MORTE ATTANASIO: I TANTI MISTERI CHE NON HANNO RISPOSTA

“Oggi piangere è doveroso” ha detto il cardinale Angelo De Donatis ai funerali di Stato per l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci macellati in Congo.
Tempo due giorni e ai più si saranno asciugate le lacrime: del funerale resterà il gossip sulla natura dell’indisposizione di Mattarella, assente.
Dal Congo stiamo infatti ancora aspettando di conoscere i mandanti e le cause – lasciamo perdere i responsabili – della strage di italiani del 12 novembre 1961.
Ricordate?
No, nessuno lo ha ricordato in questi giorni: il massacro di Kindu.

Tredici ignari aviatori mandati allo sbaraglio nella solita pomposa e fragile missione Onu, a guida belga, ai tempi del “prode” (per la sinistra mainstream) Lumumba in un paese che usciva dal colonialismo, lacerato dalle guerre interne e dalla scissione del Katanga. Tredici militari italiani che furono affettati a colpi di machete e ritrovati solo tre mesi dopo in una fossa comune, non senza la gragnuola iniziale di notizie false e frammentarie, faide politiche interne ai partiti italiani e con un Pci ancora terzointernazionalista che non voleva compromettere la solidarietà con i ribelli.
Il tutto unito alle note pavidità diplomatiche dell’Italietta ufficiale. Forse scambiati per belgi da una fazione contraria o per fiancheggiatori dei secessionisti, non si sa, non si è mai saputo. E così il nostro disgraziato paese dimenticò presto la prima strage di suoi connazionali dopo il 1945 (se si esclude il massacro di Vergarolla, Pola, “a cura” dei sicari di Tito – anch’esso rimosso), tanto che solo nel 2007 i parenti delle vittime di Kindu ottennero una legge sul risarcimento.

Teatro dell’eccidio fu la provincia di Maniema, confinante proprio con la provincia del North Kiwu dov’è stato ucciso l’ambasciatore. La distanza è meno di un’ora di volo. Stessa zona, stessi misteri, a distanza di 60 anni.
Ma veniamo ai nostri poveri Attanasio e Iacovacci, impegnati in una missione Onu del World Food Programme (e perché mai? Anche questo andrebbe chiarito), lasciati dai burocrati del Palazzo di vetro senza auto blindata e senza scorta a viaggiare in una zona teatro di scontri e massacri da anni. E con le autorità di sicurezza locali che, dopo averli accolti all’aeroporto, sono poi spariti lasciandoli soli, e oggi dichiarano ai media di non sapere dove sarebbero dovuti andare.
Il North Kiwu, provincia nota per il parco dei Virunga, quello dei gorilla di montagna, è una delle zone più insanguinate dell’enorme e ricchissimo Congo (leader mondiale nel produrre cobalto, metallo per telefonini e auto elettriche) dove spadroneggiano milizie autodidatte, fra cui i ribelli ruandesi, additati come responsabili dell’attacco (ma che hanno smentito).

E la polizia dice di non sapere? Stupefacente!
Secondo le indagini dei carabinieri del Ros, i primi risultati autoptici parlano di un tentativo di sequestro mandato all’aria dall’arrivo dei guardaparco. E chi li ha uccisi i nostri? I rapitori o il fuoco amico?
Non è stato esploso alcun colpo dalla pistola del carabiniere. Quindi non si sono difesi. Attanasio è stato ferito all’addome, da sinistra a destra, senza lasciare residui bellici. Iacovacci è stato raggiunto da uno sparo nel fianco e da un altro che toccato l’avambraccio per fermarsi al collo, dove è stata trovata l’ogiva di un Kalashnikov (sempre lui). I carabinieri, inviati a Goma, proveranno a controllare le armi dei ranger e a compararle col proiettile trovato nel corpo di Iacovacci e a quelli rinvenuti sulle auto del convoglio. Ci riusciranno dopo giorni? Ne dubitiamo, visto che i guardaparco avranno avuto tutto il tempo di alterare eventuali prove.
Forse si saprà qualcosa dall’addetto che si è salvato, il vicedirettore del programma Onu/Wfp in Congo Rocco Leone, ma pare attualmente in stato di shock e ancora impossibilitato a dare la sua testimonianza.

Intanto l’Onu non ha ancora ufficialmente preso posizione, almeno per scusarsi. Sta infatti ancora ricostruendo, con comodo, la dinamica dell’eccidio. Se i morti, che so, fossero stati francesi, il Wpf si sarebbe già profuso in scuse e rilanci.
Infine, c’è pure un tragico effetto collaterale: Pietro Panarello, quarantenne consigliere diplomatico in Etiopia, dopo la notizia di Attanasio si è ucciso. Pare avesse gravi problemi di famiglia, ma il tempismo fa riflettere.
La domanda è: come diavolo protegge l’Italia i suoi servitori all’estero? Dobbiamo rassegnarci al pianto del Cardinale?

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