COMUNQUE VADA SIAMO DA RECOVERY, I SOLDI EUROPEI POCHI MALEDETTI E NON SUBITO

Comunque vadano i contagi da virus cinese siamo da Recovery. La conferma? E’ venuta oggi da Assolombarda che ha riunito un bel po’ di fatturato industriale nella sua assemblea di studio in quel di Milano. Da Bruxelles via Skype è comparso il conte, non Giuseppe, ma quello nobile davvero, Paolo Gentiloni Silverij che ora fa il commissario all’economia europea (guardato a vista da Valdis Dombrovskis che è vicepresidente della Commissione europea ed è il vero tenutario dei registri contabili dell’Unione)per parlare delle magnifiche sorti e (poco) progressive del maxi-prestito continentale. Che cosa ha detto in sostanza l’ex presidente del consiglio? Che i soldi europei, quella mana dal cielo di Berlino che il governo Conte aspetta come la panacea da ogni male quella che ad ogni tiggì viene evocata come la manifestazione d’affetto che l’Europa ha fatto alla sua figlia prediletta: l’Italia, per ora non ci sono. Arriveranno giura e stragiura il conte per fare un piacere al Conte, ma se va bene a giugno prossimo venturo e saranno una ventina di miliardi. Il resto a rate e a stati d’avanzamento. E comunque per avere –ammesso che siano veri e ce li diano – i mitici 209 miliardi con cui rifondare il paese dalle fondamenta ci vorranno più o meno cinque anni e a condizione che l’Italia prima di incassare paghi. In che senso? E’ presto spiegato. I famosi – o forse meglio fumosi – 86 miliardi a fondo perduto per curarci le cicatrici del virus cinese arriveranno dall’Europa a condizione che l’Italia nei prossimi tre anni versi 53 miliardi. Se ci mettiamo a fare il conto degli interessi fra dare e avere a noi ci toccano a fondo perduto se va bene meno di 16 miliardi, perché nel frattempo ci ridurranno i contributi agricoli. Insomma il finanziamento del secolo ala fine sono due spiccioli. IL resto dei soldi sono a prestito, peraltro condizionato e peraltro privilegiato. Ma sarebbe già tanto che li rendessero disponibili subito. Probabilmente invece arriveranno a babbo morto e Italia agonizzante. Il quadro della situazione è questo. A oggi in Europa non c’è nessun accordo sul Recovery Fund. La proposta di mediazione che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha avanzato al Parlamento per varare in fretta (si fa per dire) il fondo europeo non ha fatto un passo avanti. I paesi cosiddetti frugali (o fregali fate voi) con Olanda in testa condizionano il via libera al Recovery al rispetto delle regole etiche che sarebbero poi i matrimoni gay, le leggi LGBT, l’eutanasia, l’aborto ultralibero, le minoranze che diventano maggioranze, la redistribuzione dei migranti a condizione che se li prendano gli altri insomma qui valori cristiani sui quali Carlo Magno aveva fondato il Sacro Romano Impero che secondo i germanici è il fondamento dell’Europa attuale mentre noi latini vorremmo guardare a ciò che fece Roma. Ma queste per adesso sono questioni che a Bruxelles hanno poco diritto di cittadinanza. I ragazzi di Viesegrad – dalla Cekia al’Ungheria passando per la Polonia – rispondo ai “fregali” sui migranti non se ne parla e quanto alle leggi se permettete ce le facciamo da soli a casa nostra. In questo bel clima di concordia europea vorrebbero farci credere che il Recovery è li a portata di mano. Lo sanno tutti perfino il nostro ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che però fa finta di non saperlo e scrive nella Nadef (nota aggiuntiva di economia e finanza che sarebbe la cornice dei nostri conti per i prossimi tre anni) che con i soldi europei andremo in paradiso. Ma la cosa grave è che Gualtieri – e infatti tanto la ragioneria dello Stato quanto i revisori contabili del Parlamento gli hanno consigliato di dare una riguardata alle tabelline – vuole fare una legge di bilancio in cui ci spiega che con u deficit ulteriore di venti miliardi l’economia riparte. In verità il deficit programmato è di 40 miliardi perché i venti che Gualtieri spaccia come fondi europei in arrivo non sono quelli a fondo perduti ma sono una tranche del prestito del Recovery sempre ammesso che parta. Ma a l netto di questi nostri dubbi semmai i soldi europei dovessero arrivare sarebbero appena 20 miliardi a valere dal secondo semestre del prossimo ano. Niente! Ma su questa illusione ottica, o se preferite su questo falso in bilancio, è costruita la politica economica del governo Conte bis. La verità è che i soldi dall’Europa non ci sono e non arriveranno. Sono invece vere altre tre cose dolorosissime. La prima è che il 15 ottobre arrivano 10 milioni di cartelle esattoriali che lo Stato vuole riscuotere subito perché non c’è un euro in cassa. Questa valanga di tasse fa schizzare l’indice di pressione fiscale al 46% in rapporto al Pil (ma col Pil che crolla causo virus cinese a fine anno arriveremo se non si fa come non si farà la riforma fiscale ad un incidenza che va oltre il 55%) che colloca l’Italia – come ha rilevato ieri la Cgia di Mestre – di gran lunga la primo posto tra i paesi europei. La seconda è che tra tre giorni – entro sempre il 15 ottobre – il Governo deve spedire a Bruxelles le linee programmatiche per accedere ai fondi (ammesso che ci siano) del Recovery e per adesso hanno scritto solo una lista di buone intenzioni. C’è dunque il rischio concreto non solo che il Recovery non ci sia ma che non non riusciamo ad attingere a quei fondi per incapacità. Il che vorrebbe dire che tutta l’impalcatura di eurodelirio che caratterizza la (non) politica economica del Governo cadrebbe come un caselo di carte. Con quali conseguenze è facile immaginare. Ma poi c’è la terza epifania. Se le cose stanno così – anche se i giornaloni fano di tutto per ignorarle – c’è solo una via di finanziamento possibile che è il Mes. Ed ecco che qui c’è il trucco e pure l’inganno. Come hanno provato in tuti i modi a spiegare il Mes serve solo per le spese sanitarie, non ha condizionalità ed è da folli, anzi quasi da criminali, non prenderlo perché con quei miliardi (al massimo 36 pari al 2% del Pil) ci si cura dal virus cinese. Ma se non arrivano i soldi del Recovery – va detto che i promessi 20 miliardi che devono arrivare a giugno sono un anticipo per cassa del 10% dell’ammontare dell’intero finanziamento ce ci darebbero nell’arco dei 5 anni ma a condizione che tra tre giorni abbiamo presentato progetti credibili d’investimento – che ci facciamo con 36 miliardi destinati e vincolati solo alla sanità? La verità è che il PD che esprime il ministro dell’Economia vuole farci entrare dalla porta del pronto soccorso (il Mes sanitario) nel programma Salva Stati – quello che ha ammazzato i greci per intenderci – per portarci la troika in casa e impedire qualora ci fossero elezioni anticipate a un governo di diverso orientamento di avere anche il minimo margine di manovra sull’economia. Si dirà: ma le elezioni sono di là da venire? Sicuri? Domani in Senato si deve votare a maggioranza assolta lo scostamento di bilancio. Conte probabilmente non ha i numeri e può succedere di tutto. Riepilogando: il Recovery Fund è fermo al palo, ammesso che si sblocchi all’Italia non arriveranno più di 20 miliardi, non prima del giugno prossimo e a condizione che di qui a tre giorni presentiamo a Bruxelles un programma di investimenti credibile. Tutta la manovra raccontata da Gualtieri si regge su di un’illusione ottica: è possibile che a Gennaio con lo scadere del blocco dei licenziamenti e con l’acuirsi della crisi da virus cinese l’economia sia allo stremo. Ma il fisco implacabile continua a mandare avvisi di accertamento e cartelle esattoriali. Come se ne esce? Beh forse la cosa migliore sarebbe di liberarsi da questo governo. Ma nell’attesa si potrebbe chiedere a Christine Lagarde, la presidente della Bce, di comprarsi titoli italiani. La banca centrale europea ha un ulteriore piano di acquisto titoli per 750 miliardi. L’Italia i soldi del Recovery potrebbe trovarli da sé se emettesse debito considerando che lo spread è congelato, i tassi sono bassissimi e il mercato comunque compra. Perché non succede? Perché la Germania non vuole. Frau Merkel per salvare la sua economia ha già detto che quest’anno fa 96 miliardi di deficit e probabilmente altrettanti li farà il prossimo anno. La mitica Germania ha abbandonato il rigore e si avvia a portare il suo rapporto debito-pil vicino all’80%. Per non dire della Francia che arriverà al 120%. Germania e Francia hanno bisogno di mercati liberi da concorrenza per piazzare i loro titoli di debito, hanno bisogno che la Bce compri prima i loro titoli di debito (e peraltro la sentenza della Corte Costituzionale tedesca del luglio sorso a questo mira: far si che gli acquisti della Bce siano proporzionali alle quote di capitale della Banca centrale che ogni Paese detiene, l’Italia viene terza con il 18%). E così lasciano all’Italia le briciole e l’illusione della manna di Bruxelles. Perciò siamo da Recovery.

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