ITALIA CENERENTOLA D’EUROPA IL FMI VEDE UN FUTURO NERO

Dimezzate le stime di crescita e si conferma che da venti anni siamo gli ultimi, si pianta l’export e rischiamo che le risorse del Recovery si riducano.

Va sempre peggio e l’Europa è sempre più lontana. I dati dell’Fmi arrivano, ultimi, a dirci che l’Italia è in una crisi profondissima. A questo si aggiunge la prospettiva molto concreta che i fondi del Recovery siano meno del previsto perché la torta va spartita con paesi che stanno subendo danni rilevanti dalla pandemia e pure l’export si è piantato. Il Fondo Monetario Internazionale ha rilasciato una settimana fa l’ultimo World Economic Outlook. L’economia mondiale ha bloccato l’emorragia nel 2020 al meno 3,5 % (quasi un punto meglio delle previsioni) e già quest’anno il rimbalzo di cinque punti e mezzo dovrebbe far ripartire il commercio mondiale previsto in crescita dell’8%. Chi ci guadagna dalla pandemia è la Cina e questo si sapeva, l’America dovrebbe tirarsi su abbastanza in fretta già a fine anno, chi invece farà fatica è l’Europa. L’Eurozona dovrà aspettare almeno a metà del prossimo anno per respirare. E già quest’anno la crescita prevista sarà inferiore alle attese il 4,2% contro un 5,2% stimato. Ma il ritratto di famiglia europea per noi è desolante. E’ vero che abbiamo perso “solo” il 9,2% di Pil nel 2020 (1,4% meglio delle stime e in linea con le previsioni del governo) ma quest’anno finiamo in fondo alla classifica. La nostra economia crescerà meno di tutti gli altri paesi europei: appena il 3 per cento contro una prima stima che accreditava il 5,2%. Confermiamo il costante gap negativo con l’Europa. Dal 2000 al 2020 la crescita del Pil italiano è stata appena del 3,7% se sommiamo la perdita del 9,2 stimata dal Fondo Monetario se ne ricava che dall’Euro in avanti abbiamo perso il 5,83% del Pil. Ci sono altri due dati inquietanti e che spiegano perché non abbiamo la spinta per ripartire.

La forbice dell’indice della produzione industriale tra l’Italia e l’Eurozona si è allargata di 35 punti, vuol dire che noi produciamo un terzo meno dell’Eurozona e questo nonostante i prezzi alla produzione siano sostanzialmente simili. Vuol dire che il gap negativo sulla produttività sta tutto nel cuneo fiscale –costo del lavoro – nel peso della burocrazia e nella carenza infrastrutturale. Nel 2000 il reddito pro-capite in Italia era attorno ai 26300 euro annui e ci collocava sopra la media Eurozona e di gran lunga sopra la media europea. Nel 2019 il reddito italiano era a 27 mila euro, quello europeo 28.700, quello medio dell’Eurozona a 31mila euro. Questo spiega il gap. L’ Fmi ha anche una sua ricetta: stabilizzazione dei mercati con politiche monetarie accomodanti, investimenti e sostegno alla domanda. Ma per l’Italia forse servirebbe anche un miracolo. La Spagna ha avuto a fine 2020 una contrazione del Pil dell’11,1 % ma rimbalzerà di quasi il 6, la Germania ha contenuto le perdite al 5,4 e crescerà del 3,5, l’Eurozona ha perso il 7,2 risale del 4,2. Con la valanga di debito pubblico che abbiamo (e va ricordato che il salvifico Recovery Fund è per il 63% nuovo debito) se non riusciamo a crescere non c’è alcuna speranza. L’osservatorio di Carlo Cottarelli ha stimato che per tenere il passo del debito l’Italia dovrebbe crescere almeno del 6,3%. C’è da domandarsi se il ministro per l’Economia Roberto Gualtieri sia consapevole del quadro di finanza pubblica che si sta prospettando. Il rapporto debito/pil non riuscirà a scendere al 154 % come preconizzato dalla legge di bilancio e probabilmente il rapporto deficit/pil previsto al 7,6% contro il 13 dell’anno appena trascorso resterà sui valori del 2020 il che significa che dovremo aumentare di nuovo il debito e che a fronte di 310 miliardi di titoli in scadenza il fabbisogno salirà da 510 miliardi previsti a una quota molto vicina ai 550 miliardi.

Questo significa una cosa sola: una valanga di tasse che deprimeranno ancora di più la nostra economia. Perché nei dati dell’Fmi c’è anche una potenziale pessima notizia per gli europeisti visto che ci sono paesi che nel 2020 hanno sofferto più di noi e oggi diventano concorrenti nella spartizione dei fondi del Recovery. Come scrive autorevolmente l’osservatorio sui conti pubblici: “Se la caduta del Pil italiano risulterà meno pesante di quella di altri stati, quali Francia, Spagna e Portogallo i finanziamenti potrebbero essere più contenuti. Inoltre, solo una parte dei fondi risulterebbe effettivamente erogabile nel 2021. Si ipotizza che dal Recovery Fund arrivino nel 2021 60 miliardi, di cui 30 come trasferimenti a fondo perduto”. E’ in questo quadro che ci si muove, ma nessun sembra preoccuparsene anche perché nessuno sembra interessato a fare un bilancio per rimuovere almeno in parte le ragioni della bassa crescita dell’Italia. Sarà però indispensabile farlo perché anche la voce che ci ha tenuto a gala finora, l’export, è in pericolosa contrazione. Ecco i dati a consuntivo del commercio estero extra-Ue diffusi dall’Istat: “il 2020 si chiude  con una contrazione dell’export del 9,9% (la più ampia dal 2009), spiegata per oltre 6 punti percentuali dal calo delle vendite di beni strumentali e beni di consumo non durevoli”. E’ l’Italia che non va, anzi va sempre peggio.

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