GERMANIA: NO AL RECOVERY FUND DALLA CORTE COSTITUZIONALE

Ha imposto al presidente Frank-Walter Steinmeier di non firmare per il momento la legge di ratifica approvata ieri dal Bundestag e oggi dal Bundesratt, che dispone la partecipazione della Germania al piano di aiuti di 750 miliardi. Non è la prima volta che le toghe di Karlsruhe si mettono di traverso sul percorso dell’integrazione europea Avevano sottoposto a giudizio anche la presenza tedesca al Quantitative Easing proposto da Mario Draghi, ai tempi presidente della Bce. Quella volta il ricorso era stato presentato direttamente dalla Bundesbank cui, poi era toccato anche il compito di difendere l’iniziativa visto che il consiglio direttivo dell’Eurotower aveva deciso di non intervenire nella giurisdizione di uno degli stati membri.
Questa volta a fare opposizione è stata la formazione politica legata all’ex leader dell’Afd Bernd Luecke, chiamata “Alleanza della volontà dei cittadini”: i ricorrenti ritengono che la partecipazione al Recovery Fund costituisca una forma di condivisione del debito europeo non previsto dall’ordinamento tedesco. Senza contare i “rischi finanziari incalcolabili” legati a questa operazione. Il ricorso è firmato da 2281 cittadini come il movimento di Bernd Luecke riferisce sul proprio sito internet. La sospensione vale fino al giudizio di merito.

A prima vista l’intervento della Corte Costituzionale sembra più che altro un atto dovuto. Non a caso le Borsa europee sono rimaste orientate al rialzo a cominciare proprio da Francoforte che guadagna poco meno di un punto. In salita anche Milano (+0,7%). Lo spread rimane stabile intorno a 97 punti. Appare difficile che l’Alta corte si opponga al Parlamento che invece è ampiamente favorevole al programma di aiuti varato da Bruxelles. Oggi il Bundesrat (la camera che riunisce i presidenti dei sedici Laender federali) ha votato all’unanimità la partecipazione della Germania al programma.

Nel piano di ripartizione dei 750 miliardi la Germania ha prenotato una quota molto bassa. Solo 26 miliardi interamente sotto forma di contributi a fondo perduto. Non chiederà niente sulla tranche dei prestiti considerando che, vista la situazione di mercato, per Berlino è più conveniente emettere bund a tassi negativi che non attivare i finanziamenti Ue che saranno leggermente più cari. Il ricorso accolto dalla Corte costituzionale comunque non affronta questo aspetto. Chiede la legittimità di una legge che esporrebbe il contribuente tedesco a condividere i rischi con altri Paesi. Un pericolo, in realtà, assai remoto considerando che a indebitarsi non saranno i singoli Stati ma direttamente la Commissione a valere sul suo bilancio che dispone di risorse proprie (per esempio sull’Iva) destinate ad espandersi con la web tax e poi la plastic tax.
La mossa dei giudici di Karlsruhe costituisce un inciampo, si vedrà quanto serio, sulla strada del Next Generation Eu. Il piano, infatti, deve essere approvato dai parlamenti di tutti i 27 Paesi membri della Ue.

Basta un voto contrario per far saltare tutto. La ratifica è indispensabile per consentire alla Commissione Europea di indebitarsi sui mercati. per raccogliere le risorse da destinare al fondo. Finora è già arrivato il via libera di 13 Paesi compresa l’Italia. Per Lucas Guttenberg, vicedirettore dell’Istituto Delors di Berlino, “Karlsruhe ama la drammatizzazione sulle vicende Ue. Ma in genere rifugge dal provocare reali intralci”. Il danno massimo, spiega su Twitter sarà un ritardo di qualche settimana che comunque non dovrebbe creare particolari problemi. “Nel 2012 -ricorda Guttenberg- la Corte chiese al presidente di non firmare la legge di ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità perchè voleva esaminare un ricorso d’urgenza simile. Dette il via libera qualche settimana dopo”.

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