LA BARCA AFFONDA, MARIO DRAGHI SI DIMETTE E LA BORSA SI INABISSA SPREAD A 212 PUNTI

La barca fallata e fallita affonda. Mario Draghi alle 18.45 di ieri si è dimesso. L’annuncio in Cdm: “Stasera rassegno le dimissioni. La maggioranza non c’è più”. Detto fatto, e se le date della storia non sono casuali il calendario risegna quella fatale: 14 luglio. Così Draghi prende la sua Bastiglia, la sua decisione irrevocabile, perché non “ci sono più le condizione”. Determinato, duro e tempestivo ha bruciato sui tempi anche i suoi affondatori seriali: quei 5stelle che dopo l’annuncio del premier, smarriti, stentavano a crederci pensando di consumarlo sulla graticola davanti a Mattarella che ha cercato di tenerlo fino all’ultima mossa. Si consuma così il giorno più lungo di Draghi. Mattarella respinge le dimissioni. Ci sarà un tempo supplementare? Il Quirinale ci spera. Mercoledì riferirà alle Camere. Il tempo di dare un seguito ai rapporti italo algerini sul dilemma del gas e poi l’addio. Non ci sarà un secondo Draghi dopo Draghi, lui stesso lo ha detto chiaramente in tutti i modi nei giorni scorsi. E la lettera letta dal premier in Cdm non lascia sponda alcuna. Eccola.Buonasera a tutti,
Voglio annunciarvi che questa sera rassegnerò le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.
Le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico. La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più. È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo.
In questi giorni da parte mia c’è stato il massimo impegno per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche. Come è evidente dal dibattito e dal voto di oggi in Parlamento questo sforzo non è stato sufficiente. Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia. 
Questa compattezza è stata fondamentale per affrontare le sfide di questi mesi.
Queste condizioni oggi non ci sono più.
Vi ringrazio per il vostro lavoro, i tanti risultati conseguiti.
Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo raggiunto, in un momento molto difficile, nell’interesse di tutti gli Italiani.
Grazie”.

Il passo  decisivo arriva dopo il voto di ieri in Senato, al quale il M5s non ha partecipato. La maggioranza ha ottenuto 172 sì sul voto di fiducia che il governo ha posto sul decreto Aiuti.

Forte il pressing dei partiti. Pd: “Avanti con il premier e la stessa maggioranza o al voto. Renzi: “Continui a fare il presidente del Consiglio”.  Giancarlo Giorgetti: “Ci sono sempre i supplementari”. Giorgia Meloni chiede di tornare ad elezioni subito, Matteo Salvini, per ora defilato, non interviene in aula: “Draghi è vittima delle condizioni ideologiche del pd, nessuno ha paura delle elezioni”. Quali gli scenari? Ne ragioneremo nei giorni che verranno dell’estate bollente ( quella del Papete è solo acqua tiepida in confronto) e che ribolle sulla pelle degli italiani. Le cause? Logiche e conseguenziali: la vendetta del Conte dimezzato senza contea che mai ha metabolizzato il lutto, quel “conticidio” senza ritorno, e la manifesta conclamata incapacità dei partiti, inadeguati a reggere perfino nella peggiore delle emergenze per gli interessi di botteguccia. Gli effetti? La borsa si inabissa, l’economia reale ancora più a pezzi. E gli italiani con lei.

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