UN CAPITANO DI FREGATA PER FREGARE IL CAPITANO? IL CENTRODESTRA RILANCI LA REPUBBLICA PRESIDENZIALE

Succedono strane cose mentre il Pese è fiaccato dall’emergenza virus cinese. Sembra quasi che ci sia una manovra a tenaglia per fiaccare nel governo Lega e Forza Italia e rompere il fronte elettorale con Giorgia Meloni. Così torna di attualità un vecchio detto di Sandro Pertini.

A brigante, brigante e mezzo. Rispolveriamo un adagio caro a Sandro Pertini, il più amato tra i presidenti della Repubblica, per offrire un consiglio, non richiesto, a Matteo Salvini e al centrodestra. Succedendo strane cose. Enrico Letta appena insediato al vertice di quel che resta del Pd pone sul tavolo lo ius soli ben sapendo che è tema divisivo; la zona rossa diventa un fine pena mai per il ceto produttivo e le partite Iva; le inchieste giornalistiche e delle Procure puntano ossessivamente la Lombardia trascurando i disastri di altre regioni come la Toscana mentre va lentissima l’indagine sulle mascherine comprate da Domenico Arcuri. In ultimo una storia di barbe finte imbastita mentre il Copasir (la commissione parlamentare che si occupa dei servizi) è nel limbo, che coinvolge guarda un po’ la Russia e ha come attore un marinaio tal Walter Biot. Il suo grado dice molto: è capitano di fregata e sorge il sospetto che serva a fregare il Capitano.

La spia avrebbe venduto segreti militari per 5 mila euro perché pieno di debiti. Ora va bene la crisi, ma che informazioni tali da sostanziare – parole del ministro degli Esteri Luigi Di Maio – un atto di gravissima ostilità da parte della Russia siano cedute a prezzi di discount fa un po’sorridere. Il capitano di fregat(ur)a non parla, ma ha una famiglia loquacissima: la moglie, il figlio tutti a raccontare di mutui, di preoccupazioni per il domani se il fregatore verrà congedato con disonore. Ma se ha così tanti debiti non potrebbe aver invece accettato di recitare a cachet una parte in commedia su copione scritto da nostri servizi non vigilati dal Copasir? Insomma non potrebbe essere che si è fatto beccare apposta? Forse perché col capitano di fregata c’era da fregare il Capitano?  E’ di tutta evidenza che i politici italiani che hanno più rapporti con Vladimir Putin sono Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.  Guarda caso sono i leader dei due partiti di centrodestra al Governo. Involontariamente dà spazio a questa interpretazione il sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova (Più Europa, ma siamo sicuri che sia un vantaggio?) che richiesto se la spy story possa escludere acquisti di vaccino russo Sputnik, ha risposto: che c’entra?

E’ un’altra storia. Appare evidente che sia in atto una manovra a tenaglia che ha come primo obbiettivo sfrattare la Lega dalla maggioranza di governo o di logorarla tenendo buono Berlusconi nella speranza di rompere un futuro fronte elettorale di centrodestra. La manovra è stata pensata sin dal sorgere del Governo Draghi e sostengono i soliti bene informati che promani direttamente dal Quirinale. L’aver mantenuto Roberto Speranza, su consiglio di Sergio Mattarella, al ministero della Salute ha come motivazione il non far venir meno la continuità (e dunque, a giudicare dai risultati, la perseveranza nell’errore) in stagione di pandemia, ma ha come risultato rendere alla Lega urticante la partecipazione al Governo. Si potrà obbiettare che Mario Draghi avrebbe ben potuto far pesare al momento della nomina la sua autorevolezza, ma il patto che gli è stato proposto è questo: resterai in carica almeno fino a metà del 22, quanto ti basta se ti va male la corsa al Colle per scalare l’Europa che allora sarà sgombra di Angela Merkel e forse anche di Emmanuel Macron. Il traguardo che il Quirinale si è dato in questa operazione è arrivare ad agosto prossimo quando scatterà il semestre bianco che rende impossibile sciogliere le Camere.

Da lì all’elezione del nuovo presidente della Repubblica – Sergio Mattarella dice di non essere in corsa ma sono molti a ritenere che invece sia della partita – si lavorerà da parte della possibile coalizione anche elettorale Letta-Conte-Speranza alla distruzione della Lega. Un motivo in più per pensare che l’Italia d’estate non riaprirà: sarebbe darla vinta a Matteo Salvini e al suo ministro del turismo Massimo Garavaglia. Forse è un caso, ma pure il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario al virus, ha detto che l’immunità si raggiungerà a settembre! Gli italiani si preparino alla clausura fino al prossimo inquilino del Colle. Competono per quel posto anche Romano Prodi, sorretto dal fronte filocinese che va da Enrico Letta a Giuseppe Conte via Giuseppe Grillo e al Vaticano col pur ridimensionato segretario di Stato Pietro Parolin, e Mario Draghi che ha fatto assolute professioni di atlantismo per contrapporsi a quello schieramento. Enrico Letta tenterà di cuocere a fuoco lento Draghi lasciandolo impantanato nel governo al momento della chiama per il Colle. E qui scatta il “comma” Pertini. Così come il neosegretario del Pd ha sparato la bordata dello ius soli, Matteo Salvini rilanci sulla Repubblica presidenziale.

Su questo terreno Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni sono prontissimi a serrare il Centrodestra. Vi sono tutte le motivazioni, peraltro accresciute dall’emergenza, per porre l’elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio ampliandone i poteri. Se non ora quando mentre l’Italia rischia di affondare in attesa che i giochi per il Quirinale vengano fatti? Già questa domanda rende legittimo incardinare la questione della Repubblica presidenziale. La cronaca s’incarica di esplicitarne l’urgenza: abbiamo avuto dal 2013 al 2018 presidenti del Consiglio espressione del Pd che ha governato non confortato dai voti. Abbiamo dal 2018 a oggi tre governi guidati da un non parlamentare. Abbiamo scoperto che il presidente della Repubblica non è affatto un uomo senza poteri, a maggior ragione quando le condizioni del Paese si fanno critiche è di fatto l’unico potere. Siamo reduci dai settennati di Oscar Luigi Scalfaro, di Giorgio Napolitano (in realtà otto anni) e ora di Sergio Matarella in cui i presidenti hanno esercitato non solo un potere di garanzia, ma di cogenza sia pure con stili diversi. Se è così allora sia il popolo, cui l’articolo uno della Costituzione assegna il potere, a decidere chi e come quella cogenza debba esercitare.

Si dirà, ma per fare questo bisogna cambiare la Costituzione. Vero, il Centrodestra però se le elezioni – ammesso che ci sia restituito il diritto democratico del suffragio –  andranno come pronosticano i sondaggi potrebbe avere numeri sufficienti per cambiare da solo e senza referendum confermativo la Carta. Se la guerra di logoramento è cominciata Matteo Salvini alzi la posta e ponga insieme a Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni la questione Repubblica presidenziale. Come diceva Sandro Pertini: a brigante brigante e mezzo!

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