GIURA E CORRI A LAVORARE: IL TAR ORDINA DI CHIUDERE L’ACCIAIERIA DI TARANTO

Come una bomba a orologeria che stava lì silente per il governo Draghi scoppia la prima grana: si chiama EX-ILVA, l’acciaieria più discussa d’Italia, su cui nessuno si azzarda a mettere le mani  e chi ci ha provato ha raccolto soltanto brutte figure.
Il Tar ordina che in sessanta giorni si chiuda l’”area a caldo”, il cuore della produzione dell’acciaieria. Nel giorno del giuramento del nuovo governo, mentre i ministri ancora devono completare passaggi di consegne e insediamento, a fare da detonatore alla vicenda arriva una nuova sentenza del Tar di Lecce che, respinti i ricorsi di Arcelor Mittal e della vecchia società in amministrazione straordinaria, impone di fermare le attività più inquinanti degli stabilimenti di Taranto al massimo entro due mesi.

Ancora una volta il destino delle acciaierie sale in cima ai dossier più spinosi per il governo, che già nelle prossime due-tre settimane dovrà occuparsi di alcune urgenze, dalle cartelle ai ristori. Il primo banco di prova sarà infatti il nuovo decreto per distribuire i 32 miliardi di extradeficit già autorizzati dal Parlamento. Il nuovo ministro dell’Economia Daniele Franco troverà una bozza di provvedimento già in via di composizione, su cui però andranno prese alcune decisioni politiche, a partire dalla proroga della Cig Covid e del collegato blocco dei licenziamenti. Le protezioni di emergenza dei posti di lavoro, secondo i sindacati, vanno portate avanti almeno fino a quando non sarà varata una riforma degli ammortizzatori sociali che non lasci nessun settore scoperto nei momenti di difficoltà.

Prime indicazioni dell’orientamento del nuovo esecutivo potrebbero arrivare dal giro di incontri organizzato dal neo ministro Andrea Orlando che, con il primo atto formale del governo, ha convocato per domenica e martedì prima i sindacati e poi i rappresentanti delle imprese
La riconversione “green” dell’Ilva, peraltro, era uno degli obiettivi da raggiungere anche sfruttando i fondi europei: la nuova vicenda giudiziaria potrebbe però intralciare la realizzazione dell’accordo raggiunto con Arcelor Mittal per l’ingresso dello Stato attraverso Invitalia. L’azienda ha già annunciato ricorso ma dal territorio il governatore Michele Emiliano e il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, già chiamano in causa Draghi, chiedendo una convocazione “immediata”. Già a inizio legislatura, durante il Conte 1 a maggioranza gialloverde, l’ex premier si era dovuto spendere in prima persona, presentandosi ai cancelli della fabbrica e promettendo a lavoratori e cittadini una soluzione che, a distanza di tre anni, ancora va perfezionata e ha lasciato insoddisfatti gli abitanti di Taranto, che chiedono che venga prima “la salute”.

Il governo Conte se ne è andato lasciando il guano sotto al tappeto, come lo avevano apostrofato dall’opposizione nel corso del dibattito sulla fiducia… adesso tocca a Draghi pulirlo.

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