GULLIVER NEL PAESE DEI PARTITINI. SUPER MARIO STRINGE I TEMPI, LE FORZE POLITICHE CHIAMATE A DARE RISPOSTE

Mario Draghi accelera, stringe i tempi. Ieri i colloqui lampo con i partiti minori, oggi ultimo giro di valzer, chiuderà gli incontri con le formazioni di maggior peso: Pd, Iv, Leu, Fdi, Fi e Lega. Da Città della Pieve, buen retiro eletto per respirare ossigeno “nell’Umbria verde”, dove riflette a circa un chilometro dal centro in un casolare ristrutturato, Super Mario è tornato a Roma ieri di buon mattino per affrontare la settimana cruciale delle consultazioni e che dovrà concludersi con il giuramento già in settimana. Timing chiaro come chiaro è l’impianto di programma sottoposto ai partiti- i piccoli ieri- i grandi oggi. In pole lavoro, Ue, scuola, vaccini, fisco, pubblica amministrazione. “Risoluto e risolutivo” lo ha definito Mario Monti (“al professor Draghi non devo dare certo io i consigli”). L’ex presidente della Bce, ex governatore di Bankitalia, direttore generale del Tesoro , ex presidente di tutto, con pacatezza, sobrietà, duttilità, altissima competenza, doti che, sommate, fanno reputazione- “the best”- (pare Gulliver nel paese dei Lillipuzziani) riceve le forze politiche, osserva, decide. Perché ora il pensiero dominante e lacerante non è più- propriamente- di formare la maggioranza, ma è quello di formare la squadra di governo. Ecco perché si andrà verso un esecutivo tecnico- politico ( uno schema di alto gradimento per gli italiani secondo i sondaggi) con una maggioranza tecnica e una rappresentanza di sottosegretari politici. Tutti mettono i paletti ma dovranno rinunciare ad una parte del proprio pacchetto di azioni, i tasselli del puzzle sono al vaglio del presidente incaricato, pronti all’incastro. I delegati sono entrati finora a colloquio con sguardo smarrito, espressione vaga. Tutti evocano “il bene del Paese”.  La Lega convintamente governista “a disposizione” con il suo leader che con rinnovato impeto moderato “getta il cuore oltre l’ostacolo”. Nessun veto, ormai da lega nord secessionista si è trasformata in lega nazionalista e ora anche moderatamente europeista,  messaggio chiaro agli imprenditori del nord.

Il sigillo lega-le ce lo ha messo anche Giulia Bongiorno che certifica la scelta del suo capitano ( “la lega appoggerà Draghi senza spirito di contesa”). L’esperimento governista, ha calcato Salvini, non è ripetibile a livello locale, perché la scelta Draghi è stata abbracciata per mettere in sicurezza il povero Paese, ma nel locale è diverso. Chiara rassicurazione alla sua base fiammante. E si richiama al professor Ricolfi, “non esiste europeismo e antieuropeismo, sono parole prive di contenuto e con Draghi abbiamo parlato dell’Europa che vogliamo”. Un uomo nuovo insomma. Giorgetti, l’europeista della prima ora, docet. Lo stratega ha lavorato approfonditamente nel tempo. E d’altro canto è un tempo nuovo.

Quel che resta: pd all’angolo, grillini in preda ad una crisi di nervi con il fantasma di Rousseau, Renzi il draghiano acclamatore (figurarsi ormai ha terminato di rottamate e le sue mosse le ha piazzate tutte nella fila giusta) i for Ursula ( duo Calenda Bonino) che avevano sempre desiderato lo schema in questione, Fi con il suo Cavaliere che hanno trovato il loro cavallo, quel fuoriclasse che alla Bce volle proprio Silvio. Un ritratto a parte lo merita il pd. La mossa della lega, stavolta, il partito di Zingaretti non l’aveva preventivata. E l’imbarazzo è malcelato ( “la Lega? Ci dà ragione”, sono le parole parafulmine di Zingaretti). Ora il pd dovrà convivere con un altro partito sovranista, non bastavano i cinque stelle e le scosse di Renzi che usando Conte lo ha speronato nell’angolo. Ci sono anche gli ex renziani ai quali non dispiacerebbe allargare al centro. Come Salvini, che però oggi ha ancor più spinto su una adesione a Draghi senza spigoli, anche Zingaretti sta facendo i conti e la conta dentro i dem. Ecco perché si è lasciato andare all’espressione “vedremo se in tre mesi il governo darà un segnale di svolta”. La misura di quanto il partito di Zingaretti sia in perdita la dà la voce del suo plenipotenziario Bettini che spara al alzo zero “Renzi è il sicario i mandanti sono tutti liberi”.

Evidente da queste defaillances (o volute battute) lessicali che la tensione aumenta di pari passo con la chiusura del tavolo e per il ritmo impresso da Super Mario. I leader dovranno perciò abbandonare tatticismi e sogni non realizzabili. Infine Conte. Già dall’altro giorno in piazza Montecitorio con il comizietto improvvisato  aveva fatto capire che voleva prendersi il partito di Grillo. Oggi più di qualche spiffero dice che vorrebbe diventare presidente dei grillini mentre lui giura che non sarà nel governo. Ha altri progetti, appunto. Ma in politica, come nella vita, come in amore, nulla è certo. Salvando l’amore, una questione per animi romantici, questo è certo: si va verso la composizione. Perché lo vuole l’Europa (Draghi farà ripartire l’economia con l’aiuto della Ue”, dice Christine Lagarde ) lo vuole il Capo dello Stato “al quale Draghi è stato con maggior probabilità indicato da Macron e Merkel, e Super Mario sarà la nostra polizza vita con l’Europa”, come spiega ampiamente Carlo Cambi https://beconomy.it/index.php/2021/02/06/chi-trova-mario-trova-un-tesoro/.

I mercati lo aspettano, il paese reale è al collasso con la crisi economica e finanziaria. Mario Draghi lo sa. E chissà se da Città della Pieve sta magari lavorando a fare per l’Italia ciò che fece per l’Europa: “whatever it takes”, tutto ciò che serve.

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