LA COSTITUZIONE IL GREEN DEAL E L’ECO-DITTATURA IMPOSTA DALL’UE

Il 38% dei soldi del Recovery Fund devono essere impiegati in energia pulita, attenzione che questo può significare la devastazione del paesaggio a colpi di foreste di pale eoliche e campi di pannelli solari. In danno dell’agricoltura certo, ma anche in spregio dell’articolo 9 della nostra Carta.

Se ancora serviva si ha in queste ore la dimostrazione di come l’Europa sia una sorta di riservato dominio della Germania e come le azioni europee prescindano dall’analisi obbiettiva e dalla presa d’atto delle differenze che esistono tra i vari paesi. Il nostro presidente del Consiglio Mario Draghi che pure aspira, uscita di scena Angela Merkel e appannato Emmanuel Macron, a recitare un ruolo di primo piano a Bruxelles non va immune da questa logica eurocratica e lo dimostra il modo in cui ha impostato e sta imponendo il PNRR, il famoso Recovery Plan che nulla ha di salvifico, ma significa altro debito sulle nostre spalle. Ciò detto va suonato un allarme forte e molto chiaro sulla parte del Recovery agganciata al Green Deal voluto da Ursula Von der Leyen che è lo strumento con il quale la Germania vuole farsi finanziare dagli altri la propria riconversione industriale. Ben il 38% delle risorse del PNRR sono destinate a progetti verdi e tra questi l’incentivo all’energie rinnovabili assorbe quasi 7 miliardi. Intanto una domanda andrebbe posta: rinnovabili, ma quali? L’eolico? Il solare? Il biogas?

L’impostazione molto green che la Von der Leyen ha dato al Recovery anche per arginare l‘ascesa dei Verdi alla guida della Germania federale – torniamo agli interessi privati tedeschi in atti d’ufficio –  ha già prodotto amarissime considerazioni. Una su tutte. Il capo economista della Deutsche Bank Eric Heymann ha messo nero su bianco: “Il Green Deal europeo e il suo obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 minaccia una mega crisi europea, portando a una notevole perdita di benessere e posti di lavoro. Non funzionerà senza un certo grado di eco-dittatura. Attorno alla transizione ecologica c’è un dibattito disonesto. Dovreste avvertire gli 830 mila occupati tedeschi nell’industria dell’automobile che perderanno il posto. E ipotizzare di sostituire quegli occupati con chi dovrà smaltire le batterie inquinanti delle auto elettriche è pura demagogia. A livello dell’UE, ci saranno grandi conflitti. La politica climatica si presenta sotto forma di tasse e tariffe più elevate sull’energia, che rendono il riscaldamento e la mobilità più costosi. Cosa dovremmo fare se i proprietari di immobili non vogliono trasformare le loro case in edifici a emissioni zero? Se non hanno i mezzi finanziari per farlo?

Per imporre queste scelte dovremo allora istaurare una eco-dittatura”. Ne abbiamo un esempio palmare in queste ore in cui si discute ferocemente sul bonus del 110 %. E’ il  caso classico di chi non vuole o non può adeguare le case ai protocolli verdi e che viene costretto a farlo non con il finanziamento dello Stato, ma con la mera imposizione. E qui si viene al punto centrale. Da quando è scoppiata la pandemia di virus cinese la Costituzione è stata scempiata: lo si è fatto con il sistematico conculcare i diritti e le libertà individuali in nome della pandemia. Siamo alla pseudo-dittatura sanitaria a cui si sta per aggiungere l’eco-dittatura. Che è pericolosissima. L’articolo 9 della nostra Carta recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Vogliamo sapere qui e subito quelle famose rinnovabili finanziate con 7 miliardi degli italiani sono i parchi eolici che deturpano montagne, vallate e isole? Sono la distesa di panelli solari che sfrattano l’agricoltura dai campi? Sono immensi biodigestori che sottraggono risorse all’agricoltura per destinarle a produrre energia desertificando le campagne dalla presenza antropica? Mario Draghi non può cavarsela con un appello alla tecnocrazia europea, all’innovazione.

Quando diciamo che esistono le diversità positive tra paesi europei intendiamo questo. L’Italia è il luogo del paesaggio, l’Italia ha inventato il paesaggio, l’Italia ha creato il paesaggio. E il paesaggio è insieme manifestazione culturale, radice antropologica e risorsa economica. Il nostro presidente del Consiglio deve garantire nel momento in cui vara il PNRR che la produzione di energia rinnovabile è una subordinata del paesaggio non viceversa. E’ appena il caso di richiamare che la convenzione europea del paesaggio adottata dal Consiglio d’Europa nel 2000 e scritta a Firenze recita nel suo primo articolo: “Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Per noi il paesaggio è il primo motore turistico e per noi tutela dell’ambiente è prima di tutto tutela del paesaggio. Il combinato disposto della convenzione europea e dell’articolo 9 della Costituzione fa sì che non ci siano spazi per l’introduzione di scorciatoie. Scorciatoie che peraltro già s’intravvedono perché al riparo della sacrosanta esigenza di semplificazione può insinuarsi l’idea che l’interesse presunto superiore del PNRR possa fare premio su di un valore assoluto qual è il paesaggio.

Ciò peraltro innesca  una perniciosa contraddizione: che per una conversione supposta ecologica si distrugge il solo luogo dove uomo e natura collaborano alla costruzione di un sistema che tende al bello che sta in equilibrio in un reciproco benessere e che ha come missione l’efficacia e non l’efficienza. Non vi può essere in Italia un approccio da pensiero calcolante sull’evoluzione green, è  indispensabile che vi sia un pensiero meditante! Che così si traduce: si vuole puntare alle energie rinnovabili? Bene, benissimo, ma si sappia che esiste il limite del paesaggio. Che in Italia non è lo stesso limite della Germania, o della Francia o dell’Olanda. Peraltro il richiamo continuo alla sostenibilità che è diventato un luogo-comunismo dovrebbe aver fatto maturare la consapevolezza che la sostenibilità è prima di tutto incorporazione del limite. In Italia questo limite si chiama primariamente tutela del paesaggio. A meno che Mario Draghi, dopo la dittatura della paura, non ci voglia imporre in simbiosi con  la Commissione Europea anche un’ eco-dittatura.

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