CARTA-BIA VINCE, CARTA-BIA PERDE

Consultazioni: Renzi “dialogante” chiede un contratto di governo scritto. Si va verso un secondo giro di verifiche.
Dirimente il ruolo del Capo dello Stato. Non a caso Mattarella affida al grillino Fico il ruolo del “mazziere”.

È del tutto evidente che l’incarico al presidente della Camera del mandato esplorativo serve al Colle per prendere tempo e per introdurre- in caso di fallimento del ter- la variabile governo istituzionale. E arrivare al piano B O C.

Consultazioni in corso. In rapida successione nel pomeriggio di ieri il presidente della Camera, il grillino Fico, incaricato venerdì scorso dal Capo dello Stato, ha dato il via ai colloqui con le forze politiche di maggioranza. Entro martedì è attesa una risposta e cioè se sarà possibile ricucire e tornare allo status quo ante, alla maggioranza Pd, LeU, M5s e Iv per il famigerato Ter. In rapida sequenza, al vaglio della lente di Fico, i primi a varcare la soglia di Montecitorio sono stati i cinque stelle, poi pd e Leu ( concordi su Conte) e per ultima Italia Viva, con un Renzi sorprendentemente dialogante, che chiede un patto scritto, di fare chiarezza sui soldi del recovery perché “scripta manent e verba volant”. In aggiunta chiede “un goveno politico ma non ad ogni costo” e omette di fare i nomi del possibile e suo preferibile sostituto di Conte.
Nel poker che si gioca sull’intricata tela ora il ruolo chiave appartiene al Presidente della Repubblica, unico a poter segnare la svolta.
Molti commentatori hanno parlato del nuovo ruolo di Mattarella in veste di “terapeuta” della crisi, no moral suasion ma detentore dell’ars maieutica socratica. Ma c’è di più. 
Al di là dei ribassi isterici grillini e dei rialzi da poker renziani, la crisi, da venerdì scorso, cambia ritmo e modalità perché il Capo dello Stato vuole così. Mattarella ha in mano la sua carta, decisiva. All’incaricato, non a caso, il pentastellato Fico, il presidente “affida” il ruolo del “mazziere”, il quale diligentemente espleta la pratica consultazioni in fieri. Parole chiave: verifica, esplorazione. Venerdì l’autorevole “irruzione” nello scenario cupo- piatto dopo due settimane e mezzo dalla devastante crisi al buio al tempo del Covid.

Occupa presidenzialmente la scena il Presidente. “In queste ore assumerò una iniziativa”. “Una iniziativa”- scandisce. E subito dopo convoca Fico al Quirinale. Sullo sfondo dell’atto della convocazione tre immagini: la sgangherata maggioranza uscente e i volti dei due duellanti, il dimissionario Conte e l’antagonista pokerista Renzi. È questo il perimetro ( consumato) da cui ripartire. L’esploratore onora il mandato, compie le preliminari verifiche. E’ sulla consapevolezza di questo quadro ( disperato) che il compito è stato affidato a Fico e non al presidente del Senato Casellati, espressione dell’opposizione. Il tentativo ( e sottilineiamo il tentativo) è quello di testare se esitono, e in quale modo, spazi per proseguire con un conte ter. Come? Con un patto di legislatura tra le medesime forze politiche che componevano la precedente maggioranza. Ed ecco che la scelta Fico rappresenta l’ultima concessione per comporre-salvare il ter.

L’investitura del grillino è funzionale a vari fattori: Fico è l’unico che può far da pompiere sulla faglia grillina in esplosione (vedi la bomba Di Battista e compagni contro “l’accoltellatore” e la spaccatura dei grillini ) e acquietare le acque in casa Grillo (che perde pezzi e consensi a più non posso) dare un segnale a Renzi come garante del precario (ma fondamentale per il ter) patto grillini- Italia viva, porre un freno alle ambizioni del pd di fare l’arbiter superiore ( tant’è che Zingaretti dà un freddo via libera a Fico). E Fico abbraccia la strada impervia ( “dobbiamo salvare il premier e il Movimento diceva ieri l’altro”).
Ma l’orizzonte di Mattarella è molto più ampio. La mossa quirinalizia su Fico può esser sì la chance per reincaricare Conte, l’arma per disarcionare Renzi, la possibiltà di togliere l’alibi delle elezioni e il modo per tarpare le ali al sogno di Conte di farsi il partito per provarsi al voto, ma è del tutto evidente che l’affido al presidente della Camera del mandato esplorativo serve al Colle per prendere tempo e per introdurre la variabile del governo istituzionale. Se l’incarico proforma a Fico non dovesse funzionare si può subito “virare” verso un’altra carta: un piano b o C.
La carta decisiva è nelle mani del Capo dello Stato e potrebbe rispondere al nome di Marta Cartabia, già presidente della Corte Costituzionale e, forse chissà, prossimo premier, una personalità nella quale Mattarella ripone profondissima stima. Già venerdì un “cinguettio” al quale si sono aggiunti altri ieri secondo cui Cartabia “sarebbe in viaggio verso Roma” ( autore Alessandro Baro, suo assistente, che venerdì in piena fibrillazione su facebook posta un“comin back home”) flash, nemmemo a dirlo, riportato da Dagospia. Si vedrà se Cartabia sarà.
La possibilità esiste, le variabili pure.

Lo scenario è fragile e gli attori logori, per non parlare del Paese, basito e stufo per una crisi incompresa e al collasso per l’economia. Perciò Mattarella dà l’ultima chance consapevole delle difficoltà ( per usare un eufemismo). Nonostante il Renzi dialogante di ieri sera, i nodi sono tutti al pettine, grillini, pd, italia viva. Difficile l’incastro.
Conte è indebolito, nelle mani del suo carnefice e dei pentastellati scissi e anche loro fiaccati. La pacchiana operazione responsabili che ha perseguito fino allo sfinimento si è trasformata in una Caporetto. Casini, moderato responsabile doc, che ai soccorritori moderati non ha mai creduto, avverte Conte che “importante non è perseverare”. Conte mentre faceva la sua disperata caccia ai responsabili “reintronizzava Renzi”- calca Casini- e invece dopo le dimissioni del rottamatore doveva salire subito al Colle, così ha perso venti giorni, certifica “PierFerdi” il centrista. “Perché la Dc è morta ma non sono morti i democristiani e se la crisi finisce così non fa che rafforzare Renzi”- sentenzia.
E a questo punto colui che appare ancora il dominus vincitore lo è però solo nello scacchiere politico. Perché in realtà dopo la vicenda “Matteo d’Arabia” e la boutade (voluta) sull’Arabia Saudita culla del nuovo rinascimento (eccome no, nel Paese delle decapitazioni in piazza, dove frustrano le donne e non solo…) Renzi è ancora meno amato nella percezione popolar-elettorale che gli riconosce in toto la figura del guastatore. Ed ecco allora che in questo quadro ben si innesta la variabile istituzionale e, chissà, lady Cartabia premier. Un rinnovamento non da poco nel Paese al buio e magari, questo sì, forse un segnale nuovo. Ma con quale orizzonte istituzionale? Tutto da verificare.

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