USA O CINA? LA VERITÀ SULLO SCONTRO IN ATTO NELLA MAGGIORANZA

È tornato il tempo di Renato Carosone e ora a Matteo Renzi dal Pd e da palazzo Chigi rimproverano: “Tu vo fa l’americano”. Eh già. In molti si stanno chiedendo perché il senator semplice di Rignano sull’Arno ha scatenato la crisi di governo. Pochi hanno prestato attenzione ai tempi e ai modi. Il braccio di ferro è stato ed è tra i costruttori di cattedrali a cui si è richiamato Matteo Renzi e gli anti-italiani che abilmente si celano dietro l’appello contro i sovranisti, inesistente categoria dello spauracchio. Peraltro i cosiddetti sovranisti sono quelli che gli italiani vorrebbero democraticamente e con libere elezioni al governo. Renzi si è mosso nell’imminenza dell’ascesa al potere di Joe Biden negli Usa e non ci vuole molto a capire che i suoi costruttori di cattedrali sono i maestri comacini, simbolo e pilastro della Massoneria inglese a cui i democratici americani fanno gran riferimento. In epoca di Brexit è peraltro l’unico saldo cordone ombelicale che tiene unito un certo Occidente. Né ci vuole molto a capire che l’appello pro Conte per cui si è mobilitato il deep state italiano con sponda vaticana è la controspinta di chi sta lavorando per portare l’Italia in pegno ai nuovi padroni del mondo: la Cina. Lo scontro oltreché per il potere in Italia e su dove collocare il nostro paese nello scacchiere internazionale. Matteo Renzi ha più volte fatto riferimento alla prossima presidenza del G-20 che tocca all’Italia, Giuseppe Conte nelle sue comunicazioni alle Camere si è tento equidistante tra Washington e Pechino. E’ di tutta evidenza che anche il braccio di ferro sulla delega ai servizi segreti ha sullo sfondo il contesto internazionale. E soprattutto l’amicizia o meno con la nuova amministrazione americana. Su Conte c’è l’ombra di avere fornito a Trump informazioni riguardo al Russiagate e questo potrebbe oggi costare carissimo all’Italia in termini di relazioni commerciali dando un duro colpo alla nostra già debolissima economia. Tra i rimproveri non detti di Matteo Renzi c’è anche questo e lui si accredita come unico possibile tessitore per sanare lo strappo con la nuova amministrazione americana. Ballano decine di miliardi in queste sensibilità turbate! Ieri tutti “i sinceri democratici” e in prima fila quelli del Pd hanno versato lacrime di gioia perché Joe Biden si stava insediando alla Casa Bianca. Ma ora hanno moltissima strada da fare per riaccreditarsi presso l’amministrazione democratica. A Washington si ricordano le dimostrazioni di eccessiva amicizia tra Giuseppe Conte e Donald Trump che cercò in tutti i modi di fermare la corsa in avanti dell’avocato di Volturara Apula verso Pechino spinto sulla via della seta dalle intese che tanto Beppe Grillo quanto Gianroberto Casalegno da tempo avevano stretto, celandosi col paravento dei 5Stelle. E il Pd è rimasto a guardare  e oggi si trova spiazzato. Perché il solo accreditato nel milieu democratico tra gli italiani, via Obama, è proprio Matteo Renzi. Ma c’è da capire quale impatto la diffidenza americana avrà sulla nostra economia dacché è logico aspettarsi che vi sia un cambiamento d’orizzonte. E del resto la sponda cinese sembra assai più preoccupante, come effetti di colonizzazione del sistema economico, di quella statunitense. Ragioniamo un po’ di cifre e poi vediamo di capire cosa può accadere. L’interscambio Italia Usa è a largo vantaggio nostro anche se negli ultimi mesi ha subito una preoccupante flessione. Nel 2019 avevamo esportato negli Usa per 45 miliardi e 584 milioni di euro con un incremento sull’anno precedente del 7,5%. Gli Usa sono in assoluto il nostro miglior cliente se si esclude lo scambio commerciale con la Germania. Ebbene la pandemia ci ha bloccati. Nei primi nove mesi del 2020 abbiamo esportato solo per 30 miliardi e 697 milioni con una frenata del 7,5%.

Un crollo!! E fortuna che Donald Trump ha avuto un occhio di riguardo: non ha applicato sui vini italiani (gli Usa sono il primo mercato estero delle nostre cantine) i dazi e molti prodotti made in Italy si sono slavati dalle misure di ritorsione per gli aiuti che l’Europa ha concesso ad Airbus. Per contro anche le importazioni nostre dagli Usa si sono ridimensionate. Per avere due peridi omogenei diciamo che nel periodo gennaio-settembre del 2019 abbiamo comprato dagli Usa per 12 miliardi e 871 milioni, nel 2020 abbiamo comprato il 12, 4 % meno fermandoci a 11 miliardi e 280 milioni. Balza agli occhi che noi dal rapporto con gli Usa guadagniamo poco meno di 20 miliardi fermandoci ai primi nove mesi del 2020. Non solo, per noi gli Usa sono un importantissimo partner anche sul versante degli investimenti. Nel solo 2019 gli Usa hanno investito in Italia per quasi 15 miliardi.

Ora spostiamoci sul versante cinese. Prendendo sempre due periodi omogenei e cioè i primi nove mesi del 2019 e i primi nove mesi del 2020 si vede che nel 2019 abbiamo spedito in Cina merci per 9 miliardi e 428 milioni, l’ano scorso per 8 miliardi e 711 con un crollo del nostro export verso Pechino del 7,6%. Leggiamo i dati sulla rotta inversa limitandoci sempre agli analoghi periodi di tempo. Nei primi nove mesi del 2019 la Cina ci ha venduto merci per 24 miliardi e 247 milioni, nello stesso periodo del 2020 cioè in piena pandemia la Cina ha esportato in Italia per 24 miliardi e 348 milioni con un aumento dello 0,45. Facendo due conti si vede che noi paghiamo alla Cina una bolletta negativa per la nostra bilancia commerciale di 15 miliardi e 637 milioni. Nello stesso tempo la Cina a investito in Italia meno di 4 miliardi.

Questi numeri ci dicono che la partnership con gli Usa produce ricchezza per l’Italia quella con la Cina sottrae ricchezza. Ma nonostante questo noi continuiamo a ritenere la Cina come ha detto Giuseppe Conte il nostro principale partner commerciale. Perché? Probabilmente perché ce lo impone l’Europa e perché chi si occupa oggi di commercio estero e di politica estera in Italia non ha gran dimestichezza col mondo. Come si sa nelle scorse settimane – per la precisione il 30 dicembre 2020 –  è stato concluso un accordo commerciale tra Europa e Cina sugli investimenti dopo una trattativa  di 7 ani. Il succo dell’accordo è che ora gli europei possono andare ad investire in Cina  in cambio del via libera alle merci cinesi. Alla firma di quell’accordo erano presenti Ursula Von der Leyen presidente della commissione europea il vicepresidente e commissario al commercio Vladis Drombovskis il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Gli italiani? Non pervenuti. Perché? Siamo un paese marginale in questo accordo, al massimo terra di conquista, di certo un gioiello che l’Ue intende dare in pegno ai cinesi.La Cina è il primo partner commerciale dell’Europa e ha superato lo scorso anno gli Usa. Ma attenzione sono i cinesi che ci invadono con le loro merci perché l’export di Pechino verso l’Ue  nel 2020 anno della pandemia è cresciuto del  4,5%, toccando quota 280,7 miliardi di euro. Nello stesso periodo il valore dei prodotti made in Europe venduti in Cina è rimasto invariato rispetto all’anno precedente, attestandosi a 144,8 miliardi.

L’interesse di Francia e Germania è di riequilibrare questo rapporto vendendo più auto alla Cina (Berlino) e più servizi finanziari (Parigi). L’Italia il primo paese che si è aperto incautamente alla via della seta resta a guardare. Anzi meglio diviene terreno di conquista visto che i cinesi si stanno comprando il porto di Taranto, hanno messo nel mirino altri scali, sono entrati nel capitale di tutte le nostre utilities, nell’Eni, nelle Poste nella Cassa Depositi e Prestiti attraverso la quale hanno messo nel mirino il sistema delle nostre Pmi e che possiedono ormai in Italia almeno 750 fabbriche senza contare quelle che i cinesi hanno impiantato più o meno lecitamente in Italia. Ci sono intere città prese d’assalto dagli immobiliaristi cinesi (Venezia, Firenze Prato, Padova) e a fronte di tutto questo l’Italia non ha costruito una sua piattaforma commerciale a Pechino perché anche il lusso (viene ora aggredito in Borsa) che piace tanto ai nuovi ricchi del fu celeste impero viene intermediato dalle società di trading del governo cinese. E allora torna la domanda inziale. Tu vo fa l’americano? Ci provano quelli del Pd che applaudono Biden, ma strizzano l’occhio a Pechino. E’ pero Renzi quello che ha le carte migliori in questo poker delle alleanze economiche. E la strada che l’Italia ora deve fare per riaccreditarsi con l’America è molto impervia. Chi si illude che il multilateralismo della nuova amministrazione consenta di intonare scurdammoce ‘o passato sbaglia. Quando si tratta di dollari gli americani non scherzano. E per noi sono guai seri perché mentre Washington pompa ricchezza la Cina ci spolpa.

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