dall’operazione annunciata pochi giorni fa, in cui Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners ha assistito Saimo Electric nell’acquisizione di una quota di minoranza dell’italiana Epistolio.
Saimo Electric è una società cinese leader nell’automazione industriale, con sede nello Jiangsu quotata alla borsa di Shenzhen. L’acquisizione di Epistolio ha l’obiettivo di favorire, anche attraverso la costituzione di una Joint Venture in Cina, l’avanzamento tecnologico di Saimo Electric grazie alla tecnologia e alla competenza di Epistolio.
 
Epistolio, azienda fondata nel 2000, con sede a Varese, è infatti una realtà consolidata nel settore della robotica e dell’automazione industriale del settore manifatturiero. Nel corso degli anni è diventata leader nella fornitura di strumentazione elettrica e meccanica per l’industria delle materie plastiche e la gomma, grazie alla capacità di innovazione ed alla competenza distintiva non soltanto nella predisposizioni di soluzioni specialistiche integrate e pronte all’uso, ma anche nel design, nello sviluppo e nella produzione di macchine robotiche.

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