LA RIVINCITA DI BOJO: TUTTI VACCINATI, STERLINA ALLE STELLE E L’UE RESTA A GUARDARE

Allarme per vino, formaggi e pasta: un danno da 3,4 miliardi di lire e le prospettive sono nere. L’export italiano crollato del 38,3 % mentre Uk va verso l’immunità di gregge e l’economia di Sua Maesta è in salute. Altro che tragedia Brexit

La Brexit doveva essere l’apocalisse per il Regno Unito e invece sta frenando le nostre esportazioni. E’ la rivincita del premier britannico Boris Johnson e la Brexit per ora sembra un pessimo affare sì, ma solo per la spocchiosa Unione Europea. L’allarme è arrivato nei giorni scorsi. Rischiamo di perdere 3,4 miliardi di vendite di prodotti alimentari. E pensare che Paolo Gentiloni (commissario all’Economia a Bruxelles di stretta osservanza Pd) il 12 febbraio ci ha fatto sapere: “La Brexit implica una perdita, in media, intorno al mezzo punto percentuale di Pil per gli Stati Ue fino alla fine del 2022” e “del -2.2% per il Regno Unito nello stesso periodo“. Insomma chi volta le spalle all’Unione Europea peste lo colga. BoJo però contro la peste (il virus cinese) ha messo in campo tutte le forze possibili.

Prima della Brexit avevano detto che le fabbriche farmaceutiche avrebbero lasciato Londra, oggi Ursula Von der Leyen è costretta a chiedere ad AstraZeneca anche i vaccini prodotti in Gran Bretagna, la risposta è: nemmeno per sogno, gli accordi parlano chiaro, all’Europa vanno solo le dosi prodotte in Europa e la Gran Bretagna non è tra i paesi dell’Unione. Anzi Londra fa shopping di vaccini anche in terra francese. Si è comprata il siero Valneva (società pubblico-privata di Parigi) perché sarà materialmente prodotto negli stabilimenti di Livinston, in Scozia. Grazie alla campagna vaccinale massiccia la Gran Bretagna – si avvia ai 20 milioni di immunizzati: un terzo della popolazione e a giugno l’inquilino di Downing Street è sicuro di poter riaprire interamente UK alla vita e dunque di dare una formidabile accelerazione all’economia – uscirà dalla pandemia prima dell’estate, entro quest’anno il Pil di Londra tornerà a livelli pre-virus cinese.

Mentre l’Europa vede il segno meno nell’ultimo quadrimestre Londra ha fatto + 1,1 per cento di Pil in più, la produzione industriale britannica (anche grazie alla farmaceutica) ha fatto + 0,2 a dicembre e + 0,5 a gennaio. Ma le cattive notizie per gli europeisti senza se e senza ma non arrivano mai da sole. Ed ecco che la Coldiretti per bocca del suo presidente Ettore Prandini ha fatto sapere che in un mese – dall’entrata in vigore della Brexit – il nostro export verso il Regno Unito è crollato del 38,3 per cento. Come mai? Perché l’accordo fatto dall’Ue prevede talmente tanti vincoli burocratici che vendere in Gran Bretagna è diventato difficilissimo. A parziale consolazione si può dire che anche Londra vende molto meno (calo del 69%) in Europa che rappresenta circa due quinti del suo export.

Ma per l’Italia la botta è grossa perché noi siamo il terzo esportatore in UK con un saldo commerciale attivo per 12 miliardi. Cosa vendiamo, anzi cosa vendevamo ai sudditi di sua Maestà britannica? Moda, macchine e tanti alimentari. Londra è per noi il quarto cliente con 3,4 miliardi di acquisti tra pasta, pomodoro, salumi, formaggi, in particolare Parmigiano Reggiano e Grana Padano, e soprattutto vino. Uk è circa l’8% del nostro export agroalimentare. Per il Prosecco il mercato britannico è il primo estero in assoluto. La paura è che il trend al ribasso si consolidi colpendo in particolare le piccole aziende perché gli accordi fatti da Bruxelles con Boris Johnson sono per quanto riguarda l’agroalimentare molto lacunosi.

La Coldiretti avverte che mancano regolamenti fitosanitari e sanitari e che dal primo di luglio il blocco burocratico alle frontiere – già oggi in Olanda chi arriva da Uk anche solo con un panino viene fermato e del pari chi vuole esportare cibo passa estenuanti verifiche – potrebbe diventare quasi insormontabile senza contare che dal 2022 si dovranno cambiare, ad esempio per i vini, tutte le etichette.
Senza contare che in Gran Bretagna le vendite al dettaglio sono crollate, che i britannici hanno in banca 125 miliardi in più causa lockdown da virus cinese. Tutto questo mentre Londra vince la classifica come città dove è più conveniente investire secondo l’indice Global Cities di Schroders e con un’economia britannica che vede l’uscita dal tunnel. La Sterlina è ai massimi (ci vogliono 1,15 euro per comprarne una), la Banca d’Inghilterra stima in via prudenziale una crescita del 5% nel 2021 e del 7,25% nel 2022. Dunque ci sarebbero tutte le condizioni per esportare, peccato che la Brexit che doveva complicare le cose ai sudditi di Sua Maestà per adesso crei problemi solo alle cantine italiane.

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