IL PD DI LETTA SEMBRA FRANKENSTEIN JUNIOR

Il neosegretario ha una prospettiva ulivista con Conte e vetero democristiana con Prodi proiettato al Quirinale. Così vengono in mente le lucciole di Pasolini

Defunge il Pd, si riesuma la Dc. Enrico Letta nei panni di Gene Wilder interpreta Frankenstein junior e trasforma il partito nella “creatura” con Frau Blucher al secolo Ursula Von der Leyen come badante e Nicola Zingaretti che come Igor (Marty Feldman) innesta nel cadavere del fu partitone una testa ab-normal: l’idea ulivista. Così il nuovo Pd immaginato da Letta è già vecchio, ma prova a smentire Luigi Pintor che nell’83 profetizzò: Non moriremo democristiani. Quanto agli eredi del Pci si rassegnino, in questa “creatura” l’unico tratto che di loro sopravvive è il luogomunismo. Il discorso d’ insediamento del neosegretario (neo si fa molto per dire) ne è una summa teologica punteggiato da scaltrezze di sacrestia: lo ius soli, il voto ai sedicenni, l’appello ai circoli (chiamarle sezioni sa di stantio, definirle case del popolo avrebbe un sapore nostalgico) è il tentativo disperato di allargare la base elettorale. La prima preoccupazione di Enrico Letta è: non sparire. S’è subito lanciato nella prospettiva ulivista: macché vocazione maggioritaria di veltroniana memoria, nessuna ossessione ex comunista di non avere nemici a sinistra; si viene a patti con tutti per non perdere il potere. Letta sa che è l’unico adesivo per tenere insieme la creatura; il Pd ha governato per l’87% del tempo senza vincere un’ elezione dal lontano 2008.

Ma stavolta lo scontro nelle urne potrebbe essere esiziale, serve allargare la base elettorale, bisogna ricorrere a parole d’ordine anche se sono “flatus voci”. Viene così in mente un articolo del 1975 di Pier Paolo Pasolini: “Gli uomini di potere democristiani sono passati dalle lucciole alla scomparsa delle lucciole senza accorgersene”. Non vale neppure la pena di sostituire democristiani con Pd perché Enrico Letta è intimamente democristiano, ma di quella Dc capace di mediare con chiunque pur di governare. Pasolini notava che si era passati da una società rurale e paleoindustriale dove i valori che contavano erano la Chiesa, la Patria, la famiglia, l’obbedienza, la disciplina, l’ordine, il risparmio, la moralità a una società consumistica e industrializzata. Questo passaggio aveva generato un vuoto di potere in sé che i democristiani d’allora avevano riempito con il vaniloquio. Siamo di nuovo a un tornante della Storia generato dalla pandemia e ancora una volta sentiamo un democristiano, Enrico Letta, darsi al luogocomunismo per riempire il vuoto di potere. Non si sono accorti nel Pd e non se ne può accorgere “la creatura” che l’arrivo di Mario Draghi in Italia ha già colmato quel vuoto di potere e in Europa dove istituzioni deboli– lo dimostra il caos sui vaccini e l’incapacità a trattare con le multinazionali dei farmaci – vengono soppiantate da quelli che Pasolini chiamava “eserciti nuovi in quanto transnazionali, quasi polizie tecnocratiche”.

Enrico Letta perciò rispolvera antichi arnesi. S’appella di nuovo al Vaticano e chiede a Bergoglio una certificazione di modernità parlando di ecologia e immaginando che i milioni di posti di lavoro persi, si mitigano con “un mondo che sia un abbraccio fra giovani e anziani” perché “ce lo ha detto il Papa: nessuno si salva da solo”. La proposta politica è stantia e odora di sacrestia. L’esempio da seguire così è Sergio Mattarella, la prassi è quella ulivista: “Noi abbiamo vinto quando abbiamo fatto coalizione. Quando siamo andati da soli abbiamo perso. Parlerò con tutti, parlerò con il M5S di Conte”, il programma è quello di Romano Prodi: “La nostra politica deve essere mettere insieme l’anima e il cacciavite”, il riferimento è “L’Europa che è la nostra casa e l’Europa del 2020 è quella che ci piace, con al centro la solidarietà, il lavoro e il pilastro sociale”. Ecco spiegato tutto di Enrico Letta: archiviare il Pd dalla doppia radice e riaffermare con la benedizione del Vaticano o di una sua succursale che potrebbe essere villa Nazareth, una centralità vetero democristiana di cui padre nobile è Sergio Mattarella e i pilastri sono lui medesimo e Giuseppe Conte chiamato a normalizzare se non anche a moralizzare quel che resta dei Cinque stelle per portare Romano Prodi al Quirinale. Che il professore bolognese sia stato attivissimo nei giorni scorsi a cucire il rapporto con Giuseppe Conte e che oggi l’ascesa di Enrico Letta lo gratifichi nelle sue ambizioni quirinalizie è più che palese. Non ne sarà felice Dario Franceschini, ma si sta lavorando per ripristinare un ordine che è stato sconvolto dalle cose. Non a caso Letta ha argomentato: “Il governo di Mario Draghi è il nostro governo, è la Lega che deve spiegare perché lo appoggia, non noi”. Come dire Draghi è dei nostri ma è anche nelle nostre disponibilità.

Chi vuol intendere intenda. E’ d’esperienza comune che Sergio Mattarella lo ha imposto per evitare che il Centrodestra vincesse eventuali elezioni, ma nella speranza che sia solo una parentesi che Enrico Letta deve chiudere restituendo agli ex democristiani ciò che fu della Dc. Ci prova col suo Frenkenstein junior, lo ha detto ai delegati del fu Pd: “Non vi serve un nuovo segretario, l’ennesimo, ma un nuovo partito”. Chissà come l’hanno presa gli ex Pci sentendo peraltro che nell’olimpo di Letta non c’è nessun uomo della loro sinistra. “La creatura” però è un partito vecchio. Perché i sedicenni che escono da due anni di Dad non sanno nulla della fu Dc e probabilmente non voteranno, di certo non voteranno il Pd un partito che scambia per nuova generazione le sardine guidate Mattia Santori un 35 enne “fuoricorso”, perché lo ius soli di fronte a milioni di disoccupati, a milioni di imprese che chiudono, a un paese in pre-fallimento allontana e allarma gli operai, la base del fu Pd dalla “ceratura” di Letta, perché i centomila morti che “ rendono reale nient’altro che il luttuoso doppiopetto” del Pd sono in capo al governo bis-Conte che non ha saputo affrontare la pandemia, sono in capo a quell’alleanza che Letta vuole ulivizzare, perché l’Europa che è la casa della “ceratura” è la stessa che ha fallito di fronte all’emergenza virus. La retorica sui migranti, l’Europa, i giovani, i posti di lavoro sono le “lucciole scomparse”; Letta non se ne è accorto, ma la sua “creatura” è nata vecchia e rischia di perdere per strada gli orfani del Pci. Così, semmai si andrà al voto, potrebbe avverarsi la profezia di Pintor: non moriremo democristiani.

0 Points