POVERA ITALIA, ALLARME CARITAS: STANGATA D’AUTUNNO E CARRELLO VUOTO

Siamo al massimo storico: quasi 2 milioni di famiglie in indigenza assoluta. Non un allarme ma una denuncia che proviene dal Rapporto Caritas “L’anello debole”. Un milione e 500 mila gli interventi erogati dalla Caritas nel corso dell’anno passato. Una media di 6,5 interventi per ciascun assistito con una incidenza spivccata nel Mezzogiorno. I dati provengono dall’esame delle statistiche ufficiali sulla povertà con numeri da quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas su tutto il territorio nazionale. “In riferimento all’età – si legge -i livelli di povertà continuano ad essere inversamente proporzionali: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (valore sotto la media nazionale)”.

Dunque inflazione colpisce i più poveri e per chi può spendere meno è quattro punti più alta. E ieri il timbro ce lo ha messo l’Istat: vola il carrello della spesa: a settembre è cresciuto al +10,9% È dall’agosto 1983, quando l’incremento fu dell’11%, che non si registrava una crescita così sostenuta. Secondo l’istituto di statistica sono soprattutto i beni alimentari (da +9,6% a +10,9%) a determinare gli aumenti, seguiti dai servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona. In generale, per settembre l’Istat ha confermato le stime preliminari, con un indice nazionale dei prezzi al consumo, al lordo dei tabacchi, che registra un +0,3% su base mensile e un +8,9% su base annua.

La crescita dei prezzi al consumo accelera per tutti i gruppi di famiglie, ma a pagare di più, sottolinea l’Istat, sono le famiglie meno abbienti (+11,6%), tanto che la forbice con le famiglie con maggiore capacità di spesa continua ad ampliarsi (per questo gruppo, +7,6%). In misura minore rispetto ai beni del carrello della spesa, contribuiscono all’accelerazione dell’inflazione anche i prezzi dei beni non durevoli (da +3,8% a +4,6%) e dei beni semidurevoli (da+2,3% a +2,8%). Pur rallentando di poco, continuano a crescere in misura molto ampia, i prezzi dei beni energetici (da +44,9% di agosto a +44,5%); decelerano i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da +8,4% a +7,2%).
Secondo il Codacons, l’inflazione all’8,9% su base annua determina una stangata per gli italiani, considerata la totalità dei consumi di una famiglia ”tipo”, pari a +2.734 euro annui, conto che sale a +3.551 euro per una famiglia con due figli. ”Siamo di fronte ad uno tsunami economico senza precedenti, e la crescita dei prezzi al dettaglio è destinata purtroppo ad aggravarsi nelle prossime settimane – sottolinea il presidente Carlo Rienzi – I rialzi di benzina e gasolio, i cui listini alla pompa sono tornati a salire negli ultimi giorni, assieme ai maxi-aumenti del +59% delle bollette elettriche scattati a ottobre e ai nuovi incrementi del gas alle porte, avranno effetti diretti sui prezzi al dettaglio, portando a nuovi rincari a danno dei consumatori”.

Per Coldiretti, i rincari della spesa alimentare costeranno alle famiglie italiane 650 euro in più per imbandire la tavola durante l’anno a causa dell’esplosivo impatto dei costi energetici sulla filiera agroalimentare. In cima alla classifica dei rincari, stando a un’analisi dell’organizzazione, con un +60,5% ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole, che risente della guerra in Ucraina che è uno dei principali produttori, mentre al secondo posto c’è il burro in crescita del 38,1% e al terzo la margarina (+26,5%). Seguono il riso con un +26,4%, spinto anche dal crollo della produzione nazionale a causa della siccità, e il latte uht (+24,5%), davanti a farina (+24,2%) e pasta (+21,6%) mentre nelle campagne il prezzo del grano non copre i costi di produzione degli agricoltori. I vegetali freschi – continua la Coldiretti – aumentano del 16,7% e la frutta del 7,9% con effetti negativi sui consumi. A causa dei rincari più di un italiano su due (51%) taglia la spesa nel carrello, mentre un altro 18% di cittadini dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti, costretto ad orientarsi verso prodotti low cost per arrivare a fine mese, mentre un 31% di cittadini non ha modificato le abitudini di spesa.

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